La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 6 - 26 marzo 1922

superiore a quell_a <:!ellerestanti regioni italiane. Dalle statistiche si rileva inoltre che l'area occupata dal frumento in confronto con queHa occupata dai prati artificiali è anche più ampia che nelle altre regioni vicme. . La località che ha una produzione unitana maggiore è la pianura di Marengo presso Alessanch,ia, e la provincia che ha la produzione unitaria minore è quella d1 Novara. Le cause di questa procl=iooe unitaria non molto elevata sono da ricercarsi nella natura del terreno non dappertutto adatto alla produzione di questo cereale· anche se più o meno largamente vi si coltiva; io couétizioni cli clima sovente sfavorevoli a cui è soggetta tutta la pianura padana, e più par. ticolarmente nelle pratiche colturali e nelle rotazioni, ,tutt'ora difettose, nonchè nella scarsa concimazione; ma di queste cause particolari avrò occasione di parlare più in là. Durante la guena l'area coltivata a frumento si è estesa nella nostra regione, come dimostra.no i cl-ali raccolti nello specchietto all'inizio della trattazione di questo argomento, e dalla recente e più volte citata statistica del Zattini risulta che l'accrescimento coincide coll'epoca del decreto IO maggio 1917, specialmente nelle provincie di Novara di .-\lessanclria e di Cuneo. Ma la statistic'a medesima rivela che, ciononostante tanto la produzione unitaria quanto quella complessiva sono diminuite, come pure è diminuita la superficie colti'Vata uegli ultimi due anni. Le cause della Gisi si riscontrano facilmente nella più scadente lavorazione e nella più .deficiente concimazione ,cagionate dalla scarsezza di mano d'opera e di concimi, specialmente artificiali, durante la guerra. Ed a queste sfavorevoli circostanze è da aggiungersi la politica granaria seguita dal go- ,•erno, con sistemi di requisizione e di prezzi d'imperio inferiori al costo, regolati da decreti portanti quasi serp.pre illusorie disposizioni per incoraggiare la coltivazione del ce,eaie che costituiva l'incubo dei nostri reggitori (fu chiamata l'ossessione del grano) al punto da stimolare ed agevolare mercè il sullodato decreto IO maggio 1917 il dissodamento dei prati da parte dei conduttori di fondi còn infrazione dei patti sti)Ylllati nei contratti d'affittamento. L'insufficienza della produzione nazionale al fabbisogno del Paese e le conseguenze cla essa prndotte dnrnnte e dopo la guerra, sul bilancio dello Stato, in connessione cdl prezw politico del pane e l'altezza dei cambi e dei noli, cons,eguenze assai note per le discussioni e le polemiche sorte in occasione della legge per l'aumento del prezzo del pane; hanno reso più attivi e frequenti gli studi e le proposte per aumentare la produzione del frumento nel nostro Paese. In sostanza si è tutti d'accordo nel ritener che la coltura del grano non debba estendersi in superficie, essendo anche già estesa in modo eccessivo. Piuttosto si invoca di intensificare qruesta coitura con un impiego adeguato cli concimi chimici, dei quali il GO'Veruodovrebbe agevolare la provvista agli agricoltori, congiunto a migliori pratiche colturali e a più progredite rotazioni secondo il noto sistema Solar·i. « È da augurarsi - scrive l' Azirnont.i - ché la successione èlel frumento alle leguminose da foraggio, con tutte le nonne razionali che la devono accompagnare, si diffonda per tutta Italia, e allona. soltanto si raggiUJ1gerà il desiderato aumento della produzione granaria, cou vantaggio degli agricoltori e ciel paese ». In Piemonte siamo ancora lontani da siffatte condizioni, più ancora che nelle altre regioni dell'Italia, settentrionale, come già ho rilevato in parte. RISO. - Nel sessenio 1909-14 l'area coltivata a riso occupò in media ha. 68.ooo, dando una produzione complessiva di quintali 2.150.000 contro ha. 145.000 ed una produzione media di circa 4.900.000 quintali in tutta l'Italia. Secondo le statistiche ufficiali degli anni 18io e seg11enti, la superficie coltivata a riso in Italia da ha. 145.000 indicate dal Ma.estri ue'.l'aunuario del 1864 sarebbe passata nel qumquennio 1870-74 nientemeno che ad ha. 232.000 per poi continuamente ridursi di nuovo al limite primitivo nell'ultimo decennio. }fa di fronte a statistiche 'indicanti così forti variazioni in breve volgere di anni gli studiosi restan_o ~n po' perplessi, a quel che pare; e non s1 clwebbe che vi prestino una fede cieca, quantunque sembri, per la limitata estensione della coltura risicola che I~ statistiche stesse non dovrebbero c~nten~re cifre troppo !onta.ne dal vero.· Ed è per quest'ultima r.agione che ritengo le cifre stesse atte 'ad essere accolte come indici di un movimento .realmente avvenuto. Il quale però, in Piemonte, non è andato c1;_ pari passo con quello di altre 1·egioni. Da LA RIVOLUZIONE LIBERALE noi la superficie si estendeva quando in altre regioni già appariva in diminuzione (1), nè quest'ultima, avvenuta specialmente nel decennio prima della guerra, fu così forte come in Lombardia, nel Veneto e nell'Emilia, dove l'area coltivata è scesa parecchio al disotto di quélla indicata nel!' annuario 1864, poichè in Piemonte l'annuario stesso notava 42-429 ha. cli risaie mentre la superficie di esse nel sessenio 1909-14 fn cli 68.ooo ettari. La produzione indicata dal Maestri per il Piemonte si può ritenere all'incirca di 800.000 quintali cli risone, con un prodotto unitario di quintali 19 per ettaro. Nell'ultimo ventennio la coltivazione si è molto intensificata. Una sensibile tendenza a volgersi verso forme di coltura più razionale e più redditizia si manifesta verso la fine del secolo passato, con migliorate rotazioni, concimazioni più adatte, con maggior impiego di concimi artificiali e restrizioni nella coltura stessa, là dove a1Ypaiononecessarie. L'intensificazione è progredita continuamente dal 1900 in poi sotto lo sti):110!0delle agitazioni semp[·e più minaicciose e sempre più esigenti dei contadini favoriti dal progressivo scemare della mano,d'opera disponibile. Proprietari e conduttori hanno costituito forti e disciplinate associazioni volte non meno a frenare la violernza dei lavoratori che a rendere più lilIIJÌtato il bisogno di mano d'opera, mediante l'introduzione cli macchine più perfezionate, ecl a rendere con nuove applicazioni sempre migliore la coltivazione onde fronteggiare con aumentati prodotti il costo via via più gra'V<:della mano d'opera. Il prngresso avvenuto si 1nisura dalla accresciuta produzione unitaria. Questa che al principio del secolo attuale, non superava generalmente i 25 •quintali per ara, è ora di quintali 31,6 (r909-14) cifra che per altro è inferiore a quella della Lombardia (36,9j e dell'Emilia (37,5), benchè superiore a quella del Veneto (26,4). 11 Piemonte è la regione che dà il massimo contingente alla produzione naziona,le. La coltivazione è concentrata quasi tutta nel. Jr pianura irrigata dalla Provincia di Novara, salvo un breve tratto in quella di Alessandria (circa 2.000 ha.,) : non si coltiva più riso nella provincia cli Torino. . • Ormai le condizioni di questa coltura s1 sono fatte migliori : si è riuscito a rendere minima l'influenza delle malattie che, un tempo, infestavano la pa:od=ione; le concimazioni, e gli avvicendamenti- si vanno facendo secondo le norme più recenti, ma l'irn,piego di macchine agricole è ancora piut-' tosto lontano dalle proporzioni in cui dovrebbe essei;e fatto. Durante la guerra superficie coltivata e prod=ione sono in forte aumento rispetto alle medie del sessenio 1909-14; basti di.re che per un ·continuo accrescimento esse hanno toccato un massimo cli 74.500 ettari e 2.839.900 quintali nel 1918. Anche la produzione unitaria _è__i]!_g_l},es_ti anni notevolmente niiaggiore della media calcolata pel sessennio precedente : essa oscilla intorno ai 38 quintali per ha. Anzi l'aumento appare fortissimo, se no~--~~~o enate le ·cifre cavate dalle statistiche. Quindi si può dire che la guerra non abbia esercitato un'influenza sfavorevole sulla coltivazione del riso : le cifre indicano il con" trario; ed è certo che se la produzione non avesse trovato un esito particolarmente conveniente non avrebbe avuto un così sensibile incremento. Nel 1919 l'area coltivata fu di etta1; 70.700 e la produzione di quintali 2.654.000, cifre inferiori di parecchio a quelle dell'anno precedente. Ma la diminUZ<ionesi rileva fortissima nel- !' anno 1920. E' dovuto, il fatto, alle agitazioni dei la'V:oratori nella pr.imavera del 1920, che ritardarono i lavori di semina, tuttavia se le cifre rispondono a verità, esse non diedero luogo a dilillÌnuzione di prodotto unitario: notiamo .anzi un aumento dovuto forse alle c\ll'e con cui si è cercato di riparare il clanuo accennato. Iu questi anni le sorti non pare volgano molto propizie ai proprietari ed ai conduttori delle risaie. Il crescente costo della mano d'opera derivante da aumentati salari. e da diminuito rendimento colla introduzione cli orari più brevi e l'obbligo assunto dagli agricoltori cli impiega.ice un.a detenninata quantità cli lavoro in ragione di perticato; gli aumentati pi·ezzi degli alti'i fat· tori di produzione; e la scarsità degli sbecchi della prod=ione miuacciano gravemente il •oruaconto degli agricoltori stessi, e tendono sempre più a diminuire l'estens,ione delle 1;saie la cui coltivazione dis-oenta passiva. E imUa meglio può valere a precisare l'odierna .situazione che qnanto sc1;ve il Comm. Voli: « L'economia agraria della zo- (7) Cfr. PrNOLr,:,.;1: :< Il riso e la sua co1fi\·a- %ione )l - Milauo, 'rgoo - Png. 6. na risicola è gravemente compromessa: si sta operando una notevole trasformazione; ii frazionamento dov'è possibile ed il subaf-fitto con i contratti in compartecipazione ed esperimenti d'affittanze collettive si rendono necessari per superare l'attuale ~riodo di assestamento sociale : ciò diminuirà sen7.,a,dubbio la produzione di quelle tene feco.ucleed ubertose, che una benemerita classe di proprietari e cli conduttori resero tali con enormi sacrifici, per bonificare, migliorare ed estendere l' irrigazione, ma talvolta occorre servirsi di rimedi dolorosi per ritornare allo stato normale ». Nè ci è dato di sapere come si risol'Verà l'attuale fase di incertezza. Mutate condizioni politiche ed economiche hanno reso meno pesante il problema della mano d'opera; ma in complesso è certo che per ora degli indizi buoni non ce ne sono. GRANOTURCO Dal!' anuario del 1864 si può desumere che la produzione cli questo cereale per l'attuale territorio piemontese fosse calcola.ta cli quintali 2.800.000. Le statisti-che recenti stabiliscono pel quinquennio 1909-14, una media produzione di quintali 2.500.000, sopra un'area di ettari 150.000. Anche qui le statistiche ufficiali degli anni 1870 e seguenti, presentano lo stesso andamento di già osservato per il grano, cioè grande differenza in meno per gli anni 1870-74 rispetto ai dati dell'annuario 1874, e poi ascesa di superficie coltivata e anche più di produzione complessiva . Per tutta la penisola invece la media produzione del 1870-74 è enormemente supe• riore a quella indicata dall'annuario (anche per la produzione del frumento si nota la stessa cosa) e questa produ2Jione va crescendo ancora fino a prima della guerra europea mentre invece la superficie comp_lessiva dal 1870 è in notevole diminuz1one. Da ciò l' A'V'anziinferisce logicamente che grandi miglioramenti sono avvenuti negF uitimi decenni in questa coltura; miglioramenti che hanno permesso di restringere la superficie destinata a, granoturco pur con aumento della produzioné complessiva. Per il Piemonte tuttavia, si pnò credere, dalle cifre che possediamo, che sia diminuita la superficie ·coltivata ma anche la prodUZ1one complessiva. Non sap:piamo a quanto si estendesse la. superficie a granoturco tra il 1860 e il 1870, non di meno possiamo studiare abbasta.nza bene Ìl movimento cli questa coltura nella provincia di Cuneo, per la qua.le possediamo dati attendibili. Dai calcoli del Casalis e del Lissone, si rileva che in questa provincia, intorno al 1880, l'area coltivata a granoturco saliva a etta1; 44.551 con una produzione di hl. 980.178; cioè ettolitri 22,23 per ettaro pari quintali . J6,45. Ora, la media produzione unitaria del sessenio 1909-14, per la stessa provincia è calcolata di quintali 19, e quella complessiva di quintali 595.000 (ugnaJe ettolitri 84.054) su un'area i~ media 31.000 ettari. Come si vede, assistiamo ad una diminuzione notevole di superficie e ad una diminuzione pur non trascurabile di produzione complessiva sebbene sia aumentata la pro• d=ione unitaria, .indice di progressi avvenuti. Questa co11clusione potrebbe essere contestata qualora fossero messi in dubbio i dati prodotti per gli anni della Inchiesta Agraria, ma c'è da osservare che i citati autori avevano piena conoscenza del tenitorio su cui fecero le loro indagini; che qileste. indagini furono fatte con grande dil'igenza e che perci.ò le cifre riportate sono degne di fiducia, e almeuo quanto quelle della statistica: ufficiale cl'adesso. La riscontrata diminuzione della produzione complessi,va in provincia di Cuneo collima calla dimim.1Zione della produzione stessa in tutto il Piemonte rispetto a quella indicata dall'anuario 1864. In conclt1sione, per tutto quanto ho detto credo di non essere in errore 1;affermanclo che non solo la superficie è dilillÌnuita in Piemonte ma anche la produzione totale pur con notevole aumento della produzione unitaria. La diminuzione, che va crescendo, è da attribuirsi all'introduzione di altri avvicendamenti che quello grano-granoturco, tutt'ora non poco segi.ùto; e specialmente « alle miglio· rate condimon.i economiche della popolazione in genere, e cli quella. rurale in ispecie, la quale va gradualmente sostitue1iclo nell'alimentazione il grano al granoturco" (Av"1nzi). 4° - SEGALE - Farò appena un cenno cli questo cereale la cui coltivamone in Piemonte è notevolmente più estesa che nelle altre regioni. Per esso l'annuario del 1864 indicherebbe una produzione di circa un milione di quintali; le statistiche· successive segnano il mO'V~me.ntogià illustrato a proposito del granoturco e del frumento rispetto alla cifra del 1864; e precisamente indicano una progressiva diminuzione di superficie a;ccompagnata eia un lento movimento escendente della produzione complessiva. 23 Ora la superficie coltivata ascende a 50-55 mila ettari e la produzione oscilla intorno a 600.000 quintali. Io, dando come al solito la preferenza alle cifre dei vecchi an· nuarii, ritengo che questa coltivazione sia diminuita e per superficie e per prod=ione complessiva; mentre la produzione unitaria, non può non essere aumentata per i progressi fatti dall'agricoltura negli ultimi decenni. A spiegare l'avvenuta diminuzione valgono le ragioni già addotte parlando dello stesso fatto per il granoturco, e non è qui il caso cli ripeterle. BERNARDO GrovENALE A i prossimi numeri: I V e seguenti. Valutazioni marginal Intenzioni Le valutazio11idel pratico sono valutazioni empiriche. Ma per chi aderisce alla Rivoluzione liberale la valutazione empirica come riconoscimento di immediatezza e di spontaneità è una forma d'azione e di creazione sociale. Di qui la co11traclizionedel cronista che mentre fa della tecnica realista in quanto si mette iu posizione ili governo, vede nel suo giudizio stesso una volontà nuova suscitatrice di forze. La contradizione è feconda fi.nchè non si vone un astratto program.ma, finchè si vuole liberisticamente attuata una legge d'autonomia. In questo modo il tecnicismoha i suoi limiti ed è compreso in llll pit't amp.io problema morale, il quale, d'altra parte, non rimane astratto. Politica Estera Il cronista professa incompetenza. Crede pochino ai piani rumorosi dei nazionalisti, alle formule sempliciste ùei socialisti. ?\on è capaçe c!i ammam1ire al pubblico aneddoti strani o indiscre-,ioni diplomatiche: occupazioni nelle quali si richiede lunga specializzazione e. volontà di abitar Montecitorio. Nè, loiitano dai cent:-i della diplomazia, è possibil~ tracciare le linee di una cronaca di politica estera. M.agli italiani, e i lettori della Ri1Joluzio11eLi~ berale specia.hnente, sentono sopratutto il bisogno di una politica es-tera come esame di coscienza e preparazione spirituale. La preparazione consisterà in UllO studio degli organismi politici mondiali che presentino UllO specifico interes,se per la nostra azione nazionale. L'esame di coscienza deve darci la serenità di una visione realistica. La.politica estera italiana ,è stata sinora troppo schematicamente scissa tra una visione nazionalista e u11a visione democratica unilaterali e imprecise. Il nazionalismo adatta all'Italia formule valide altrove, cozzanti tra noi contro una insuperabile tragedia di immaturità di coscie111.a nazionale. La de111ocraziasogna il teuue idillio cli Ull accordo a priori cli tu.tti gli spiriti e cli tutte le forze. Tra le due esigenze generiche il governo segue or gli uni or gli altri nell'errore e all'estero per giocare d'astuzia si lascia giocare. Così pare che sian cPaccordo ormaì tutti i giornali romani di giudicare la politica di Della Torretta, un Federzoni che ha attenriato gli e11tusiasmi vestendo i panni del diplomatico. e continuando ad ignorare tutte le più solide realtà spirituali. Schanzer vorrebbe essere - dicono - un Della Torretta che non si lascia giocare. Lo attenderemo all'opera. Certo ali 'Italia oggi 11011 occon-erebbe di più. Favorire un equilibrio in cui la nostra indipcu• denza sia riconosciuta. Bandire i sentimentalismi, gli odi ve1'Sole; altre nazioni. Odiano gli impotenti, amano i deboli che cercano protezione. L'Italia sottra1=ndosial giogo della Triplice Alleanza che ci garantiva la vita limitandoci libertà e dignità, rinunciando a rillllovare lo stato di schiavitù con l'adesione all'imperialismo francese o al blocco anglo-americano, è riuscita ve- ,.. ramente a conquistare la modesta posizione di dignità che le è necessaria. Chiediamo al G·o• verno soltanto che non comprometta questo equi• librio. Senza fare la politica .antiinglese, perchè l'Europa ha bisogno di lavoro, I'Italia •è riuscita sinora per opesa precipua del suo più grande ministro degli Esteri (così ingiustamente disprezzato e negato) a rompere il pericoloso dominio auglo-americano e a valorizzare le forze del~a. Russia. e della.Ge1111ania.La nostra politica nou deve ricerca.reavventure impetialistiche; non può se non vuole isolarsi e negarsi nell'equilibrio e1,1.- ropeo, ricostituito, dopo la guelTa, su nuove basi di dignità senza convenzionalismi diplomatici. Sorge oggi in noi una coscienza nazionale: e abbiamo bisogno di pace per poter 1avorare a organizzarla, a fortificarla. Questo è un lavoro fbe si svolgerà fumi dei partiti, che realizzeremo realizzando una cu1tuxa superiore, uua coscienza dei massimi problemi dello Stato. La guerra insieme all'indipendenza concreta (che va assai oltre l'occupazione di Trento e Tdeste) ci ha dato la capacità elementare di uno ·sforzo unitario, il principio di una lotta politica. Di fronte agli stranieri possiamo fare onnai semplicemente e reci~amente nna questione cli dignità: non si

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