RE NUDO - Anno VII - n. 49-50 - gennaio-febbrario 1977

RE NUDO/10 ,, «E TU PERCHE NON TI BUCHI? ... » Una ragazza ex tossicomane racconta al registratore cosa pensa dell'eroina nove giorni dopo il distacco dal buco. Interlocutore-pretesto per il monologo è Luigi Esposito, uno psicanalista che interviene al Tufello (Roma) che riesce a disintossicare attraverso una pratica umana dei rapporti, cioè negando il rapporto medico, farmacologico, professionale, di tutti coloro che considerano il tossicomane un malato da curare ... Dire ad un tossicomane che l'eroina non esiste è una cosa mostruosa. È inutile. Non provare mai a dirglielo se lo vuoi aiutare a disintossicarsi: si allontane– rebbe da te subito, in qualche modo. Ma sbattergli in faccia questa verità, realizzata materialmente e realizzata sulla pelle del suo stesso cervello, È TUTT'AL TRA COSA. Come fai a dire ad un tossicomane che l'eroina, la polverina, come ele– mento materiale in sé, non è droga, che la droga è dentro il cervello di noi tutti, e che, casomai, il fatto di bucare stimola e mette nel massimo risalto, materializzata, questa droga che già esiste nel nostro cervello. Neanche un profano, in genere, ci penserebbe mai: figuriamoci un tos– sicomane, che ci ha costruito sopra una religione, un' «ideologia» e una vita sociale tutte sue, cioè ha messo se stesso al posto dell'eroina, e l'ero– ina al posto di se stesso. È come dir– gli: «Ehi, tu non esisti». La droga è una necessità propria a tutti, e consiste nel tentativo di elimi– nare la totalità imperfetta delle Cose della vita che ci fanno soffrire (soffe– renza = morte), e sostituire questa totalità con qualcosa di unico e «per– fetto» (che, essendo unico, è tipica– mente assuefattivo), che dia l'illusio– ne di felicità = stare ben·e, ma che porta al tempo stesso all'assuefazio– ne-angoscia = stare male. A volte il tossicomane pensa di tro– varsi dentro un processo magico. lo, per esempio, mi rivolgo spesso di preferenza a Luigi, perché, inizial– mente mi dico, lo può capire lui; forse anche perché molti discorsi che ri– prendo li ho fatti con lui, specie i di– scorsi su come sono uscita dall'eroi– na. Ma in ciò c'è una buona parte di que– sta maledetta tendenza ad unicizzare le Cose, e mai considerarle nella loro Totalità. Da quando mi sono staccata dall'ero– ina ho percorso con la testa miliardi di chilometri in confronto ai pochi che ho percorso bucando. Eppure sono solo 9 giorni che ho smesso. Ma sono partita come un razzo, non appena ho iniziato a stare meglio dai dolori di astinenza; più il grafico scendeva, più, in modo inversalmente propor– zionale, il mio cervello, che era abi– tuato ad avere con la realtà un rappor– to passivo ed ovattato, cominciava a muoversi, conscio di avere ancora una sua mobilità, e poi ha iniziato an– che a correre, a velocità sempre mag– giore, finché c'è stato un momento in cui andava talmente sparato che non l'ho più visto. È stato un attimo. Poi mi sono resa conto che ero andata in aci– do. Questo è successo perché io ne sentivo una profonda necessità, però ero inibita dal farlo nel senso di inge– rirlo, perché mi sento ancora l'organi– smo un po' troppo debole dopo la ba– tosta della disintossicazione. È stato un acido sconvolgente, perché la po– tenza del mio cervello era ampiamen– te moltiplicata rispetto a prima. È sta– to un brivido totale. Tu ieri hai notato che io dico «da quando ho smesso» come si dice «da quando sono nata». Bhé, all'incirca, le cose si assomigliano: in pratica mi sono risvegliata. Perché resta il fatto che io, non molto tempo fa, vivevo. Nei giorni che sono stata all'ospedale in astinenza ho sof– ferto in un modo disumano, varie volte mi ha sfiorata l'idea del suicidio, mol– te volte piangevo perché non ce la fa– cevo più a sostenere il dolore fisico. Ma il dolore l'ho sostenuto, invece. Quando bucavo ciò che non riuscivo a sostenere era quella che io chiamo scimmia, e che per me si identificava in un'insofferenza insostenibile a tutti i muscoli e quasi tutti i nervi, quindi ad ogni posizione o stato del corpo. Questa scimmia qui, durante il perio- do all'ospedale, non si è mai fatta viva; sono rimasti solo i dolori veri e propri, sempre più ascendenti prima, fino ad un.-punto massimo in cui per un pomeriggio sono veramente anda– ta via di testa; sono impazzita (male) per quel pomeriggio, affogando nel dolore. Ma la possibilità di sostenerlo l'ho avuta, cosi come ne avrei anche avu– to la possibilità di non sostenerlo; e questo perché la mia volontà era libe– ra. Ho scelto di poterlo sostenere. Le possibilità erano pari: 50% e 50%. Dunque passata questa fase o scelta, è arrivata quasi magicamente la di– scesa del dolore. Anche quando bucavo, ciò che consi– deravo il vero e proprio insopportabile

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