RE NUDO - Anno VII - n. 49-50 - gennaio-febbrario 1977

RE NUD0/8 DALL'INFERNO DI VOLTERRA Questa lettera ci è stata scritta da Martino Zichittella nel maggio 1971 ed è stata pubblicata su Re Nudo n. 6. Crediameia giusto ripubblicarla ora dopo il tentativo della stampa borghese di dipingere il compagno Zicchittella come un delinquente prezzolato. Diciannove settembre 1970, sono da poco le sette del mattino, passi cadenzati si odono nella sezione, la terza superiore del Penitenziario di Volterra, una vecchia fortezza Me– dicea con tanto di mastio ove veni– vano torturati e uccisi nel crudele medio evo i nemici del casato per conto di Lorenzo il Magnifico. Qui pare che il tempo si sia improvvisa– mente fermato a dispetto del pro– gresso e della emancipazione dell'uomo nella civiltà dei consumi. Odo i passi arrestati di fronte alla mia cella la N. 23, lo scatto del pe– sante passante che blocca la porta, che viene spalancata, innanzi a me due brigadieri ed una decina di guardie, vengo invitato ad uscire, obbedisco, ed in mezzo al plotone mi incammino verso l'uscita. Faccio una domanda, mi viene risposto che non sono tenuti a darmi delle spie– gazioni, replico la domanda, mi in– formano che debbo essere isolato. Scendo tranquillamente le scale sino ai sotterranei del castello, ove dello Stato». Dove sta il cuore del– lo Stato? Nel singolo pupazzetto dell'antiterrorismo? Nel «kapò» di turno? Nel singolo poliziotto di quartiere? E poi: lo Stato ha un cuore? No, lo Stato è senza cuore. Caso– mai siamo noi che abbiamo lo Sta– to nel cuore, non nel senso che lo amiamo, ma nel senso che il Pote– re è sì esterno e nemico, ma è an– che parte di noi, parte del nostro «consenso». Che senso ha allora ripercorrere le ultime piste di un incubo? Tre morti tra la polizia, due tra i rivolu– zionari. Qualcuno potrebbe illu– dersi che in fondo il bilancio non è negativissimo e continuare con altri inni funebri («onore a que– sto ... ", «onore a quello ... ») ma per lo Stato il bilancio non è due a tre o tre a due, ma cinque a zero. Che si continuino a riprodurre come in campi avversi •assassini da un lato, ed eroi dall'altro, è un suc– cesso dello Stato. con mia grande meraviglia altri miei compagni sono già stati condotti prima. Vengo introdotto in una cella con un letto di contenzione al cen– tro, mi spogliano completamente nudo, intorno ci sono una ventina di guardie. In un istante mi sono addosso con calci o pugni, cerco di coprirmi, gri– do, chiedo il motivo di quel linciag– gio, ricevo altri calci, altri pugni, con una cattiveria ed una selvaggità. mai vedute. Fortunatamente la lun– ga pratica sportiva, la difesa del ka– raté e la robustezza fisica acquisita praticando il sollevamente pesi ne– gli anni passati, mi sono di aiuto a parare molti colpi, che avrebbero potuto provocarmi serie lesioni. Odo gridare anche gli altri compa– gni nelle celle accanto, addirittura piangere e gemer.e di dolore. Un po– deroso pugno mi raggiunge in pieno ' ' volto, mi sanguina il naso, conti– nuano a picchiarmi, selvaggiamen– te, quasi la vista del sangue li aves– se infuriati di più, proprio come l'istinto degli animali feroci, sto per crollare, nonostante la mia resi– stenza fisica. Smettono, mi trasci– nano nel corridoio ove in uno stan– zino c'é un lavabo, mi ordinano di lavarmi il volto che è ormai una ma– schera di sangue (forse temono che mi restino troppi segni evidenti), vengo spinto ancora fuori del corri– doio, vi sono ad attendermi un nu– mero considerevole di guardie, di– sposte ai due lati, vengo di nuovo preso di mira, infieriscono ancora, soprattutto con calci, il dolore mi fa annebbiare la vista, mi ritrovo pesto e dolorante nella cella, completa– mente nudo, mi alzo da terra a fati– ca, cerco di adagiarmi sul letto, mi gira il capo, la nausea, vomito, tor- . - ........

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