RE NUDO - Anno VIII - n. 58 - ottobre 1977

RE NUD0/8 mita può dire la stessa cosa di questa pace portata da tonnellate di bombe sganciate dai B52 americani. Un de– portato russo può giudicare allo stesso modo la pace sociale che si stende sull'URSS a partire dai ghiacciai della Siberia: il suo potere sterminatore è equ~valente a quello delle cainere a gas naziste. D: E' solo questione di mezzi e di ordine di grandezza? A.G.: Questo conta ma c'è anche la nostra partecipazione. Una volta i campi di concentramento passavano per un'originalità della Germania, una malattia di alienati. Il liberale diceva: certo io non sono fascista; il comunista diceva: è l'ultimo stadio dell'imperiali– smo, l'ultimo guizzo della belva mori– bonda. Ci. si domandava se una tale barbarie provenisse dalla storia della Germania, dalle sue tradizioni, dalla sua filosofia. Ma non possiamo più considerare che l'universo concentrazio- ·. . ,. . .. narzo sia un invenzione tipicamente te- desca o nazista. La Francia ha organizzato campi di concentramento in Indocina e in Alge– ria; il Bagno di Poulo Condor in Vietnam è passato sotto il patrocinio americano e raggiunge dei vertici di orrore. La lista è lunga, fino all'URSS che per la longevità dei suoi campi di concentramento (50 anni!) e i milioni di vittime, batte tutti i records. D: La violenza sterminatrice la s1 m– contra sotto molte latitudini, ma come definisci tu la nostra partecipazione? A.G.: Una volta che ti sei detto: il campo di concentramento non è un'o– riginalità tedesca o nazista, devi esten-• dere la domanda. Nei campi nazisti le SS affiggevano "Arbeit macht frei" ( il lavoro rende liberi). Me autorità russe parlano, loro, di "riabilitazione attra– verso il lavoro". In Europa i primi campi di concentramento appaiono durante la guerra del '14 per le esigen– ze dell'industria di guerra. In breve, la religione del lavoro, l'odio per il nulla– facente, per l'emarginato, lo si incontra ·spesso in Lenin (Solgenitsin commenta molto bene la sua passione di "ripuli– re" la terra russa dalle "erbacce"). E' comune al capitano d'industria e al capo di partito, esattamente come l'a– more per l'ordine. La violenza che domina il nostro secolo dice: lo Stato sono io. D: La violenza di stato non è il solo esempio di violenza. A.G.: Quando si comincia a parlare di violenza la lingua si intoppa, il discor– so si blocca, piovono banalità e si fa della morale. Sarebbe meglio comin– ciare andando a vedere un film d'azio– ne: le immagini sono più intelligenti dei nostri discorsi. L'ultimo film di . ec o 1a È GIUSTO RIBELLARSIAL MARXISMO? "Fai quello che vuoi" ordina Gargantua, capo modello, ai suoi sudditi modello sulla soglia di quel modello di modernità che Rabelais immaginò nell'abbazia di Telema. Sottolineando: "La loro regola non conte-. neva che que5ta clausola: fai quello che vuoi!" "Il marxismo comporta diversi principi, che si riducono in ultima analisi ad un'uni– ca affermazione: è giusto ribellarsi" dice Mao Tze Tung, che si faceva chiamare "il Grande Timoniere" da 800 milioni di cinesi modello. A quattro secoli di distanza è la stessa formula. · La stessa formula brilla oggi, quando il moderno principe capo di stato o burocrate - vuole essere obbedito in maniera moder– na, indirizzando i suoi ordini alla nostra libertà. 1. La formula è radicale: l'ingiunzione è al presente e governa il futuro. Il passato è cancellato dalla mappa. Cancellato definiti– vamente: ogni ripetizione della formula è una nuova partenza da zero. Le postille illustrano questa frattura (benchè la regola si riduca, in linea di principio, all'unica clausola "fai quello che vuoi", il piano organizzativo di T elema insedia i suoi con– vittori in un anti-convento, retto da anti– regole non meno dettagliate di quelle del convento tradizionale). Allo stesso modo la .formula cinese si precisa nell'affermazione: "è giusto ribellarsi contro i reazionari". E' una _l!lacchina da guerra contro il passato. 2. La formula è rivoluzionaria: racchiude l'istante in cui "tutto è possibile" (come dice Michelet della rivoluzione francese). Definisce completamente un insieme -i te– lemiti, il popolo cinese - per mezzo dell'uni– ca proprietà che essa enuncia: l'istante in cui "tutto è possibile" si pone come atto di nascita di tutti gli individui compresi nel– l'insieme. Il mio f"me non è "depredare o t;iglieggiare gli umani, ma arricchirli e riformarli in totale libertà" promettono ai loro prigionieri i re di Rabelais. Prima della rivoluzione "la Cina è una pagina bianca" dice Mao. Nè curato, nè litigante, nè avaro, nè sifilitico, il futuro abitante di T elema dev'essere anch'egli "bianco", non segnato, cera vergine. una macchina per dare ini– zio. Un inizio assoluto. 3. La formula è collettivista, siamo liberi insieme. Pertanto solo l'insieme è libero: "grazie a questa libertà, facevano a gara nel fare tutti ciò che vedevano essere gradito a qualcuno. Se uno o una di essi diceva: "beviamo", tutti bevevano; se diceva "gio– chiamo", tutti giocavano; se diceva "andia– mo a sollazzarci nei campi", tutti ci anda– yano. Questa società sembra condannata a riprodurre all'inf"mito il proprio atto di nascita. Non vi si comunica che all'impera– tivo; come se il primo capo non potesse di André Glucksmann cedere la parola che a nuovi (piccoli) capi scelti a caso, al momento, equivalenti fra di loro e la cui autorità non si estende oltre l'ora presente ("beviamo", "giochiamo" ...) I telemiti sono montoni di Panurge ante litteram. Si vive nel presente: insieme al passato anche il futuro è abolito, in quanto carico di minacce di differenziazioni im– previste. E' lo spirito che si esprime nel "servire il popolo": un popolo di 800 milio- ni di cinesi che- servono un-popolo-di-800-milioni-di-cinesi-che... È anche nello stesso tempo un popolo di 800 milioni di Mao-Tze-Tung, vale a dire di cinesi che si fanno servire da 800 milioni di cinesi'che. .. Una macchina per sopprimere le differenze prima ancora che emergano. 4. La formula è dittatoriale. Non solo per– chè un capo (Gargantua, Mao) la enuncia, come comando esplicito (fai quello che vuoi) o implicito ("ciò che riassume in sè tutto il marxismo" non può essere nulla di meno che l'unperativo supremo: è giusto ribellarsi = bisogna ribellarsi). Molto più grave: essa instaura una disugua– glianza insormontabile fra colui che la enuncia come legge e colui che obbedisce. Il problema non si pone dal punto di vista di Gargantura o da quello del marxismo: "E' giusto ribellarsi", "Fai quello che vuoi", si può dire, si può ordinare, senza contrad– dizione. Ma sono ordini che, all'atto della loro esecuzione, sprofondano quelli che vi si sottomettono in un imbarazzo insolubile. Disobbediscimi, dice il padre. Se ti obbedi– sco, ti disobbedisco, ma se ti disobbedisco, ti obbedisco ..: Il marxismo si riassume nella formula è-giusto-ribellarsi; ma è giusto ri– bellarsi al marxismo? Se sl, siamo di nuovo al circolo vizioso. Se no, il marxismo non si lascia riassumere in quella formula, mente. lo mento, dice il Cretese: se mente, dice la verità, se dice la verità, mente. La logica moderna ha sottoposto a scrutinio rigoroso le antinomie di questo genere. Tutte le soluzioni proposte consistono o nell'escludere tali proposizioni come non– sensi, assurdità, ·o nell'accettarle introdu– cendo una distinzione gerarchica fra la proposizione e i suoi termini, l'insieme e i suoi elementi, l'enunciazione e l'enunciato. In ogni caso, una subordinazione irreversi– bile. Fai quello che vuoi, ma non ribellarti contro chi t.e lo ordina, o andrai a cacciarti in contraddizioni insuperabili. E' una mac– china che non produce che una differenza, quella gerarchica. Una macchina di gover~ no. André Gluèksmann, Les maltres penseurs, Edition Grasset.

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