RE NUDO - Anno VIII - n. 58 - ottobre 1977

RE NUD0/22 LE COMUNI SONO FACCENDE PERICOLOSE, MA I ·TEMPI SONO SENZA SPERANZA David Cooper Questa è la cronistoria di uno di noi che è stato qualche giorno in una comune agricola in Toscana A un certo punto della vita ti passa sempre davanti una comune. Questa volta decido d'entrarci. Salgo lunghe scale che perforano il centro di un'enorme cascina, e come il buco di una conchiglia portano i ru– mori di fondo: lavaggio di piatti, Pink Floyd, un bambino che chiede in ro– manesco qualcosa. Provo un po' d'imbarazzo. Spero in una buona accoglienza. Prima di entrare vogliç, manifestare la mia presenza, per non piombare come un fantasma irreale al èentro dell'inti– mità comune. Chiedo timidamente: permessooo ... Niente Entro. Qua e là giace qualche branda sperdu– ta. Vedo anche un tappetino con toro e torero. · Due comunardi stanno discutendo su come organizzare le vendite del loro artigianato, una •ragazza risciacqua al lavandino, il bambino mi dice che si chiama timoti come timoiliri. Nessuno mi caga. Ho la cattiva idea di dire che sono uno che scrive e che vorrei sapere come funziona la comune da un punto di vista economico. Ilarità, diffidenza. Rincaro la dose chiedendo se posso vivere qui per qualche settimana. In– creduli mi guardano. Solo adesso mi vedono veramente. Attesa. Silenzio. Alla fine il più autorevole, con un certo sforzo, dice: "vedremo ... dipende ..." Sono stato preso in carico. Sono un comunardo anch'io, ora. Dormo in un enorme letto di m. 2x2 con materasso in gommapiuma e cusci– no di piume. Da solo. La stanza è enorme, come tutte le altre stanze. In città se ne tirerebbe fuori un appartamento bibagno, comodo. Nella comune sono rimasti in pochi: 5. Gli altri sono andati nei posti di villeg– giatura a vendere orecchini, sandali, ocarine, ecc. ·atee Sdraiato sul letto vedo sopra di me le travi robuste incrociarsi a spina di pesce. L'estate sonnolenta e i rumori discreti della natura conciliano il son– no. Dormo per ore e ore sognando di essere nel ventre di una balena. Anche la balena è addormentata. La mattina mi sveglio in una casa che è già anche mia. Nella grande cucina c'è qualcuno che beve il caffelati:e. Mi dicono di prendere una scodella e me lo versano. E' ancora caldo. Molto buono. Adesso è arrivato il momento di appro– priarmi anche del lavoro. C'è un grande orto giù. E' infestato -da gramigne. Bisogna di– sinfestarlo a mano. Incomincio volonteroso. Dopo mezz'ora d'impegno senza ri– sparmio mi dicono che sto strappando le gramigne troppo distanti dalle pian– tine: un lavoro inutile. Riprendo con più volontà che entusia– mo. Ma qualcosa nella schiena non funzio– na. Mi fa male. La terra è troppo in basso. E' come chinarsi continuamente a rac– cogliere un oggetto che continua a caderti. E' frustrante. Non so perchè, la concatenazione dei pensieri mi porta a considerare la barba nera di Solgenitzin mentre lavo– ra nell'arcipelago Gulag, volonteroso . ma non soddisfatto. Le mie fantasie sono di razionalizzare la produzione agricola sopraelevando il piano di lavoro, come fanno i fioristi. Sono sudato. Anche la camicia è tutta bagnata, forse dovevo toglierla subito. Decido che il primo impatto col lavoro nei campi può bastare. Vado a lavarmi e a cambiarmi. La cura del mio corpo e della biancheria mi gratifica di più. Nel pomeriggio si va tutti a fare un bagno nel torrente. Mi sembra giusto: dopo la sopravvi– venza conquistata col sudore della fronte, l'enjoyment in un libero rap– porto d'amore con la natura. Si va per un sentiero .fino al fondo valle, si risale lungo il torrente sotto i rami che s'jncrociano. Il µosto dove si entra in contatto con le acque è di una imprevista bellezza. Due grandi alberi si abbracciano pro– prio sopra a una piccola cascata che s'infila senza strepito in una limpida pozza - laghetto profonda m. 2. E' un incanto. Fintanto che non ci si puccia il piede. Allora si capisce che la bellezza può anche essere fredda. Ci si tuffa nudi da un grande sasso liscio e nero. I corpi di quelli della comune sono dorati (con i capezzoli rosa le ragazze). Il mio è bianco a peli neri. Anche il nudo discrimina. Il cielo, che era così bello, si scurisce di colpo. Le nuvole lasciano subito cadere una pioggia fitta e fredda. Si corre aì ripari (che non ci sono). Si deve tornare a casa. Ci s'incammina lungo il torrente per riprendere il sentiero. Dimentico qualcosa e devo tornare indietro. Poi cerco di raggiungere gli altri che sono scomparsi al di là di una curva. Troppo tardi, sono proprio scomparsi. Il torrente scorre incastrato tra due strapiombi pieni di rovi. L'arrivo del sentiero non lo trovo più. ' Percorro centinaia di metri coi piedi nell'acqua gelida, i vestiti in mano e la pioggia che scroscia. Ho freddo. Incomincio ad avere la pelle d'oca. Poi a tremare. Non c'è via d'uscita. Tento di risalire una parete meno ripida' delle altre, ma la pioggia l'ha resa fangosa e scivolo dentro . a un cespuglio di pruni e di rose. Le mani sanguinano. Chi ha parlato di natura amica? E di solidarietà umana? Visto che non arrivo, perchè non tor– nano a recuperarmi? E' forse questa la maniera con cm eliminano gli ospiti sgraditi? Tutto è passato. Sono in cucina, la stanza più conforte– vole della casa. Dove si mangia e dove ci si ritrova tutti quanti seduti intorno a un tavolo. Il tavolo delle comune è_la comune. M'impossesso della cucina, nel senso che mi metto di corvée. Poi scopro che tradizionalmente la

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