RE NUDO - Anno IX - n. 69 - ottobre 1978

RENUD0/3 lettere- lettere- lettere- lettere- lettere- lettere I - Sì parla, lettori ed artefici di questo giornale, di ritorno alla terra e di agricolt1,iraalternati– va. Da non molto· ci occupia– mo, teoria e pratica, di questi argomenti, e diremo la nostra in proposito. E' una questione che ritenia– mo molto importante, per il fatto che sta a noi di costruir– ci una vita migliore. Lo possia– mo fare anche in campagna. Perlomeno vale la pena di pro– varci. Parlare di agricoltura alternati– va è un po impreciso, quasi uno slogan. Si tratta secondo noi di praticare un'agricoltura che risulti molto più intensiva ed attiva, rispetto all'attuale tendenza. Molto più lavoro e molti più investimenti per unità di superficie, in altre parole. Significa che, in condi– zioni appena buone, una data superficie può ospitare più uo– mini, più animali e più strut– ture rispetto a quelle che ri– chiede una conduzione in li– nea con lo sviluppo capitalisti– co. Qualcuno potrebbe obiettare chJ! _nrooooiarno di tornare in– dietro. Soloapparent.emente.11 fatto di cui occorre prendere coscienza è che c'è l'ugenza di trovare una forma economica alternativa allo sviluppo illimi– tato che, oltre a non essere più sopportato umanamente e socialmente, non sarà pii! sop– portato a lungo dal nostro pia- neta. Occorre quindi formula– re proposte che abbiano un senso anche aldilà del presente e del futuro più prossimo. Quella che può apparire un' utopia è probabilmente una delle strade più realistiche da seguire;· può sembrare regres– sione, ma può darsi che sia una delle poche forme di progresso materiale consenti– te. Parlare di agrii:oltura·alternati– va è forse riduttivo. Con un po' di buon senso, chi abbia un minimo di familiarità con animali e piante può intuire che si può utilizzare molta, moltissima energia dalla fer– mentazione di residui animali e vegetali, oltre che dal sole, dall'acqua e dal vento. Parlan– do di agricoltura attiva ed in– tensiva intendiamo dire che in un unico luogo si producono le materie prirµe e si trasfor– mano, cercando di utilizzare l'energia interna al sistema. Dal nostro punto di vista sa– rebbe stupido pensare di rifiu– tare in massa ogni dato scien– tifico o innovazione tecnologi– ca che abbiamo a disposizio– ne, altrettanto stupido che utilizzarle ed accettarle acriti– camente. Se di un diserbante o di un anticrittogamico non si può fare a meno, pena la distruzione del raccolto, ci si orienterà sul prodotto meno nocivo e lo si utilizzerà... tap– pandosi il naso, fermo restan- do che prevenire è la regola, correre ai ripari l'eccezione. Se una fattoria funziona bene si presenta, per fortuna, il problema della commercializ– zazione del sovrappiù. Noi lo risolveremmo con la vendita diretta o, meglio,-con lo scam– bio di prestazioni. Perchè la fattoria funzioni be– ne bisogna, almeno secondo la nostra esperienza, fare le cose sul serio. Il lavoro, manuale e intellettuale, sarà a volte fati– coso, raramente pesante. Ed è importante capire che non lo si può paragonare alle otto ore che si fanno in fabbrica o nell'.ufficio: possono essere anche sedici a volte, ma è completamente diverso, a pat– to che tanto il lavoro che le decisioni e le responsabilità siano prese collettivamente, e che ne siano divisi i frutti. Ci pare, in poche parole, l'oc– casione per trovare nel lavoro non solo, importantissima, la salute fisica e mentale, ma la base per rapporti umani molto sinceri. La terra e gli animali vanno coltivati e allevati più con il cervello che con le braccia: a volte si sprecano risorse e energie per ubbidire a pregiu– dizi secolari o a consigli di "esperti" non precisamente disinteressati. Per fare le cose bene è molto utile studiare e informarsi; ottima idea anche l'apprendistato in tutti i possi– bili settori specializzati. Sarebbe presunzione .mettersi al lavoro ritenendosi paghi di quanto già acquisito, e sareb– be un•errore che presto o tardi si può pagare anche duramen– te. Il senso critico e l'elasti– cità, oltre all'aggiornamento costante, stanno alla base di una buona conduzione di una fattoria. Rifugiarsi in qualche sacro principio o nel "l'ha det– to l'esperto" (o il vecchio con– tadino) significa anche snatu– rare il senso del proprio lavo– ro. Sperimentare con precisjone, impostare un piano di lavoro, registrare ogni dato interessan– te e tirare periodicamente le somme: tutte operazioni di grandissima importanza che, oltre che a impostare l'attività con cresrente cognizione di -causa, servono anche a ridurre moltissimo il tempo occorren– te a "far l'occhio". Tirando le so,;1me,occorre ac– quistare capacità di studio e di osservazione, senso del lavoro in prospettiva e autonomia di decidere: tutte cose-che non ci hanno dato; .non ci pare comunque una buona ragione per non prendercele. . Può darsi che questo nostro punto di vista possa non pia– cere a qualcuno, visto <;he, non prospettiamo la vita in cam– pagna come estremamente semplice. C'è un proverbio che dice pressapoco che uno fa il_ rac– colto in base a quello che ha seminato. Crediamo che sia così. Antonio e Luigi (Sondrio) Carissimidi Re Biott_o, vi scrivo riallacciandomi all'ar– ticolo di Stefano Carluccio "Mi butto nell'inconscio col– lettivo" apparso su Re N'udo n. 60 di dicembre, soprattutto per quanto riguarda la parte dedicata al "movimento" per altro descritta in modo assolu– tamente lucido e coerente. Abito a Milano·ed ho 20 anni (sostanzialmente anarchico), ma pur essendo miope io questo "movimento" non so da che parte stia. Sinceramen– te non riesco a vederlo, forse perchè sono uno di quelli che crede che la parola "movimen- . to" voglia dire essenzialmente vivere insieme/cercando un'al– ternativa a questa società di merda/comunicare gioie para– noie agli altri compagni'/fratel– li_ e avere tanta voglia di cam– biare veramente q~alche cosa. Adesso ditemi voi se tutto questo è il "movimento" fan-

RkJQdWJsaXNoZXIy