La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 5 - 12 marzo 1922

b conser\'atori fascisti, nazionalisti liberali agrari <e... democratici. Per co~toro do~ Sturzo è diveriì:ato una specie di bestia nera, specialméntc, dopo che ha osato, nella crisi ministeriale ùel febbraio, mostrare di possedere una volontà inflessibile, ed ha imposto quella sua volontà a11che a\l'on. Giolitti. La borghesia iraliana credeva di farne H suo cappellano; e si è avvist:1 ct'é~vere un padrone. Pei conservatori-cattolici e per co11servatori-liberali democratici, l'ideale sarel.Jbe che il nuovo Papa, Pio Xf, ritornasse alla politica del suo omonimo. abbandonando la tattica del predece_ssore im'inediato. Papa Ratti, se obbligasse don Sturzo ad abbandonare la Segreteria del Partito Popolare, e mettesse l'azione elettorale e politica delle organizzazioni popolari sotto il controllo dei vescovi, e scoi1fessasse l'on. Miglioli, diventerebbe subito un gran Papa per gli agrari lombardi e toscani, e per tutti i candidati del liberalismo, che non è liberalismo, di destra, e della democrazia, che non è democrazia, cli sinistra. Ma sembra assai difficile che Pio XI voglia tentare oggi, contro il Partito Popolare cli don St,urzo, una nuova edizione della spietata operazione _chirurgica compiuta da Pio X, fra il 1904 è il 1906, contro la democrazia cristiana cli Romolo Murri. Ai ~mpi di Pio X, non era scesa ancora in campo una massa di più che un milione di org;1nizzati, in maggioranza piccoli proprietari di campagna, fittabili, contadini. Un orientamento del Partito Popolare verso la destra fasèista, nazionalista, agraria getterebbe lo sfacelo in queste moltitudini. I socialisti mieterebbero dove i popofari hanno seminato. ' Assai probabilmente, quindi, ilnuovo Papa· non modificherà la politica cli Benedetto XV. Cercherà tutt'al più di accentuare quella evoluzione verso forme più composte cli azione economica e politica, cli cui già si sono manifestati larghi e molteplici sintomi, non appena ha cominciato a raffreddarsi la scalmana del 1919. E i'l Partito Popolare continuerà a raccogliere, come fa il•Partito del centro in Germania, correnti borghesi L' agri coltura Il. Dal 1780 all'epoca dell.'..inc.hiestaagraria. 1. - Sulle condizioni dell'agricoltura in Piemonte alla metà del secolo XVIII ampiamente fu scritto,· ed il risultato delle indagini fatte e riesumate per quel!' epoca costituisce un ottimo 1punto di partenza per lo studio di epoche successive. Tuttavia, per queste, molti eiementi, sopratutto statistici, mancano o sono difettosi; dimodochè gli studi relativi, per quanto diligèn.- temente condotti, non potrebbero essere esaurienti se non per qualche località. Con tutto dò si può ritenerè che i dati di cui disponiamo ci consentono di farci un'idea abbastanza .chiara dello ·svolgimento dell'agricoltura piemontese durante il periodo indicato, a11neno nelle sue n1assin1e linee. E' noto che intorno al 1750 l'agricoltura nei varii paesi si trovava in condizioni non molto progredì te rispetto a quelle di parecchi secoli innanzi. Gli strumenti erano rudimentali, mille prPgiudizi, le traccie dei quali sono tutt'ora numerose, erano le sole regole che presiedevano allè . colture; le scarse comupicazioni non potevano lasciar luogo ad ·un commercio molto attivo e qtiindi l'agricoltura, volta esclusivamente a soddisfare le esigenze del consumo familiare e locale, non poteva inrlirizzarsi a nessuna ben netta specializzazione. Solo nella viticoltura un certo progresso era avvenuto; e, nella zootecnica, solo l'allevamento dei cavalli, per le necessità b,eìliche, era molto curato. Assai misere erano in generale le condizioni della popolazione rurale. Venendo in particolare ad esaminare lo stato clell'agrrcoltura piemontese troviamo che la proclè,ttività media delle terre adibite alla cultura dei cereali è piuttosto bassa, raggiungendo soltanto nei luoghi più favoriti. il sestuplo della semente, ma rimanendo àbitualmente ad un livello assai inferiore; che la viticoltura, notevolmente estesa anche in pianura nella forma di atteni, era_ ancora, nel suo complesso, in uno stadio piuttosto empirico, lontana dalla perfezione mirabile raggiunta nel secolo successivo; che la c4ltura dei prati non si presentava neppure essa molto più progredita delle a),tre culture, salvo nei luoghi favoriti dall'\rrigazi9lil.l., specialmente nel territorio fra Torino e Cuneo; che l'allevamento del bestiame, non sujlìcientemente proporzionato alle ,necessità della coltivazione, e soggetto all'influenza della guerra, e di frequenti epizoozie, era principalmente LIA ,RIVOùUZIONE ùLBERHùE e correnti proletarie, dando la prevalenza ora all'una o all'altra corrente, secondo le diverse regioni e secondo le circostanw di1·erse. Certo, un grande aiuto alle correnti borghesi e conservatrici nel Partito Popolare lo dà la tattica del Partito ~ocilista. La intransigenza, infatti, che i socialisti hanno prima praticato di fronte a lutti i parliti, - aggravata nei rapporti col J. artito Popolare dalla tradi'zione anticlericale del socialismo e dalla concorrenza che i due partiti si fanno nelle organizzazioni economiche - questa intransigenza paralizza tutti i tentati vi, che fanno i democristiani per portare il Partito Popolare verso sinistra. Nelle discussioni coi democristiani sulla tattica, i conservatori del Partito Popolare portano in dote le offerte di alleanze, che agrari, liberali, nazionalisti, fascisti ripetono ad ogni circostanza: non appena si costituisse una alleanza fra popolari e destra parlamentare con l'adesione, che non mancherebbe, cli tutti i numerosissimi avventurieri della sinistra cosicletta democratica, si costituirebbe nella Camera e nel paese una situazione conservatrice solidissima, in cui/i Popolari avrebbero una posizione predominante e detterebbero la legge. Invece i democristiani non possono presentare verun programma concreto di azione immediata: il rifiuto di alleanza dei socialisti li mette fuori della realtà. Chissà che il problema non sia risoluto, alla fine dai fascisti: i quali sembrano essersi proposto lo scopo di costringere i ,socialisti ad abbandonare la intransigenza rivoluzionaria, e ad allearsi coi popolari, e ad andare al governo, per forza an zichè per amore, a furia di bastonate e di rnvolverate. Questo, ad ogni modo, sembra sicuro : che il contrasto fra elementi conservatori ed elementi democratici i1el Partito Popolare merita di essere seguito con grande attenzione. L'abitudine cli mettere insieme, come scherani della borghesia, gli aderenti al Partito Popolare, è '-una. s"opravvivenza di situazioni e di idee, che non hanno più veruna rispondenza esatta nella realtà attuale. G. SALVHMINI. Piemon te~;e. basato sul pascolo e sull'alimentazione con foraggi inferiori. A questo punto giova ricordare che allora era diffusissima l' idea dell,,i necessità di conservare ,accanto ai terreni coltivi in ogni territorio una conveniente estensione cli terre lasciate a gerbido per il vago pascolo. Era quindi grande la superficie non sottoposta a cultura. Tenendo conto di tutte queste circostanze sapremo meglio valutare l'asserzione del Baretti che affermava non esservi in Europa tranne in qualcuna delle migliori prov'incie 'Inglesi, terre più fertili e meglio coltivate delle Piemontesi. Diremo cioè che, date le condizioni in cui si trovava l'agricoltura in Europà, il Piemonte pur- nelle sue;, forme arretrate di èoltiVazione, si trovava tra i primi paesi. Si sa, del resto che < l'irrigazione del territorio era in ogni sua parte assai estesa, e, fatta la ragione dei tempi, appariva tra le più perfezionate del continente» (Prato) E poi afferma il Balbo che le terre del Piemonte non erano così fertili come si veniva dicendo, e che l'altezza del quantitativo di fn\tti ottenuti si doveva al notevole impiego di capitali, alla buoila qualità di stnimenti che si usavano, alle buone attitudini del bestiame al lavoro, se non ad altri prodotti, al conveniente frazionamento delle proprietà a seconda delle necessità delle culture, non essere quincli impiegati il maggior prodotto e le migliori condizioni della nostra agricoltura. La pi,çcola proprietà allora già largamente diff,1sa, la pratica generale della mezzadria tradizionalmente conservata nella maggior parte del(e antiche provincie, la non grave pressione tributaria e degli oneri ecclesiastici e feudali concorrevano a far sì che :1 tenor medio di esistenza dei contadini piemontesi non era, rispetto ai generi cli ,Prima necessità, di molto inferiore all'attuale, -e in generale poteva considerarsi se non agiato, almeno assai diverso dal grad'b di miseria che alcuni autori si compiaèquero di descrivere. Ma nella seconda metà del secolo X VIII una grande trasforn1azione 1 che troviarno già iniziata nel 1750, doveva aver luogo nei sistemi di coltivazione in Piemonte. «L'ascendere continuo dei prezzi dei principali prodotti dovuti non meno al moltiplicarsi _della popolazione' che a cause monetarie generali, unitamente agli innegabili progressi realizzati dall'industria agraria, erano a poco a poco venuti elevando la rendita media dei fondi, che, mantenendo a base di calcolo la metà del valore dei prodotti, ammontava ora a lire italiane 17,58 per giornata di terreno, se allodiale, 12,48 se ecclesiastico, 9,79 se feudale" (Prato) mentre agli inizii del secolo ammontava a 10,05 per i terreni allodiali e 8,48 per i feudali. Ora l'aumentato rendimento delle intraprese agrarie ùa un lato e il ribassato saggiodeU' interesse medio nel paese dal l'altro, affrettarono « la formazione di una numerosa classe di speculatori intermedi, forniti di sufficienti capitali e disposti a farsi attivi strumenti di una totale rivoluzione nei metodi dell'agricoltura tradizionale assumendone a gara l'iniziativa ed i rischi• (Prato). In queste condizioni e circostanze, la vecchia aristocrazia piemontese già usa a vi vere molto in contatto dei coltivatori delle sue terre, ai quali si associava con sistemi fondati sulla mezzadria, attratta dalla aspettativa di cariche ed onori nella capitale, alla Corte del nuovo Re Vittorio Amedeo III, e spinta dall'esempio della fastosa aristocrazia lombarda proprietaria delle terre recentemente aggregate allo Stato, nella parte orientale del regno, "'che lasciava in affitto per vistosi canoni fissi a conduttori imprenditori, si lasciò in breve trarre a forme di conduzione men◊ patriarcale ma molto più proficue: all'affi.ttamento delle terre. < S'infrange da allora irrimediabilmente la stabilità di equilibrio sociale che le vecchie forme di ripartizione a'Ssicuravano. La concorrenza accanita dei conduttori di fondi spinge ben presto la rendita al suo estremo limite commerciale, ma si ripercuote inesorabilmente sulle sorti dei coltivatori spogliati a poco a· poco dei contratti di partecipanza e trasformati in salariati, le cui mercedi nominali duramente risentono l'influenza del progressivo rincaro dei prodottj >> (Prato). I Il movimento indicato non era una particolare manifestazione della regione subalpina, ne troviamo di analoghe in altre regioni italiane e in gran parte dei paesi di Europa; ciascuno adattato alle forme dell'ambiente in cui avviene, e tutti rispondono a quel vento di innovazione e di riforma che in ogni aspetto dell'attività umana spira durante il secolo XVIII. Il sistema degli affittamenti, interessando potentemente il c6nduttore a trarre il massimo utile dall'impresa agricola, rese dure le condizioni della popolazione rurale trasformando i mezzacli:i in salariati, sfruttando più profondamente la mano d'opera impiegata, passando dal salario in natura al salario in denaro, dati i prezzi sempre crescenti dei prodotti, distruggendo le piccole proprietà di quei coloni che •sperarono di reggere alle nuove condizioni e furono poi costretti a vendere i loro terreni per disfarsi dei debiti contratti a causa delle onerose itnposizioni. Tutto ciò diede luogo alla formazione di una classe di avventizi sempre più numerosa e sempre più misera iJ cui flutto anelò in gran parte riversandosi nelle città a costituire spesso un ceto di mendicanti e di infirna plebe. Della realtà cli così tristi conseguenze sociali del nuovo sistema non c'è da dubitare. Ed esse furono fatte preser\,ti al re in" una lamentazione popolana anonima che reca l'indirizzo del 22 dicembre 1792. Ne conseguì un'inchiesta ufficiale nelle varie provincie, da cui uscì precisata l' importanza del fenomeno, e in cui i vari funzionari fra le altre, raccolsero l' accusa di perniciosi effetti che esso avrebbe eserc,itati sull'agricoltura. In realtà il sistema degli affitti, ormai, salvo che in collina, generalmente estes9, assun1eva, non di rado, la \forn1a di uiì'intermecliazione parassitaria eseguita da speculatori- che pagavano un canone fisso ai prnprietari e poi subaffittavano il terreno in piccoli lotti ai contadini a prezzi tirannici senza preoccuparsi della coltivazione. Ma più spesso i 'conduttori si oçcu''pavano direttamente della coltivazione dei fondi e si può ritenere che, intelligenti e forniti di capitali, non fossero restii.alle utili innovazioni. Basterà notare che dal 1752 al 1792 la produzione del grano aumentò nella proporzione di 1 a 1 1/, e la produzione agraria ,complessiva in quella di 1 a 13/,; il che è rilevante in un « paese da tanti secoli notissimo per buone pratiche dì coltura, e per numerosa popolazione>. Quanto alla crisi del bestiame che allora imperversava e cli cui si a_ccusava pure gli imprenditori agrari, che avrebbero fatta scomparire per i coltivatori la convenienza all'allevamento con tr.oppo onerose•imposizioni sul godimento dei prati, c'è eia notare che, pur prescindendo dal maggiore consumo di foraggi che· avrebbero fatto i più numerosi cavalli di lusso della nobiltà ormai definitivamente inurbata, non tale del resto, io credo, da determinare effetti così gravi quali sono quelli ad esso attribuiti da numerosi ,scrittori e funzionari contep1poranei, alcune importanti circost'.'lnze erano sopravvenute; grande dissodaménto di terreni, il che, se ricordiamo quanto_ il pascolo in ogni località contribuisse all'alimentazione del bestiame, .deve avere mo19 mentaneamente, nel passaggio a pit razionali forme di sfruttamento, contribuito alla crisi, il consumo notevolmente aumentato di carne bovina in quest'epoca, l'epizoozia che scoppia e si diffonde a partire dal 1792. Che d'altra parte questi a_nni segnassero il periodo di un forte risveglio agricolo basterebbe a dimostrarlo la larga fioritura di memorie accademiche e cli trattati sul1 'agricoltura e l?<traduzione di trattati esteri, che negli anni medesimi si ebbe, e non si può certo credere che nessuna favorevole eco dovesse questo fatto avere nelle campagne, pur senza ritenere che i consigli degli studiosi avessero largo seguito. Nota infatti il Giobert, oltre il già Citato abbandono della pratica dei riposi, il progresso nella coltura. dei foraggi e quello grandissimo nella viticoltura, con rinnovamento del vecchi vitigni ,e introduzione, per innesto, di vitigni nuovi e pregiati. Del resto il risveglio è potente in gran parte di Europa e il Piemonte non fa che partecipare ad un fenomeno che è generale. Siamo all'epoca in cui il nome Bakewell è già. di ventato illustre per i miglioramenti operati nei suoi greggi mediante la selezione; Colling inizia il miglioram·ento delle razze bovine inglesi, e Daubenton e Turgot promuovono l'introduzione di merinos dalla Spagna ed il perfezionamento delle razze francesi che doveva essere completo mezzo secolo dopo, mentre il g_rande Lavoisier pone· le basi dello studio scientifico dell'agricoltura. Ritornando al nostro tema degli affittamenti diremo che il Governo, raccolte le lagnanze delle popolazioni, dopo l'ordinata inchiesta, colpì dapprima con speciale imposta le locazioni (ciò tuttavia, quasi esclusivamente in vista di scopi fiscali obbedendo alle necessità delle finanze ormai stremate della guerra) e poi, dato il grave periodo cbe il paese attraversava, e per assicurarsi açl ogni costo la fedeltà dei contadini, con editto 19 luglio 1797 pose limitaziopi e modalità restrittive ai contratti d'affitto stabilendo non poter essi per ogni imprendi• tore eccedere la somma di L. 5000 e di L. 10000 per i terreni coltivati a riso. < L'invàsione stranieta, che pochi mesi dopo venne a privare il Piemonte della sua vita autonoma, ci toglie di constatare quali siano stati gli effetti pratici dell'editto, e fino a qual punto esso abbia avuto effettiva esecuzione. • Durante questo travagliato periodo d'altronde l'instabilità degli ordinamenti pubblici, le continue minaccie alla proprietà ed allà sicurezza dei raccolti, le requisizioni, le carestie, gli aumenti di mercedi allontanarono dalla speculazione coloro che erano soliti a concorrere agli affittamenti, e pe_r tal modo quasi tutti i proprietari, comprese le maggiori opere pie che erano state le prime a locare i loro stabili, dovettero acconciarsi nuovamente alla coltivazione diretta od ali~ mezzadria» (Prato). 2. - Il quinquennio 1797-1801 fu un periodo tristissimo per l'agricoltura piemontese. L'irruzione francese, la successiva invasione austro-russa, la nuova calata dei francesi, tutte accompagnate da movimenti sovversivi di borghesia giacobina, e reazioni delle popolazioni rurali fedeli alla \l_ecchia monarchia, le sommosse delle plebi esacerbate dalla miseria e dalla fame devono aver avuto una rovinosa ripercussione sull'agricoltura. « Tutti saccheggiavano, rubavano, imponevano col1tribuzioni, consumavano le risorse del paese» (Segre). A tutto ciò, alla fame che facevà vittime nelle terre più povere, si ag·giunga la recrudescenza della epizoozia dopo l'invasione aùstro-russa, che faceva larga distruzio1te di bovini. , « La pace cli Lunéville mise termine a questo stato di cose e per circa tredici anni il Piemonte goçlette cl'un'amministrazione regolare» (Segre). Le vie di comunicazione del Moncenisio, del Monginevro, del Colle cli Tenda tra la Francia ed il Piemonte, favorirono la circolazione dei prodot.ti, e si può ritenere che i nuovi sbocchi agevolassero il progresso dell'agricoltura dandole modo cli i;imarginare le piaghe recenti, sebbene l'epidemia infuriasse sui bachi da seta e la già avviata distruzione del patrimonio forestale ricevesse nuovi e più forti impulsi sotto la dominazione francese. B. ~ Scarsi dati abbiamo intorno all'agricoltura piemontese durante i regni di Vittorio Emanuele I e di Carlo Felice. Certo è che la pazza politica commerciale dei primi anni del restituito regno, e lo zelo. reazionario degli ultra, i quali, qui come in Francia, soffocavano ogni buona disposizione del Re, contribuendo a richiamare in vigore istituzioni ormai sorpassate ed impedirne il sorgere di nuove più rispondenti ai nuovi bisogni, non devono essere state molto propizi) al progresso del\' agricoltura subalpina. Basti ricordare, pei primi tempi, il divieto cli circolazione dei prodotti agricoli fra il Piemonte e la Savoia, e il'man-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==