RE NUDO - Anno VIII - n. 60 - dicembre 1977

RE NUDO/60 LOU REED Canto la paranoia 1netropolitana "lo ed Andy W arhol creammo l'arte punk nel 1966". E' soltanto una delle sue numerose sparate mitomaniache o forse, per una volta, gli si può credere? Certo è che molti dei quindicenni che a Londra (e altrove) scalpitano per Sex Pistols, Ramones, Damned ecc., inneg– giando al "nuovo" messaggio dissacra– torio e ribelle del "Punk Rock" do– vrebbero fare un giro in discoteca e cercare sotto la voce Velvet U nder– ground. Dai quattro incredibili Lp che il gruppo capeggiato da Lou Reed produsse tra il 67 e il 70, schizza fuori un ridda di suoni in esplorazione, maledette note lancinanti (la chitarra di Reed, la viola di J. Cale), su un tappeto ritmico martellante e ossessivo (Moe Tacker, una delle prime donne alla batteria, S. Morrison al basso). Siamo per caso nella Londra del 1977? No, que!,ta è la New York di dieci anni prima. Il livello tecnico degli strumentisti è certamente modesto ma la rabbiosa, devastante genialità di chi riesce a dipingere tutta la dissociazione, l'ango– scia, la paranoia della Metropoli, è senza precedenti. I Velvet furono sco– perti e prodotti discograficamente dal regista Underground Andy W arhol, che ne fece parte integrante del suo show psichedelico e furioso: l'Explo– ding Plastic inevitabile. I testi, cantati ora da Lou Reed (una voce fredda, amante dell'urlo ma anche del tono distaccato e sfottente del bullo da strada), ora di Nico (affascinante bion– da tedesca, che reincarna Marlene Die– trich e le sue ombre di tristezza, gli scheletri del ricordo, i fantasmi di morte del cabaret tedesco degli anni 30), sono "firmati dallo stesso Lou e rappresentano la parte più emblemati– ca di tutto il lavoro del gruppo. In pieno periodo di "Flower Power", migrazioni Hippiche alla campagna, raduni oceanici (Woodstock), musica fumata e India alle porte, qualcuno nelle fogne del Greenwich Village dice: "Canto solo ciò che vedo". Ed ecco allora l'attesa angosciosa dello scoppiato che aspetta lo spacciatore sulla panchina (Waiting for My Man), l'inno stravolto deljunkie alla sua Dea Mortale (Heroin), la follia di una corsa in cui l'uomo è distrutto dalle proprie nevrosi (Run Run Run), la pernacchia anarcoide, il rifiuto di qualsiasi autori– tà. C'è posto anche per una ostentata, provocatoria omosessualità, gestita con sottile ironia "Dandy" (Some Kinda Love) o per il Sado - Masochismo dei rapporti umani cittadini, simbolizzato da immagini De Sadiane di donne in pelliccia e frustini (V enus in Furs), il tutto intercalato da brevi, liricissime canzoni in cui la rabbia lascia il posto ad immagini d'amore bisessuale, un amore ghettizzato, represso, eppure an– cora vivibile nel grande cesso Metropo– litano. Il riferimento ai poeti maledetti france– si (specialmente ai Fiori del Male di Baudelaire) non è casuale. Dopo la rivoluzione industriale e l'Urbanizza– zione, il costituirsi dei ghetti, il senso di solitudine dell'uomo in una dimensio– ne reificata e distorta all'ombra dei mostri di cemento e di finestre è stata cantata da tutta l'arte socialmente ri– voluzionaria del XXsecolo, in due modi principali: 1o) _realismo disperato 2o) negazione della realtà nella fantasia e nel sogno (in poesia ciò può essere schematizzato nella distinzione tra i Poeti "Maledet– ti" e il surrealismo posteriore). Nella musica Rock queste tendenze si trovano entrambe presenti e, a tratti, con una notevole ricchezza espressiva. Nel realismo esasperato di chi piangen– do la propria impotenza e trasforman– dola in provocazione estetica è spietato nel descrivere le fondamenta inumane su cui è edificata la Città, possiamo ricordare la rabbia negra cd emargina-

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