RE NUDO - Anno X - n. 80 - settembre-ottobre 1979

RE NUD0/7 ANCORA filNIBlllfi Milano - sette quattro due undici ventuno - Nan– da risponde in fretta che c'ha Ginsberg sulla por– ta - a stasera al Macondo -. Al Macondo la sera: ci sono amici vecchi e nuovi, si parla di poesia, di posti a se~ere, di caldo e Ginsberg non si vede. Tardi comincia il film, ec– colo lì a Rocky Flats, a Naropa, ma pochi capisco– no dov'è, pochissimi capiscono quello che dice e solo pochi eletti riescono ad ic,lentificare tutte le faccie di poeti. ·· ~ L'atmosfera si riscalda (a dire il vero la sala è un forno, ma non è questo quello che volevo dire) poi gli applausi scrosciano, mi giro a cercarlo, ma no, non è lui, gli applausi sono per la ragazza che toglie i paraventi dalla finestra, ma qui sotto al palco l'aria non arriva e comincia una lotta fu– ribonda per i posti, si rimpiange d'avere un volu– me ... poi ecco che quando meno me l'aspetto, Allen mi sguscia dietro, appena sfiorandomi, salta sul palco e inizia uno «spogliarello», appena appres– so c'è la Pivano - Ciao Nanda - le faccio - Ciao, aiutami a salire - mi fa lei, e comincia il carosello. Con Allen, oltre a Nanda, ci sono il fedelissimo Pe– ter Orlovsky e Steve suo collaboratore a New York e accompagnatore durante i readings. Sulla pedana stanno un girone più in alto, ma la tortura del caldo la patiscono anche loro, special– mente Allen che è il più «scalmanato»; gli scivo– lano gli occhiali, gli cola il sudore in viso e la ma– glietta è già madida, e urla (sì, urla anche adesso e secondo lui più forte dei tempi di « Urlo » anche se su alcuni giornali ho letto il contrario e la gen– te si sa crede più ai giornali) dicevo, urla che do– vremmo tutti spogliarci nudi ma che ha paura che in Questura non gra~iscano la faccenda - i vesti– ti o meglio la divisa - leggo io fra le righe. Peter Orlovsky siede alla sua destra, mi colpisco– no i grossi sandali come ce li ha un amico mio contadino in California, e i calzettoni in spugna a strisce blu e giallo - mi sembra molto piit cal– mo di come me l'hanno dipinto, con lo sguardo tra il perso e l'assente ma non proprio disattento, la testa in qualche strana galassia e le mani forti che penso sempre nella terra, che coltiva con siste– mi agricoli biologici e organici; quando canta fa strane smorfie, lancia yodel e suona il banjo co– me i cow-boys dei films western; le sue poesie di disarmante semplicità e bellezza le proclama forte, con ritmo di valanga impr-ovvisamente interrotto dal punto finale e immediatamente ripreso dallo scroscio degli applausi; non sembra avere un tem– peramento rumoroso, semmai non è rumore è mu– sica, alcuni lo direbbero ombreggiato dall'amico Al– leo, io penso invece che abbia semplicemente una forza che non si spreca in manifestazioni esteriori inutili, ma promana ad un livello più profondo e che lo rende affascinante. Steve è giovane, è poeta, è bello, con un'aria an– glosassone un po' seria sul palco, un po' meno se- ria quando durante l'intervallo, dopo la mezzanot– te, gira per il Macondo a caccia di compagnia fem– minile e invece trova me che non me la sento di attraversare la barriera di corpi umani perenne aureola di Allen eppure gli devo dare un importan– te indirizzo; così parliamo un po', gli lascio un mes– saggio e poi vado fuori sperando stavolta di rag– giungere il bersaglio. Allen e Peter sono in un fosso proprio davanti all'entrata del Macondo e suonano per quelli che erano rimasti fuori e per prendere un po' di fre– sco naturalmente; si vorrebbe quasi quasi conti– nuare qui, ma ancora Ginsberg ha paura che la polizia possa creare guai (in Italia s'era già scot– tato nel '67 ultima sua calata prima d'ora) e poi - dice - ci saranno delle poesie un po' calme, ci vuole l'amplificazione. Fuori si canta tutti insieme dietro a Peter col ba– njo e la chitarra e ad Allen con armonium, cimbali e la sua bellissima voce; finito anche questo « nu– mero», forse perché è ormai piuttosto tardi, l'una passata, finalmente l'avvicino; gli dico che lavoro con Julian Beck del Living Theatre, suo vecchio compagno e amico, e lui mi salta addosso abbrac– ciandomi e baciandomi e vuole l'indirizzo di Julian a tutti i costi: così gli devo promettere di stare a Spoleto l'indomani visto che non l'ho ora con me ... A Spoleto l'indomani ci arrivo in treno che è già tardi, le nove e mezza e purtroppo il reading è co– minciato. Comunque quando arrivo il teatrino (ve– ramente ino) è pieno zeppo e c'è gente fuori che solo dopo molte insistenze riesce ad entrare anche se il reading se lo vede in piedi. Stavolta Allen e Peter e Steve sono conciati per la festa: giacca, cravatta e scarpe nere laccate, l'in– sieme ha un'aria molto più «perbene». Il reading è una sorsata tutta in un fiato di poesie vecchie e nuove di Alleo nella sua parlata profeti– ca, tra l'ansioso e l'altisonante dalla più vecchia « America » alla già famosa « Plutoniam Ode » de– nunciatrice della produzione di plutonio a Rocky Flats in Colorado (un chilo e mezzo prodotto al giorno, tre volte quanto basta, se diffuso in polve– re, per uccidere la razza umana; un elemento chi– mico inesistente in natura con una vita di 240.000 anni - Jehova nella bibbia ne ha solo 6.000 - che non a caso ha preso il nome da Plutone che tra le altre cose è dio del regno dei morti e il cui nome a sua volta significa « ricchi »). Si accompagna con l'armonium che per chi non lo conoscesse è una specie di organetto a soffietto, dove una mano è tenuta alla tastiera e l'altra apren– dosi e chiudendosi aziona il soffietto come in una fisarmonica, qualche volta suona i cimbali, quando Peter e Steve suonano l'uno il banjo e l'al– tro la chitarra ad esempio, ed infine qualche volta tiene il ritmo con due cilindri di legno scuro dal timbro alto e chiaro. Ginsberg legge anche Blake (che con Milton è tra

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