RE NUDO - Anno X - n. 74 - marzo 1979

• RE NUOO/50 civile esprime il mio rifiuto a divenire stru,mento mistificato– rio di una realtà in cui l'adatta– mento e l'ambiguità continua dei comportamenti permettono di celare la vergognosa e me– schina incapacità dell'uomo di fare a meno dell'uso della vio– lenza cieca e bruta del potere, Luciano Puviani Compagni e fratelli di Re Nu– do, la meditazione, la ricerca spiri– tuale, il corpo e tutte queste cose che sono da alcuni mesi diven– tate prioritarie sulle pagine di Re Nudo mi trovano molto in– teressato (anche se con qualche riserva quando mi sembra di intravedere della confusione). Ma quello che sento stonato è che non cerchiate di entrare. tramite queste cose, in un con– tatto più diretto con i vostri let– tori e tutti i fratelli e compagni che vi seguono. Anzi quando fate delle feste, come negli ulti– mi due anni le tenete accurata– mente nascoste. A me sembra invece che tutto il movimento che sta nascendo intorno a cose come lo yoga, la macrobiotica. la meditazione abbia bisogno di essere coordinato in qualche modo se no rischia di perdersi in mille rivolti destinati a fare in breve tempo la stessa fine degli indiani metropolitani: consu– marsi in pochi mesi e poi spari– re. Perché Re Nudo non si as– sume, molto più di quanto non abbia fatto finora, questo com– pito? Io credo che persone inte– ressate. a questo discorso dello spirituale ce ne siano molte e abbiano molta voglia di cono– scersi e di incontrarsi. Io stesso conosco molti amici e compagni che non sono coinvolti da questi discorsi solo per il fatto che nessuno ha dato loro la possibi– lità . di guardarli da vicino ... Chissà se siete d'accordo. in– tanto continuo a leggerv1 Cari amici di Re Nudo, sono un giovane di 26 anni; visto che vi occupate di ricerca inte– riore vorrei dire a voi quello che ho meditato personalmente. Ciascuno di noi vive racchiuso nel proprio isolamento; l'isola– mento è dato dall'identificazio– ne con il proprio ambiente, dal proprio condizionamento; in genere un giovane si ribella al suo condizionamento e da un'e– tichetta salta a un'altra etichetta che egli ritiene più soddisfacen– te; ma in fondo rimane sempre prigioniero del linguaggio a cui si è attaccato. Ora mi chiedo: si può trascendere totalmente il condiziqnamento senza saltare in un altro? Si può essere liberi? Libertà in fondo significa avere spazio interno, mettere da parte tutte le forme a cui si aderisce, mettere da parte il proprio "ismo", morire a se stessi, alle proprie esperienze, fedi, ideolo– gie, al senso del "mio" che ci se– para l'un l'altro e sta distrug– gendo il mondo. Si può vivere nel mondo e non avere un lin– guaggio? Forse solo allora ci sa– rebbe l'amore e sapremo cos'è Dio. Dio in fondo significa "nessun linguaggio". Rajneesh e Krishnamurti dicono che la ve– rità 'apparirà a noi quando l'ego cadrà'; allora non ci sarà più al– cuna barriera tra di noi. Io sono tutt'ora in una fase di ri– cerca. Medito e prego anche. Vissuto in un ambiente molto negativo che mi ha portato una profonda nevrosi, attualmente ne sto venendo fuori psicologi– camente anche con l'aiuto delle letture e meditazioni sulle filo– sofie orientali. La sofferenza notevole che ho patito e patisco mi ha insegnato a cercare di ca– pire di più me stesso e il mondo che mi circonda. Chi intende ri– cercare seriamente cos'è la ve– rità, cos'è il vero amore, mi scri– va pure per aprire un dialogo. Vi saluto con amicizia. Il mio indirizzo è: Giovanni Sciandini via Ghersi 8 - Imperia 18100 Lo spunto di scrivere questa lettera mi è venuta leggendo una segnalazione pubblicata da "Repubblica" del 25 gennaio sulla pagina "nella città" dedi– cata agli avvenimenti milanesi. in cui si segnalano una serie di dibattiti sui vari aspetti del cir– cuito musicale. organizzato per l'occasione dalle Acli. Il ciclo di dibattiti si dovrebbe svolgere in più serate e toccare vari temi inerenti il circuito musicale. Di tutte le serate una la trovo particolarmente significativa ed emblematica per dimostrare come troppo spesso non si fac– cia altro che discutere dei soliti temi e dei soliti problemi. E veniamo al punto in questio– ne, la serata o meglio il "titolo" è "C'E' UNA MUSICA AL– TERNATIVA?" ed il dibattito o conferenza lo dqvrebbe tenere Michele Straniero in febbraio. A prescindere da come andrà la serata mi chiedo se è ancora possibile "intitolare" nel feb– braio del 1979 una serata con la parola "alternativa" (di per se non basterebbe una serata per definire il termine "alternati– va") e non mi si venga a dire che c'è il punto di domanda. In ogni caso non è che ce l'abbia con M. Straniero in partìcolare, il suo è solo uno spunto p(:r parlare di qualcosa di più generale e vasto. E' noto che viviamo in un pe– riodo di transizione, di rifles– sione, e chi più ne ha più ne metta (meditazione), piuttosto che di creazione, estroversione, ecc, ma allora perché non vivere fino in fondo questo periodo di riflessione. Perché dobbiamo sempre e comunque parlare su tutto e su tutti, anche quando non abbiamo niente da dire, e se non abbiamo niente da dire perché non stare "in silenzio" invece che sprecare tempo e se– rate su temi triti e ritriti su cui avevamo già parlato discusso e sentenziato. Mi si obietterà che non tutti so– no a conoscenza di certi pro– blemi. anche specifici. ma allora se è proprio il caso di parlare perchè non andare oltre (alme– no nei titoli). e nel caso ci si do– vesse accorgere che non abbia– mo niente da dire avendo ora– mai detto tutto perché non re– stare in "silenzio" (per chi vuole nel senso Cageano). • A me sembra che da un po' di tempo a questa parte nella maggior parte dei dibattiti non esca niente di nuovo ne tanto– meno interessante (l'eccezione non è ancora stata abolita) e non si fa altro che ribadire vec– chi concetti. magari sul fatto che tutto è finito e che bisogna ri– cominciare non da zero ma da uno ecc. concetti se si vuole di "morte". Ma come si sa la "morte" è un ottimo segno e si– gnifica Trasformazione. rinno– vamento. rinascita, capacità di valutare il problema in profon– dità ed altri ancora. ed allora perché non vivere "la morte" magari proprio non dicendo-· nulla. e se proprio ci scappa (di parlare) proviamo a non farlo in pubblico, eviteremmo a qual– cuno un inutile spettacolo. ,.E se ci si accorgerà che "in giro" non c'è niente allora "viviamo" questo non ascoltare e non ve– dere che probabilmente è più ·utile più ricco e meno superfi– ciale di ciò che andremo a sen– tire o a illustrare. Piero Cannizzaro

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