RE NUDO - Anno VII - n. 46 - ottobre 1976
DI KOLOSSALE C'È SOLO LA NOIA ovvero invito a non butta– re via i quattrini per vedere No– vecento e Barry Lyndon. MILLE LIRE ALL'ORA Come chiamereste uno che una sera va ·a vedere Novecento (durata ore tre) e la mattina do– po Barry Lyndon · (durata ore tre)? Direste che è da ricovero. Dato che io ho compiuto questa me– morabile impresa, vorrei la– sciarvi le mie ultime memorie prima che arrivi~o gli infermie– ri. 1. Novecento e Barry Lyndon, oltre che la durata; hanno in co– mune una scelta figurativa che vale la pena di sottolineare. Si parla di secoli andati e la foto– grafia li rappresenta nei termini coloristici e formali in cui ce li hanno presentati i dipinti dell'e– poca. Questa scelta, per i regi– sti fonte di grande soddisfazio– ne e per i critici "piena di rigo– re", per me è una kolossale kit– cheria. C'è da riderci su e da•ri– fletterci. Da riderci: vi immagi– nate un film sull'antico Egitto con tutti gli attori di profilo? O sull'antico Giappone con tutti gli attori uno sopra l'altro? Da rifletterci: è vero che per rac– contare cinematograficamente un'epoca è necessario rifarsi all'immagine figurativa che quest'epoca dava di sé? Ed è possibile rifarsi realmente a quest'irflmagine? A entrambe le domande risponderei di no. Le immagini che un'epoca dà di sé sono sempre dentro una cultura e dentro un'ideologia. Che sen– so ha estrapolare le immagini in sé e per sé, presentandole co– me pseudo-oggettive? Vuol dire accettare la Realtà dell'Ideolo– gia e rendere Ideologica la Realtà. Pensate a un film sul– l'età Napoleonica che ne risol– va la rappresentazione in chia– ve neo-classica. Sceglie come realtà quella che la cultura do– minante ha pensato dover es– sere la propria rappresentazio– ne della propria realtà. Ma già Marx scrive al proposito che i Rivoluzionari francesi convive– vano con l'immagine degli anti– chi come con dei "fantasmi" di cui presto avrebbero fatto a meno. Ha senso allora prende– re per "vero" la falsa coscienza che una classe ha avuto di sé? Ha senso solo se quellp che si vuole rappresentare non è l'esi– stenza dèlla classe, ma solo la sua immagine ideologica. E questo non vale sofo per le classi dominanti. Ha senso per esempio . rappresentare la realtà delle masse popolari del– la fine del secolo scorso attra– verso i dipinti di Courbet? Ha senso solo se della classe si re– cepisce acriticamente un certo livello ideologico che per di più _inquesto caso diventando tout court "realtà della classe" di– venta la "reale storia della clas– se"_. C'è poi da tenere in conto anche un altro fattore. L'imma– gine cinematografica va a ri– produrre (per imitazione) quel– la pittorica. Solo che i colori d'un quadro sono fatti di terra, sono impastati di contempora– neità, ne contengono la mate– ria, mentre l'immagine fotogra– fica è una proiezione nel vuoto di luce incorporea. Ecco allora l'inganno: l'imitazione/interpre– tazione di una "realtà ideologi– ca" a sua volta imitazione/in– terpretazione della realtà. La contemporaneità, il rigore, so– no del tutto apparenti: l'unica vera protagonista resta non la storia· ma l'apparenza. L'ideolo– gia di oggi che va a riconoscere come reale l'ideologia di ieri e nella sua apparenza di rigore storico,-si eternizza e si sottrae alla critica del presente, na– sconde la sua soggettività die– tro la pseudo-oggettività foto– grafica. Questa scelta in Bertolucci è coerente alla totale ideologicità del suo film, della sua rappre– sentazione delle masse e delle persone, che non sono reali soggetti ma "tableaux vivants". Ideologia del movimento conta– dino senza i contadini (altro che balle nelle dediche), ban-– diere rosse tutte ben stirate (lotta di classe come coreogra– fia). In Kub_rick questa scelta va a rinchiudere un universo nostalgico che mentre si pre– senta come riscoperta delle "persone" e della loro umanità diversa (belli e brutti, buoni e cattivi) ne riscopre invece solo l'immagine stereotipata, i truc– chi, le imbellettature, le ombre, il linguaggio scritto presentato come lingua parlata, le _vesti e gli ambienti quali se li aspetta il turista americano che va in va– canza a Versailles. 2. Vediamo un po' più da vicino il film di Bertolucci. Parlo solo dell'Atto I, anche perché spero vivamente di non commettere l'errore di andare a vedere an- che il Secondo. La cosa che salta veramente Aali occhi di tutti e che viene a galla esplici– ta anche nei discorsi della gen– te che esce dal cinema, è che nel film non succede un cazzo. Si ha sempre l'impressione di essere all'antefatto di qualco– s'altro che deve venire dopo e che sarà sicuramente il mo– mento importante e decisivo. Ma questo qualcosa non arriva mai. Dopodiché viene sponta– neo dare ragione agli americani che chiedono la riduzione del film di almeno un paio d'ore (e sono ancora buoni). Rimane solo qualche situazione d'infan– zia in campagna e qualche mo-
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