RE NUDO - Anno IX - n. 72 - gennaio 1979

RE NUDO/10 A chipiacciono le ossadi Macondo? In occasione dellaprossima riapertura di Macondo ( completamente rinnovato nellastruttura e nelleintenzioni degliorganizzatori) abbiamo pensato di riesu– mareun po' dellapoesia delMacondo chefu. Questa chesegue è l'intervista checi ha rilasciato Daniele Joffe,unodeifondatori, unasettimana primadello show poliziesco heportòallachiusura (febbraio '78). Com'è che vi siete messi insieme per fare Macondo? Per me tutto è cominciato quando sono uscito da Lotta Continua nel '75: siamo usciti in un po' a Genova, e abbiamo verificato che non avevamo una pro– posta alternativ~, di nessun genere. Ciascuno ha detto la sua e una delle idee che erano venute fuori era questa: montare una struttura produttiva che ci permettesse di fare delle cose belle, con amore per la qualità della vita. Poi ci siamo persi di vista. A un certo punto ci siamo ritrovati io, Guia, Enrico (che ho conosciuto facen- do l'autostop in Grecia) e abbiamo fat– to la casa editrice Macondo, lavorando a credito, andando a mezzadria in una rivendita di libri ... e poi ci siamo smar– ronati: perché non aveva senso, non prendere quot'a, così non si andava da nessuna parte. A questo punto abbiamo avuto il culo che Adriana ci ha telefo– nato dicendo che si stava liberando questo posto. Abbiamo fatto tutta la menata per farcelo dare ... e a questo punto è cominciata la storia vera. Questo posto qui ha poi fatto tutto lui. Non c'è dubbio: è stregato. Questa era la fortificatissima Casa del Fascio di vi S. Marco. Si raccontano delle cose in credibili su questa casa. Sono arrivati qui da tutte le parti: da Trento, da Napoli, da San Siro, vecchi freaks, bande di autonomi, gente di tutti i tipi ... e qui si sono comportati in un modo molto bello ... di una lucidità incredibile. Come del resto è mutata politicamente Milano in questi ultimi mesi. Fino adesso mi hai parlato della gente che hafatto Macondo e di quella che la porta avanti. Parliamo un po' di quelli che ven– gono come clienti. All'inizio c'è stato un rapporto di con– sumo micidiale. Consumo di merci o consumo di moda? Ma ... la merce qua è la moda. Un consumo cannibalesco: siamo spet– tacolo per noi stessi. Ma non puoi confonderci con Fiorucci: la gente che ha fatto questo posto non ci ha un cazzo a che vedere col nemico individuato da sempre. Ma siamo spettacolo per noi stessi ... ci mangiamo l'uno con l'altro ... Antropofagia. Paranoia. Un'amica a cui, durante il convegno sull'Arte di Arrangiarsi, ho detto: "Non venire stasera, perché l'aria è pazzesca, è micidiale", mi ha risposto: "Ma sei matto? Io faccio i miei due giri sulla giostra della paranoia, poi esco disgu– stata e scorgo quant'è bello fuori ...". Per noi il convegno è stato una verifica: l'interlocutore (bene o male la città) ha detto: sì d'accordo, tu fai il bottegaio e vendi te stesso... e io ti consumo! Dopo il convegno abbiamo chiuso per qualche giorno. Dalla riapertura in poi, co'mincio ad avere l'impressione che ci sia la possibilità di un consumo intel– ligente. Bisogna avere la capacit_à di produrre cose molto belle e culturalmente ege– moni, e non culturalmente alternative. Egemoni da parte del movimento. Voi puntate tutto sui prodotti di buona qualità, o volete che la gente che viene qui a consumare abbia un rapporto di buona qualità? Puntiamo sicuramente a un rapporto qualitativo. Questo posto può avere il peso che in parte già ha, solo perché è stato fatto da persone completamente diverse tra loro

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