RE NUDO - Anno IX - n. 61 - gennaio 1978

RE NUDO/20 R diluvio dopo il diluvio Riscopriamo "l'altra cultura" ovvero: c'è consapevolezza e consapevolezza. "Inutile assalire o solo parlare di fede, spirito e religione se non si è dichiarata la guerra santa" Divagando a ritroso negli anni, specie dopo il '68, ricordo d'aver vissuto stra– ni contrasti da me sempre considerati come parti dello stesso fenomeno: l'as– sillo dell'alienazione, la rabbia e il senso di disadattamento causati dal non avere - con la conseguente "lotta per sopravvivere" - e il non riuscire a trovare una via per essere. Mi chiede– vo: q_uale identità si nasconde sotto ogni mio gesto? Chi sono? La risposta era un sentimento di angoscia: sentivo che non esistevano possibilità per esse– re. "Per le masse umane aggregate in società, - non essere - significa accettare dei modelli fallaci e artefatti di agire, di pensare, di sentire. Questo consenso collettivo causa nello stesso tempo la perdita della libertà. Perchè non può esserci libertà per chi dorme. In ogni epoca, presso tutti i popoli, sono esistiti uomini che traevano profitto dal potere op– pressore di tutte queste falsificazioni del pensiero, dogmi, ideologie, tradizioni; si fece– ro loro difensori e imposero questi modelli di non esserea chi subiva il loro dominio... Due volte subito: perchè la sicurezza nel sonno lega doppiamente l'oppressore.»>> (Daumal: "Tu t'es toujours trompè." Paris 1970). La possibilità di essere, la possibilità di pensare, di crescere interiormente si legava ad altre esigenze comuni alla classe oppressa di liberarsi (fu questo· un secondo passo: dalla solitudine "beat", al movimento). Sentivo che la classe oppressa aveva più "chances" di prendere coscienza: "Non ha nulla da guadagnare per nutrire queste forze del sonno". Così iniziò in me una lotta: se da un lato istituzioni, sacre e profane, che determinavano l'equilibrio sociale, la mia paura, la non libertà erano ciò da cui fuggivo; dall'altro: come far coinci– dere il mio desiderio dell'assoluto, le mie esperienze estatiche, la mia volon– tà di risveglio con la pratica politica marxista che in quegli anni veniva ad assorbire strati sempre più vasti di persone che nella alternativa portava– no il loro sonno, completo di giustifica– zioni "corazzate" per continuare a dor– mire? Eravamo nuovamente ossidati, i fumi della lotta di classe erano i nuovi miti? Quanto potevano essere diverse le nuo– ve maschere da quelle appena lasciate? Per me la via dello spirito presuppone– va una apertura al mondo, agli altri, l'esistenza di condizioni esterne che permettessero alle mie fobie "immagi– narie" di sfumare e liberare in me qugli strati dell'essere che la pratica della ·vita quotidiana. in una società logico-nevrotica rendevano invisibili (al punto che è diventato comune parlare dell'altro mondo, per riferirsi a fenomeni non logici); proprio in quegli anni provai a lasciar andare le mie difese: era il tempo delle comuni! Come conclusione posso dire che mai fu possibile andare oltre gli schemi che ognuno aveva assorbito nella sua vita dal comportamento degli altri e che ora credeva fossero suoi. Così persi la mia identità, senza averla mai trovata: mi forzavo ogni volta a recitare una parte, senza trovarmici bene: "I o vivo e vado, interrogando me stesso sulla

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