RE NUDO - Anno XI - n. 84 - febbraio 1980

/ntervitltl 11 franto Franco Battiato: tempera– mento vulcanico (non solo dal punto di vista musicale). Lo incontriamo in casa dell'a– mico e complice Giusto Pio. È seduto in mezzo ad un ocea– no di partiture, che occupa tutto il pavimento, il piano relegato in un angolo. Qualcuno, forse si sarà stu– pito di questo Battiato inedi– to, che canta canzoni di sapo– re cantautoristico (ma poi precisa: mi diverto!). Che do– ta il suo nuovo disco di cospi– cua sezione ritmica. Che chia– ma a suonare con lui gente co– me Radius, Colombo e De Piscopo. Strano, se si ripensa al ri– cercatore indistruttibile degli anni scorsi, entrato in conser– vatorio proprio per radicaliz– zare la propria ricerca. Ma questa non è un'abdicazione. RENUD0/38 È un esprimento, un tuff o nella comunicazione (e nel commercio. Perché no? Solo Frank Zappa è libero di ven– dere?) che non rinnega certo il cammino percorso. Lungo, perché Battiato, or– mai, è un veterano. Se anche trascuriamo gli inizi più o me– no canzonettistici, con tanto di apparizione al Cantagiro, rimangono dieci anni di atti– vità, dai tempi di Fetus e del gruppo Pollution fino ai mo– menti di sapore più colto. Sarebbe mistificante, in ogni caso, imprigionarlo nella definizione di vecchia gloria («Non ho parte, non mi sento un punto di riferimento. Il mio interesse maggiore è gira– re al largo da ogni forma di inscatolamento»). Restano i fatti: per esempio, è stato il primo a sfidare, con la sua &tlialo elettronica, il pubblico delle grandi feste giovanili, da Zer– bo a Parco Lambro. Battiato: «È un modo di suonare, comunque, che non mi piace e non mi è mai pia– ciuto. Quelle situazioni, in realtà, le odiavo, ma restava– no l'unico canale possibile. Chiedere spazio agli impresa– ri di professione, al circuito normale, era pura follia». Pio: «Era un canale sba– gliato: quella musica, se fosse stata portata nei conservato– ri, oggi sarebbe storia. Storia della musica, sul serio, meglio di tanti nomi gloriosi della contemporanea!». Re Nudo: «D'accordo, ma sarebbe conosciuta, come gran parte della contempora– nea, soltanto nei conservato– ri». Battiato: «È vero anche questo. È anche una questio– ne di diffusione. Chi lo ha sentito per davvero Berio? Trecento persone al massimo! E Stockhausen oggi lo cono– scono tutti perché l'ho porta– to fuori io, nei primi concerti. Se no, sarebbe ancora di un'è– lite, come negli anni '60». Re Nudo: «Quello che ci in– teressa, ora, è la tua evoluzio– ne musicale, anche se ne avrai già parlato un milione di vol– te}). Battiato: «Purtroppo sì. Comunque: mi sono trovato ad avere predisposizione istintiva per la musica fin dal– la tenera età, come si dice. Pe– rò mi sono messo a studiarla seriamente solo molto tempo dopo, quando avevo già fatto il mio ingresso nel pop, parlo degli anni intorno al '75. Fino a quel periodo io non cono– scevo la notazione musicale tradizionale, così ho deciso di affiancare questo studio ad un altro, che non ho mai ab- bandonato, la ricerca del suo– no: direi che la consequenzia– lità è quasi logica». Ed è quasi assurdo che l'autore di Sulle corde di Aries, con Stockhausen in co– pertina, fosse dopo tutto un musicista senza background. Nessuno se la sarebbe sentita di giudicarlo tale. Ricordia– mo un suo intervento ad un concerto-dibattito, nel '74. Uno spettatore lo apostrofò: «Se parli così non ti capisce nessuno. Parla come man– gi!». E lui, serafico: «Scusa, sai, ma io parlo proprio co– sì». Battiato: «È stato solo da quegli anni che mi sono alli– neato con la cosiddetta cultu– ra ufficiale. Anche dal punto di vista letterario: prima leg– gevo, sì, ma avevo una cultu– ra scadente, da liceale. In quel periodo, invece, sono ar– rivato al punto di leggere «in verticale», cinque libri per volta, con una fame incredi– bile, quasi patologica, di no– zioni. Ho avuto anche l'ini– ziazione alla nostra beneama– ta mitteleuropa, con tutto il tedescume e le problematiche relative». È il periodo che corrispon– de alle opere più difficili, ra– refatte: Juke-box, L'Egitto prima delle sabbie. Dischi di architettura sottile, in cui il sintetizzatore tanto amato lascia il posto agli strumenti nella tradizione, piano, violi o, e naturalmente la voce. Battiato: «Però, devo dire, non c'era intellettualizzazione Anche se più di uno lo ha scritto, s'è sbagliato comple– tamente. Sì, l'intelletto è stato qualcosa nella mia attività di musicista, ma quando mi tro– vo davanti allo strumento, per me non esiste più: c'è il fi– sico. Non mi interessa altro».

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