RE NUDO - Anno IX - n. 68 - agosto-settembre 1978

RE NUD0/24 La conoscenza alternativa del corpo e della 1nente a cura di Piero Vei'ni Il corso di Buddismo che a Dharamshala (1) viene tenuto dai Lama che vivono in quel piccolo paese dell'India settentriona– le, vede aumentare di anno in anno il nu– rnero dei suoi studenti. Sono per la gran– de maggioranza europei e nordamericani che percorrono molte migliaia di chilo– metri per venire a studiare una delle più ricche e interessanti torme in cui si è art.i-· colato l'insegnamento del Budda. Centri di Buddismo Tibetano sono sorti pratica– mente in tutti i paesi occidentali in questi ultimi anni; sono luoghi in cui i Lama del Tibet stanno tentando (riuscendoci) l'im– possibile: perpetuare la cultura e la reli– gione tibetane anche fuori dai confini geografici del loro paese, e impedire così un vero e proprio genocidio culturale. Lo studio e la pratica delle tradizioni religio– se e delle meditazioni del Buddismo del Tibet interessano ormai un numero sem– pre maggiore di giovani e non più giovani occidentali. La scrittrice Fernanda Pivano, nella sua intro<luzione al Diario Indiano di Allen Ginsberg scrive: "Il Buddismo tibetano è la più recente forma di misticismo imma– nente arrivato in America dall'India. Una ventina di anni fa, quando il Tibet è stato invaso dai Cinesi (che hanno bruciato templi e monasteri, ucciso o imprigionato monaci e Lama e distrutto testi sacri e opere d'arte) è cominciato l'esodo dei su– perstiti che si rifugiarono in Nepal o nell' India settentrionale e lentamente comin– ciarono ad affluire in America. Thubten Jigme Norbu, il fratello maggiore del Da– lai Lama, scrisse nel suo volume Tibet, uscito nel 1968: 'Il totale sradicamento della religione e tradizione tibetana fu e continuò ad e~sere un fine fondamentale per i Cinesi: finchl non l'avranno conse– guito non _avrannoconquistato il Tibet ... Quello che importa ora è che noi conser– viamo l'unica cosa che ci è rimasta, vale a dire la nostra fede'. "La preserva,zione del Tibet è stata tenta– ta dai rifugiati, sia attraverso la disciplina conservata nei nuòvi monasteri çliLama e monaci o nei nuovi Templi laici, sia attra– verso una specie di divulgazione di massa fra Europei e Americani, di una cultura che, fino a pochissimi anni fa, era quasi del tutto ignota fuori dalle preziose e so– fisticate scoperte del nostro Tucci: prati– camente l'intera superficie del Tibet, di– ciamo 800.000 chilometri quadrati, e i o e suoi, diciamo quattro milioni di abitanti, erano un monastero solo, diviso dal resto del mondo dal superinvalicabile Himala– ya". (2) Il Buddismo tibetano o Vajrayana, non è altro che la dottrina buddista originaria dell'India che si è diffusa nella regione ti– betana fino a divenirne la religione uffi– ciale, e che ha inglobato al suo interno al– cune pratiche della religione sciamanica Bon che fioriva nel Tibet prima del dif– fondersi della dottrina del Budda, lepre– dicazioni buddiste che salendo dall'India si sono spinte a nord non hanno mirato tanto a sconfiggere ed eliminare le forme religiose preesistenti ma hanno piuttosto accolto al loro interno gli elementi più vi– vi della tradizione Bon, un culto sciama– nico imperniato sulla figura centrale dello Sciaman, una sorta di mago capace di me– diare tra il mondo degli uomini e quello degli dei'. Anche se con ogni probabilità le componenti Bon nella tradizione tibe– tana sono meno massicce di quanto alcu– ni studiosi vorrebbero far credere è in– dubbio che all'interno del Buddismo Va– jrayana siano entrate alcune componenti di questa antica religione tibetano/h_ima– layana. Il Buddismo arrivò in Tibet tramite l'in– segnamento di un grande maestro tantri– co, il Guru Padmasambhava, il Maestro Nato dal Fiore di Loto; invitato alla .corte del Re del Tibet nel 747 d.C. Padmasam– bhava arrivò con le sue due mogli e alcuni devoti discepoli, portando con sè nume– rosi testi sacri buddisti da tradurre e dif– fondere nel Paese delle Nevi. Incominciò allora una lenta ma diffusa ascesa della religione buddista in Tibet, che si concluse, qualche secolo più tardi, con la conquista spirituale dell'intero paese, dove, come abbiamo già detto, la vecchia religione Bon più che travolta, fu per così dire integrata in alcuni aspetti nel Buddismo con un processo sincretico che ricorda la sintesi di elementi dravidici e indoeuropei che la cultura indù ha ope·– rato nel continente indiano. L'idea centrale di questa forma di Bud– dismo è quella di una compassione uni– versale, che si realizza nella trasmissione di insegnamenti e tecniche di liberazione a qualsiasi essere umano voglia recepirle. Per il Buddismo tibetano tutti gli esseri possono liberarsi dal ciclo ininterrotto di nascite, morti e rinascite, il samsara, che viene visto come la causa primaria del do– lore e della sofferenza. Il Buddismo del Tibet è la continuazione dell'originario Buddismo Mahayana che veniva insegna– to nella sua forma più pura nell'Univer– sità indiana di Nalanda. Lo scopo centra– le di questa religione è la liberazione dell'essere umano, il raggiungimento del

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