La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 2 - 19 febbraio 1922

8 L\.H RIVOllU.ZIOfiE lll:BERALI.B Questa grande passione nazionale è apparsa, ed è realmente stata, la forza centrale del Risorgimento, la sua princip-ale corrente ~nimatrice; a tal segno, che essa ha del tutto ,eclissato· 1a fisonomia strettamente economica del liberalismo. Ed era naturale che cosi avvenisse, almeno fino a che l'unilcazione fu il problema predominante, e -alle idealità liberali non mancò, con esso, un abbondante combustibile. Ma è anéhe naturale che, compiutasi l'unificazione, ciò che prima erà secondario venisse in prima linea. Infatti, le ragioni patriottiche, unitarie, del liberalism·o•si esaurirono gradualmente nell'Italia indipendente ed unita; e proprio allora Ahe avrebbero dovuto esser messe in rilievo le riserve specificamente e tecnicamente liberali, risultò -ehe ·esse eranp assai scarse e compromesse. Le forze di governo dell'Italia unificata si .rivelarono fin dall'inizio nettamente consefvatrici, non soltanto nel significato generico che esse attesero a consolidare e conservare i risultati della precepolitico\ cke la Rivolusio,f~ Liberale si propone. Il limpido esame del processo economico del libernlismo italiano ed europeo è degno di nota e coincide nelle sue conseguenze teoriche (benchè scritto indipendentemente) con le conclusioni del nostro Manifesto. ' Non è per noi interamente accettabile la posizione pratica che il De Ruggiero ne deduce. Crediamo anche noi che il liberalismo debb.1 alimentarsi in un gruppo di dirigenti. Ma poichè non crediamo alle forme più orgaM niche dell'economia nioderna, - poicbè non ne vediamo altro che conseguenze negative - non riusciamo a pensaie necessaria un'antitesi tra noi e la realtà che ci dovi-ebbe escludere dall''azione. Col nostro liberalismo coincidono le forze attuali rivoluzionarie e creative. Lo studio che qui appare: Crisi morale e crisi politica scritto prima di leggere quello del De Ruggiero, determina la nostra posizione pratica e l'attualità del nostro liberalismo nell'interpretazione della vita presente. Se il collaborazionismo aovrà continuare nei prossimi anni la funzione del vuoto indifferentismo, in cui l'idea liberale in Italia s'è corrotta, il rinascimento liberale si prepara (attraverso ogni sorta di astratti miti) per opera delle autonome forze popo)ari che credono di negarlo. ANTIPROTÈ·zIONISMO dente rivoluzione, ma anche nel senso più specifico, the esse furono l'espressione di un cetp conservatore, il quale fece degli ordinamenti costuzionali e liberali un appannaggio del censo e della proprietà. La· Destra instaurò un governo oligarchico, bu- Con questa recension·edel nostro Giovenalenoi non rocratico, accentratore; fu intollerante. in materia tsitiamo - come è naturale, date le nostre tradizioni religiosa; fece della libertà un attributo aristocra- - ad aderire alla campagna antiprotezionista che tico di un ristretto ceto. E quella che fu chiamata l'amico Giretti continua a condurre implacabile, ostila filosofia politica della Destra, la dottrina di Ber- natamente e valorosamente. Ma il nostro pensiero trando Spaven~ ~ dei suoi scolari, col dedurre non si potrà limitare a questa adesione. la vanità l'autorità dalla libertà (celando troppo presto alla di tutti i nobilisfo;zi di.uomini come Giretti, Einaudi, vista dei profani l'alma parens), col concentrare Sa/vernini, nonpuò non far.rimedi/are seriamente sul nello Stato tutta la forza spirituale ed etica della problema. Vi sono ragioni storiche che tragicamente nazione; tale dottrina venne in buon punto incontro - si oppongono al trionfo derliberismo. Bisogna risaa quella politica di audaci e consapevoli mino- lire a stùdiarle se ·si vogliono superare, se non ci ranze. Con ciò non s'intende svalutare l'opera della 1ogliamo condannare alla funzione di predicatori Destra: essa fu appropriala ai tempi e ai luoghi, eternamente canzongti dalla realtà. C'è forse - per e fu pertanto benemerita della Patria. Ma, in rap- la nostra cultura politica - prima del problema del porto al liberalismo, essa rappresentò la prima e protezionismo un problemapsicologico che deve dirci radicale negazione. La màggior fortuna del partito . le ragioni del fallimento a cui da tanti anni spno Jiberale - in quanto liberale - per la lentezza state votate tutte lepiù generose battaglie liberistiche. stessa ·con cui si compi il processo di unifica- Vogliamo che da questo studio sorga un'esperienza zione; per cui vi fu sempre un margine di azione di più maturo realismo. nel suo programma. Anzi, per tal riguardo, quel partito ha avuto la sua ragione storica lino alla' guerra 'mondiale, che ha segnato per noi l'ultimo episodi0 dell'unità. Ma il classico contenuto economico del liberalismo è stato poco pe_rvolta riassorbito; e il sopravveniente socialismo di Stato ha trovato tra noi un terreno già pronto ed ha potuto affermarsi facilmente, trovando più scarsi ostacoli che altrove e già sopite forze di resistenza. La sorte del _partito liberale italiano appare negli ultimi decenni, anticipala nel breve episodio, che ho esposto, della rivoluzione del '48: esso s'.è tr~v~to stretto da una parte tra le !orze conservatrici e reazionarie (diversamente ma non meno delle antiche) e dall'altra le forze popolari straripanti. Le une e le altre hanno largamente attintoJlle sue riserve· e non è senza ragione che esso abbia su- . bito la 'più grave falcidia all'indomani della guerra, quando tutti i voti storici dell1unificazione si erano adempiuti. ' Ma è tempo ormai che io mi. affretti alla conclusione e raccolga le sparse fila del mio diJ;corso. Ho .formulàto poco fa una domanda, ed ora la rinnovo: il liberalismo è dunque tramontato? Le sue idealità non possono più incarnarsi nella vita dei popoli? Quel ch'è ben certo, è che una fase storica del liberalismo sia tramontata; che sia vana la pretesa accampata da molti, di riaddurre le cose in pristin~, di restaurare il classico liberalismo. La storia non si ripete; se le esigenze stesse del.- economia mondiale hanno travolto le vecchie forme individualistiche, dovunque sostituendo più. compiesse, organiche, e diciamo puie, più ap1:1es_anhte forme di vita sociale e politica, è vana ogm pretesa, •magari generosa, di singoli individui, di dis• fare quel che la storia ha fatto. Eppure la fiamma della libertà è tuttora viva 1 Io non dirò, con un acuto scrittore contemporaneo~ che essa sia stata trasmessa da altri : no, per gli altri, quali che siano, la libertà non è che stru?'ento provvisorio di lotta, mezzo per attuare altri fini, in cui non c'è più nulla di liberale. lo dico che la fiamma della libertà è viva proprio nei nostri cuori, neil'atto stesso in cui riconosciam~ il tramonto di una fase storica della libertà. Noi sentiamo che vi son valori della personalità umana che non si cancellano, che non possono e non debbono sommergersi nella morta gora dell' anonimo dell'impersonale, del collettivo. Sentiamo semp,re con maggiore intolleranza: il_ peso di un'_ir_- reggimentazione troppo soffocante, d1 una sch1av1tu sociale che incombe dall'alto e dal basso; sentiamo I'ancortorbida gestazione di forze nuove che tendono a crearsi Io sbocco in un individualismo superiore. Ma sarebbe prematuro parlare di rinascita liberale prima che sia esaurito il grande m?vi_m_ent~ tuttora in corso, ispirato a un opposto pnnc1p10d1 vita sociale. Un liberalismo che aspiri ad esser vitale non potrà disconoscere e antistoricamente negare le ricche esperienze storiche del presente; ma dovrà essere la loro crisi interiore; cosi come l'odierno movimento socialista (nel senso più lato) rappresenta la crisi dell'antico mondo liberale. Il Gisetti ha raccolto in un libro (1) vari suoi articoli di· battaglia contro la nuova tariffa doganale, che sancisce incostituzionalmente le soperchierie plutocratiche della rist,ettissima classe siderurgica proteggendone l'inabilità ed· ollrendolé campo incontrastato ad ogni più audace operazione borsista. 'Molto chiaramente e vivacemente, l'autore indica i gravi danni che il provvedimento arreca al paese, a cui è resa più difficile la risoluzione del problema edilizio e la proficua riorganizzazione dei servizi pubblici e degli impianti ferroviari, nei quali il Governo sta buttando via i denari a palate per elettrificare alcune linee corftro l'universale parere dei tecnici, che giudicano di somma sconvenienza tale operazione proprio in questi tempi. 1 Ma i dimni maggiori cadono sull'agricoltura. Non già che tali danni si facciano sentire di colpo in grave misura a cagione dei dazi proibitivi a cui le macchine, che )o straniero ci potrebbe dare a buon mercato, sono sottoposte; poichè, per tanti motivi, gran parte della nostra agricoltura è rimasta in condizioni primitive, . e l'impiego delle macchine è jn essa limitato. Ma è certo che un progresso dell'agricoltura stessa trova· nella nuova tariffa un grave impedimento. I contadini che non comperavano, o comperavano di raqo e a malincuore macchine agricole, quando queste_ costavan poco non vorranno certo ora provveOersi a prezzi ele-_ vati degli ordigni, che offrono loro gli industriali italiani. E non a caso dico ordigni; perocchè (come osserva un collaboratore del G. in appendice al suo libro) la produzione italiana di m~cchine agricole ha due vizi originali: pochissima conoscenza della naiura dei bisogni, a cui le macchine devono soddisfare, e quindi imperfezione delle medesime; impossibilità di produrre con profitto la grande varietà di tipi occorrenti. _Ma i nostri industriali evidentemente di queste cose non si preoccupano, perché cohprotezionismo ogni difficòltà è risolta. Essi vogliono produrre tutto: e per ciò fare basta ad essi l'abilità con cui giungono a metter le mani sul denaro, cbe il pubblico versa alle banche, nella fiducia che queste lo impieghino come promettono - di impiegarlo e secondo quei principii tecnici, che sanno anche gli ultimi fattorini (2). Bernardo Giovenale. (1) GJRETTJ E: .i danni e le ingi;ustir.ie della 11uova tari.Ifa doganale. Torino, Lattes e C. - L. 4. (2) Intanto di discussione parlamentare della nuova tariffa più non è cenno, nè i mòlti gruppi agran· o neo ag,ari al Parlamento italiano se ne danno pensiero. A molti, come ·al partito popolare, bastò aver posta la limitazione delle barriere doganali in programma. I più sono sedotti dal tacito calcolo di pagare col silenzio sulle nuove tariffe l'oblio della tassa sul vino. Due anni or sono l'on. Salvemini aveva organizzato alla Camera i;.lcideputati un notevole gruppo antiprotezionista, Che ne è venuto dopo le ultime elezioni? Certo poco è da sperare, data la complicità dei socialis!i che sono pur sempre, Modigliani eccettuato, molto piU protezionisti di Olivetti e di 'A. Rocco, N.d, R. Poichè il Baretti non si vendeseparatamente, gli abbonati al Baretti che hanno pagato L. 15 riceveranno La Rivoluzione Liberale e Il Baretti sino alla fine di giugno: e per tatto l'anno se ci manderanno le rimanenti L. 17. Esp~rienza iibca:ral~ Ben~defto XV. Su Benedetto XV ha pubblicato un libro meno che mediocre Luigi Degli Occhi (Milano, Caddeo: Il Pensiero Politico Moderno, N. 4, 1 vol. di pag, 117, L. 6). E' fatto essenzialmente di citazioni dalle encicliche del pontefice (due sol 7 tradotte integralmente) e di , vari articoli della Revue de Paris e della Vita lntemaaionale ricuciti in un ordine aridamente schematico .. Nei vari _ capitoli (atteggiamento durante la guerra, - . l'opera di assistenza e carità, la questione italiana, ecc,) si elencano pochi concetti monchi. L'autore, che è quasi un tecnico di politica vaticana, non riesce neanche arilevare la posizione anacronistica delle argomentazioni scolastiche di fronte alla vita moderna e la solitudine del pontefice in t4.tte .le questioni più vive. Gli manca l'at· titudine a vedere le cose secondo un rilievo drammatico; non rivela la parte più personale che ebbe il pontefice nell'opera di conciliazione, non. ne vede i limiti, non ha libertà di critica. Più interessanti le ri_velazjoni che G. Speranzini ha fatto in un giornale torinese. Le offriamo ai nostri le_t· tori. - • La linea di condotta di Benedetto XV fu quella di· sopire e di eliminare tutti i dissidi che potessero sorgere tra i cattolici. Controversie religiose durante il suo pontificato se ne ebbero ben poche: quelle politiche egli non le volle ì'nasp{ire. Lasciò che in que$tOcampo le idee e le naturali tendenze facessero la loro strada. Non credette necessario e tanto meno bene indirizzato il P. P.; tutta.via lo lasciò . sorgere e.. lo lasciò agire liberamente; fu contrario a che don Sturzo ed il clero prendessero posizione di dirigenti nel partito, ma non per-questo _egli volle agire d'autorità. Benèaetto XV, intento alla sua sovrana missione di pacificatore, non volle occasionare ed alimentare contrasti. Si affidò alla rettitudine e alla coscienza di quelli stessi che si assumevano il compito di certe iniziative. Quèsta larghezza di vedute, questa transigenza con idee ed aspirazioni che non furono sue, non ha dato davvero frutti amari; ma siccome altro è tolleranza accondiscendente ed altro è programma mandato in esecuzione, cosi la morie di Benedetto XV lascia allatto insoluta la questione della ibertà politica sociale dei cattolici>.' Ci spiace di non poter ripÙbblicare per intero-un poderoso articolo che su Il Papa , la guerra ha scritto Mario Missiroli nel Suolo. E' la sola cosa storica, definitiva che sia appa~sa sull'argomento. Le ragioni del senso di mediocrità, che ognuno avvertE, nell'opera di :§enedetto XV L sono sveli;te con potenza di sintesi ècc.ezionale. Il PaP,a non ha sapul:o sollevarsi • al di sopra dei re e dei popoli, delle democrazie e delle aristocrazie, degli interessi dell'egoismo e dei miti, dell'ipocrisia». < La neutralità della Santa Sede non derivò da un senso doloroso e tragico della vita, da una condanna risoluta e totale della guerra, ché, in questo caso, sarebbe partita dal Vaticano una parola solenne e temeraria, ma dalla preoccupazione propria di chi attende lo svolgersi degli eventi con animo trepidante e coltiva in segreto una speranza e me-· dita una rivincita. Tutto il mondo, infallibile nell'istinto popolare, sentì contro tutte le proteste e le giustificazioni, che il Papa non era disinteressato e ciò bastò perchè egli fosse fatalmente escluso :t. • SQio un genio od un santo avrebbe saputo o p_otutorivolgere all'umanità la parola magica del conforto contro la disperazione. Disgraziatamente Benedetto XV non era nè un genio nè un santo,,. - , Nella guérra vide un'occasione fortunata per acquisire al Papato un primato perduto, per riconquistare un posto incompatibile con la coscienza moderna, per assurgere a un prestigio tramontato per sempre. Si mosse, pertanto, sul terreno diplomatico, atteggiandosi a sovrano, mentre era spodestato, e in un momento in cui alla diplomazia succedeva la forza nelle sue espressioni più catastrofiche ,. • Ebbe il dolore di vedere i cattolici di opposti regni uccidersi fra .di loro nonostante la fede comune e non poté non raccomandare a tutti i fedeli di osservare- lealmente i doveri verso i loro Stati. Per la prima volta nella storia un Papa fu costretto, dalla forza delle cose, dall'ineluttabile fa. talità delle passioni, dalla logica ferrea dell'eresia, a riconoscere contro tutta la dottrina cattolica, la esistenza di un dovere superiore a quello del credente, l'esistenza del , dovere, nella sua implacabile necessità. Egli parlò, senza accorgersene, l'aborrito linguaggio del razionalismo kantiano. Quale tragedia per l'anima di un papa I Ma quale grandezza 'morale se se ne fosse accorto I Egli, invece, non sospettò nemmeno la grandiosità del dramma, che investiva la stessa idea cristiana, e passò oltre. E la storia gli passa accanto senza sei:narne Noi che sentiamo ancor vivo lo spirito animatore del liberalismo, se non vogliamo essere i tardi epigoni del passato o gl'impazienti scrutatori dell'avvenire, abbiamo il mpdesto ed assiduo compito di alimentarlo nelle coscienze; d'imprimerlo per quel ch'è possibile nellt esperienze del presente; di farne un principio attivo di controllo e di critic'<i, in servigio dell'avvenire! Guido De Rugglero. Qllesto studio del nostro De Ruggiero corrisponde ~rfçttamente al piano di revisione della nostra formaz1ont: Si noti che mandando lire 16 non si-contrae l'abbonamento per an semestre, ma si paga la prima quota del-• l'abbonamento annuo e perciò ci si impe~na al pa~amentodella secondaquota. il nome lii. Il collaborazionismo di l'\issiroli. Mario Missiroli ha ragione di seri verci che il suo • filosocialismo muove da presupposti asQai di ver~i da quelli ,correnti , . N~i crediamo tuttavia che, sostanzialmente, dalla Monarchia Socialista si debba giungere, per virtù logica, ad altre conseguenze. Non si può negare che il socialismo abbia contribuito a dare alle masse una coscienza, se non altro alimentando una lotta necessaria; m., quel « senso dell'individualità, del!' orgoglio » che nasce direttamente da·una spontanea formazione spirituale marxista è incompatibile con le premesse del riformismo turatiano. Questo ·non può avere con sè le masse che guardano curiose l'esperimento, ma tengono separate le responsabilità: Turati e i suoi amici non 'dicono _nulla più di Giolitti o di Nitti, la loro è la filosofia semi-umanitaria, semi fi- _ listea dei piccoli borghesi. Il vizio originario è in una visione democratica di cara~tere empiricamente cattolico-: il governo ha per essi una funzion·e di trascendente ùtilitarismo, le masse ne approfittano per acco- • gliere i vantaggi che vengono loro offerti. Il circolo vizioso della legislazione sociale (che sareb.be il centro della polica socia-· lista, com' è stato sinora) è inesorabilmente diseducatore. Turati, praticamente, ·non conduce al «1u't'eranismo sociale» e a un senso di responsabilità, ma a una' nuova rivelazione édonista e quietista della verità. Chi crede che « l'eterna crisi italiana sia religiosa» rion può non acce_ttare che la sola liberazione debba scaturire dall'autonomia popolare e dall'iniziativa diretta. Lo Stato del popolo sarà quello per cui il popolo saprà volontarian1ente soffrire e darsi •un'auto-disciplina. A. Salandarlala"RivoluzLioinbera"le Roma, 25 genn. 1922. Egregio Signor,, Ho ricévuto la sua cortesa lettera del 22 e ho letto- con vivo interesse l'ampio e complesso programma de • la Rivoluzione liberale ». Plaudo di cuore a questo, come a qualunque altro movimento intellettuale, eh~, sc~vro di fini interessati, si sforzi a comprendere, nella loro fase attuale, i problemi sempre ·più ·involuti dell'ordinamento politico e sociale: tanto meglio se inspirato, diretto e attuaJo da giovani energie non consunte dalla viti\, vissuta fra vicende 'e passioni che non possono ,non lasci'are tracce indelebili di pregiudizi .. Ma, per ora almeno:° non mi é possibile· partecipare, neanche con semplici osservazioni e proposte di dubbii, alle loro discussioni. Ho già più impegni di quanti me ne consentirebbero il tempo ristretto e la malandata ~alule. Con distinti ossequi. A. Salandra. Avrem~o preferito che lo .scrittoi e di Politica e Le .. gislazione partecipasse alla nostra'polemica direttamente., con uno scritto di critica aperta. Siamo lieti tuttavia che anche un uomo della sua coltura ed esperienza, pur non aderendo al nostro programma, ne abbia avvertita la novità e complessità.., superando i pregiudizi del passato e delle abitudini. • Nei prossimi numeri: Scrittisu[manifestode" baRioo[uzionebibera[e" di F. Burzio,E. Cfodigno[Ga,.Ansaldo, ecc. 5. C:aramella: Clulturae oila genovese. G. Salvemini: [I Parlito Popolare. E. Rauera: I[ controHooperaio. b. Einaudi: Dizionariodi 'economia. P. \7itaFinzi: m. ffiissiro[i. m. Fubini;R. Rorrand. n: 5apegno: Dote di culturastorica. E aUri studi di : m. fmara, m. illissiroli, m. Sarma!i,P. Flores,A. ffialauasi, P. !lahier,Giovenale,C:.bevi, m. \7algimigli. A. Prospero, ecc. IVALLECCHIEDITORE-FIRENZE lt Recenti pubblicazioni: , Gentile • Discorsi di religione. ii - Educazione e scuola laica De R,uggero • L' Impero Britannico dopo la guerra . . Pareto - Fatti e teorie . Spaventa • Libertà di insegnamento Bionde! • L'Azione, 2 voi. Dentlc<>O'Accadia - Campanella Hartmann e Kromayer Storia Romana. . . . Anzllottl - Gioberti Carlini - Vita dello spirito Direttore: PIERO OOBETTI 'L. 5101015628- ,. 12-;- 10148G. B. GODETTI, g-ennte responsabile. Si:abil. Gra.fico Fo2. Torin•, vi.t Niua., BO, tel. 24-S!J..

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==