RE NUDO - Anno VII - n. 49-50 - gennaio-febbrario 1977

RE NUD0/35 Appunti per una teoria zombie del «deperimento della politica» Il leninista classico è un mammifero in via di estinzione, poi la crisi del Partito, la crisi della classe e la crisi della politica ... Ma questo non è che l'inizio di una lunga marcia attraverso un dibattito sul «che pensare» aperto su Re Nudo da Pierino il Rosso (n. 43) e che continua Gianfranco Manfredi alias Copcon con questo intervento. David Cooper nel suo libro «Gramma– tica del vivere» dà questa definizio– ne-ridefinizione di «politica»: «Quan– do parlo qui di politica e di rivoluzione non ne estendo, come potrebbe sem– brare, i concetti oltre l'uso che se ne dà comunemente; mi sforzo piuttosto di dar loro piena dimensionalità. La politica è connessa con l'uso del po– tere a/l'interno di o tra entità sociali: introduco qui una distinzione ab/ite– rabile tra lo stato sociale umano (di cose) e gli altri stati (di natura). Così facendo non mi allontano dal signifi– cato della parola greca politeia che significa sia cittadinanza, sia la con– dizione di uno stato. Desidero sotto– lineare la distinzione «ab/iterabile» tra lo stato di natura umano, sociale, e gli altri stati, perché, per quanto ci sia una differenza qualitativa e non soltanto quantitativa, tutti fanno par– te di un solo essere e quanto è al di là dell'es~f;re umano, un al di là nel qua– le ci tuffiamo con un atto esperienzia– le di «obliterazione», e al di là di tutto quel Solo Essere - donde la morte dell'«unico e solo» Dio - e oltre il salto trascendente in quello che è al di là del dio cui ci hanno edotti». Ci sarebbe parecchio da dire sull'uso che Cooper fa di certi termini («stato di natura», «entità sociale», politeia, «qualitativo-quantitativo» ecc.) ma quello che è più interessante notare è, a partire dalla definizione di «politi– ca», questo uso «mutante» (in Cooper «trascendente», in altri «trasversale») di concetti e categorie. Nonostante quanto ne dica Cooper, si tratta pro- prio di «estensioni» o «dilatazioni» che esprimono una tendenza verso la globalità, di categorie separate. Que– sta «ricomposizione teorica» ha alla sua base un fatto: la crisi delle vec– chie categorie nel loro tentativo sepa– rato di esprimere globalità, cioè la cri– si della teoria come comprensione unitaria dei fenomeni dentro i domini della separatezza. Crisi di cui hanno fatto esperienza tutte le scuole non escluse le due imperanti: marxismo e psicoanalisi. Ma questo bisogno di «ricomposizio– ne teorica» (parallelo alla «ricomposi– zione pratica» nel movimento degli strati separati) mi pare debba essere messa radicalmente in discussione (così come quella «pratica»). L'uso e il diffondersi di termini «ten– denziali» o «mutanti» non mi pare pro– duca una reale uscita dal dominio del separato, né tantomeno la possibilità della ripresa di un lavoro teorico (che non necessariamente deve porsi ob– biettivi totalizzanti, anzi. ..). Si pre– scinde dalla critica severa (in certa misura «interna») delle categorie di cui ci serve, spesso ci si appoggia l'un l'altro come i noti ciechi: ciechi i marxisti nella critica di categorie psi– coanalitiche, ciechi gli «analisti» nell'analisi del marxismo teorico e storico. Ecco allora i fantasmi delle scuole unirsi nella contemplazione dell'altrui presunta, sperata, carne ideale. Mostrare la putrefazione mi pare invece essere al momento l'uni– ca via feconda per comunicare. Come a livello del movimento mi pare si debba deporre il sogno d'una ri– composizione ora tutta ideologica e percorrer~ la strada delle separazio– ni, delle specificità, così analogo «settarismo» mi pare sia necessario sul piano teorico. Senza questo per– corso che va a scarnificare le cate– gorie proprio come diverse, che ne conosce gli zombie cioè i cadaveri vi– venti senza dimenticarne la natura cadaverica ma cercandone anche le ragioni di vita, senza questo percorso sarà difficile poter trovare nuove ca– tegorie che non siano dilatazione-fu– sione-confusione delle vecchie.

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