RE NUDO - Anno IX - n. 62 - febbraio 1978

RE NUD0/32 Il mestiere di vivere e la cultura Da un libro di Sandro Bellenghi (Haram) -Vivere fuori· (Re Nudo Edizioni) di immi.nente pubblicazione, ecco alcuni brani sulla nostalgia.del futuro Tutte le volte che qualcuno sostiene non soltanto la necessità oggettiva di ritornare ad una società non– tecnologica, ma addirittura la superio– rità delle società non-tecnologiche sulla civiltà tecnologica, immediatamente si scatenano fiumi di reazioni negative. La più subdola delle argomentazioni portate a favore del "progresso" tecno– logico è quella che si riferisce alla produzione di cultura. La liberazione dell'uomo dalla fatica - sostengono i filotecnologi - prodotta dal progresso tecnologico, ha consenti– to una elevazione considerevole del sistema di vita, e ciò ha portato con sè un'incremento della possibilità di pro– durre cultura: l'uomo tecnologico è in larga misura un "intellettuale", con– trapposto al bruto incolto e buzzurro delle civiltà non-tecnologiche. Questa affermazione è davvero diver– tente. Se fosse vera, storicamente do– vremmo poter riscontrare un'assenza pressochè totale di produzione cultura– le di rilievo fino al giorno in cui la civiltà non· ha imboccato decisamente la strada dell'increl!lento tecnologico, per poi trovare uno spaventoso balzo in avanti della produzione culturale stessa da quel giorno in poi. "Il senso del tempo, compenetrato nel– le grandi invenzioni e scoperte dei secoli XVI e XVII, e della crescente padronanza sulla natura, favori la fede nel progresso che trovò la piena coscienza di sè e la sua formulazione adeguata nel seçolo XVIII". Così lring Fetscher in "Filosofia della storia" loca– lizza le date della transizione dalla civiltà tradizionale al mondo moderno. Ora, in base af ragionamento di prima, dovremmo poter identificare nei secoli successivi al 'settecento l'esplosione della produzione culturale, dopo un periodo di pressochè nulla attività in questo senso. L'ottocento e soprattutto il -novecento dovrebbero essere i punti nodali in linea crescente di questa produzione culturale. Perchè prima di allora, "l'uomo era troppo preso dai problemi di sussistenza e sopravviven– za, per occuparsi di far cultura". Ora, non occorre essere degli esperti di storia della filosofia, o di storia deH'ar– te, o di storia del pensiero, per rendersi immediatamente conto che non soltan– to le cose non si sono mosse in questo modo, ma che, al contrario, si sono mosse in modo opposto, generando una paurosa caduta di attività cultura– le in concomitanza con l'avanzare del– la civiltà tecnologica. I fondamenti della cultura contempo– ranea, infatti, risalgono per una partç enorme al mondo tradizionale, ed i contributi del mondo moderno all'evo– luzione culturale sono, nel complesso, abbastanza irrilevanti. Senza voler fare qui una trattazione esauriente della storia del pensiero e dell'espressione, possiamo agevolmente notare che: - le basi strutturali della logica e della filosofia risalgono per l'occidente al mondo greco, si sono evolute in modo notevole fino al diciassettesimo secolo, ed ·hanno quindi cessato di evolversi nella-fase successiva. - l'espressione musicale ha avuto il suo massimo splendore nei secoli diciasset– tesimo e diciottesimo, and;rndo poi in progressiva caduta in concomitanza con l'esplosione della tecnologia. Il medesimo discorso vale per le altre forme di espressione artistica, come la pittura, il teatro, la letteratura, l'archi– tettura. - la struttura stessa delle varie lingue è andata progressivamente impoveren– dosi nel corso degli ultimi due secoli: la fantastica duttilità delle lingue classi– che, o dell'italiano primordiale, si è quasi integralmente perduta nella marcia di avvicinamento alla. "civiltà". In pratica, gli ultimi due secoli hanno saputo esprimere unicamente il marxi– smo, come elemento culturalmente po– sitivo, ma non sono poi assolutamente riusciti ad applicarlo, ad adeguarsi coerentemente ai suoi principi. E così assistiamo oggi al tradimento genera– lizzato dei principi marxisti in quelle società che hanno fatto finta di appli– carlo, che se ne sono servite come bandiera per giustificare l'instaurazio– ne di sistemi ipercapitalistici di sfrutta– mento e di oppressione. A tutto questo, i sostenitori della via tecnologica oppongono la considera– zione che "si, in effetti la produzione di cultura si è forse riequilibrata su livelli più bassi, ma in compenso oggi, grazie al progresso, la cui tura medesima è alla portata di tutti, chiunque può oggi far cultura". iente di più falso. Si può tranquillamente negare che il livello culturale dell'uomo medio sia oggi migliore del livello culturale del– l'uomo medio del secondo secolo dopo cristo, o del dodicesimo secolo. Lo si può negare semplicemente prendendo spunto da una colUìtatazione molto semplice ed elementare Prima dell'avvento della società tecno– logica, esisteva una forma di espressio– ne - chiamata "arte popolare" - carat– terizzata dalla produzione spontanea, da parte delle masse popolari, di musi– ca, di teatro, di narrativa, di poesia. Arte popolare genuina, che usciva di– rettamente e spontaneamente dagli strati più umili della società, e che possedeva una sua ben precisa dignità. EABB VINTO.

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