RE NUDO - Anno VIII - n. 59 - novembre 1977

RE NUD0/44 Perchè accontentarsi di essere scontenti? Una dlacU88ione tra amici dopo quattro anni dl pratica zen E' in corsonella nostrarivistaun dibattitosu comeaprireun discorso supratichedi vita non appartenentialla nostra cultura occidentale ma chesembrano essere in particolare sintonia colmomento. . Volendo iniziare a parlare di meditazione, scelgo il metodo della presa diretta con personeche ne sonoproforulo.mente coinvolte, ma nonin modoprofessionale o istituzionaliz– zato. In questocasosi tratta di una giovanecoppia che da quattroanni pratica lo za zen, co'!le lorostersivi spiegheranno. W.: Incominciamodal più semplice.Voi con chetecniche sieteentratinellozen? Kappa: Le pratiche, voglio dire quelle tecniche che ti vengonç> insegnate, spie– gate, e che continui a ripetere, in sè non sono nulla: lo .ta zen e il sesshin praticandoli diventano un semplice mezzo per rapportar-ti al maestro e a te stesso. Za zen è la meditazione, una tecnica che in parte varia da _persona a perso– na. Anche se tutti sono seduti davanti a un muro e sembrano uguali, in realtà ognuno i11quel momento sta facendo una cosa diversa. San zen è un colloquio diretto col mae– stro, un colloquio formale, privato, molto rigoroso, che devi richiedere, e in cui si parla solo di pratica e nient'altro. La pratica in questo caso diventa una cosa molto grossa, vieni a -scoprire che non si tratta solo di dire che hai male al piede o che ti duole la schiena, ma ti montano su pian piano altre cose, e ogni volta che queste cose le dici, ne hai delle risposte, e la tua pratica di conseguenza cambia. Questo colloquio è praticamente una meditazione parlata. Rivolgendosi al maestro in modo preciso, tecnico, ri– stretto, senza andar via con la testa, in pratica dici le stesse cose che pensi quando fai za zen. E di questo, anche se non sono segreti, in genere fra noi non se ne parla, perchè è una cosa tua, non è cosa che puoi trasmettere a qualcun altro. · C'è poi la consuetudine di fare alla fine di ogni mese un ritiro di due giorni, il sesshin, e una volta all'anno in dicem– bre un ritiro di otto giorni, in cui si alterna un'ora di za zen con un'ora di attività varie che servono come riposo. Lo za zen è fisicamente pesante perchè ti fan male le caviglie, le spalle, la schiena, ecc.; ma dal punto di vista della tensione, non è che nei tempi di riposo la cosa cambia molto. Il proble– ma a questo punto è quel che ti comi)lcia a venir fuori. E questo lo v-u u ·otec o puoi solo provare tu, facendolo. W. Tu parli di tensione.Comemai io cheho appresola meditazionein un conventobuddi– sta birmano, questa tensione non l'ho mai provata?Non eraper nientedrammatico,era invece gradevole. Kappa: Nemmeno io vivo la medita– zione in maniera drammatica. Non dico che la vivo in modo molto grade– vole: non è un divertimento, la trovo una cosa· abbastanza pesante. Non per dire che lo za zen è una tecnica dura senza paura ... ma secondo me la tecnica che tu hai praticato o funzio– nava e tu sei stato molto fortunato, o non era una tecnica ... e allora andava bene perchè ti sei semplicemente rilas– sato. Io credo che ognuno di noi abbia dentro un mucchio di cose che gli danno abbastanza fastidio. Se usi una tecnica che queste cose te le tira fuori (da seduto o in piedi, non ha impor– tanza) e te le vedi davanti, non puoi stare bene. Vedi quanto sei brutto, quanto hai da cambiare. Quanto lavo– ro devi fare per poter cambiare. Quan– te cose non funzionano per avere la tua dimensione, tutto sommato, di felicità. W.: La tecnicacheusavamonoi eraquelladi uscire da se stessi, per cui tutte le menate venivanoabbandonate, scartate. Kappa: Allora quello che usiamo noi è esattamente l'opposto: si deve rientrare in se stessi, rientrare nèlla realtà per conoscerla così com'è, e non "uscire dalla realtà" per cpnoscere una cosa esoterica. Entrare nella realtà per vederla e, se possibile, mutarla. Mutarla nel senso in cui tu senti di volerla mutare. E' vero che senti l'anelito di libertà, ma è anche vero che hai, tante cose sulle spalle che te lo lasciano sentire solo come anelito e basta. Per riuscire ad essere libero devi fare tanta fatica: per quanto riguarda me, arrivare a essere un pelino più libero mi è costato quattro anni di fatiche. E quattro anni fa io mi credevo già libero! Ero un beatnik folle, e ho iniziato a fare lo zen solo per migliora– re quella mia presunta libertà. Invece mi sono accorto che libero non lo ero affatto, e a quel punto dovevo ripren– dere tutto in considerazione. W.: Ma cosaintenditu per Libero? Kappa: Non avere più limiti tuoi. E' chiaro che i limiti obbiettivi rimango– no: il biglietto del tram lo devi pagare, devi attraversare col verde invece che col rosso se no ti arrotano ... Però questi limiti non implicano la negazione della ' tua libertà. Quando riesci ad avere tutti questi

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