RE NUDO - Anno VII - n. 43 - luglio 1976

. -- La comune di Marx, ma anche la comune di Rimbaud ~~;- ; - - ; ~'-' - - - ==-- -=-= . - - -=-ij"' - - - . ": ' . - - -. - ... ~ . ·- { ' 1) NB: IMPORTANTE: NON LASCIAR PERDERE I 7 ANNI E TENER FERMO AL MARE VIOLENTEMENTE PRESENTITO. A 7 anni succedono molte cose. È infatti la dolce e innocente infanzia. Flaubert scriveva - ma, NB, nel «Dizionario delle ovvietà» -: «Prima comunione: è sempre il giorno più bello della vita». I Parenti ci ricordano come eravamo: dolci, divertenti, affettuosi, vezzeggianti, magari irrispettosi ma carini, e così via e così per sempre. È questa l'infanzia che sono disposti a lasciarci. Quella che serve a rassicurare loro. L'innocenza è il valore di scambio dell'Infanzia. In cambio di cosa abbiamo avuto amore protezione garanzia approvazione baci e abbracci? Della moneta infantile per eccellenza: innocenza +obbedienza. Innocenza+ Obbedienza= «Bravo bene bis» Che cosa abbiamo invece avuto in cambio delle nostre ostinate voglie, delle solitarie masturbazioni, dei toccamenti di gruppo nelle soffitte umide degli oratori, dei desideri di contatti fisici, della sete di forme di corpo, di umori, di realtà? Silenzio, riprovazione e sberle. Quelle voglie e pratiche, non si danno, non esistono, non devono esistere. Non sono un valore di scambio. Mirano troppo al valore d'uso, al concreto. al differente. Dovere di ogni buon cittadino -è esistere come buon cittadino uguale di fronte alla Legge. Il resto son cazzi suoi. Dovere di ogni buon -bambino è di esistere come buon bambino di fronte alla Legge (dei Genitori). 11 resto son cazzi suoi. Poi si diventa adulti: da innocenti birichini a buoni cittadini. Da valore di scambio a valore di scambi0. Con scambio pure di ruoli. A nostra volta, producendo figli produciamo altre infanzie. Buoni cittadini che hanno buoni figli. Tutto secondo Norma. Ma qualcuno ha parlato, come Rousseau, altri hanno rivendicato il loro ruolo di spia, come Rimbaud; infine persino un dottore, il dottor Freud, ha violato il paradiso dell'infanzia con non cancellabili spiate teoriche. In quel paradiso ci sono entrati il succhiare l'evacuare il distruggere il riparare il pisciare il desiderare l'odorare il godere l'edipo, e il tutto in compagnia di sadismo e masochismo. Dalla finestra della anormalità si sono introdotti ad aprire la grande porta della Normalità. E a finistre e a porte aperte la dolce e soffusa penombra del paradiso dell'infanzia mostra contorni e rilievi finalmente a chiaroscuro, più decifrabili, più vicini ai nostri ricordi (non ai loro racconti). A quanto possiamo e dobbiamo ricordare per avere .unastoria una identità che coincida con le nostre contraddizioni e i nostri desideri _specifici. Ricordi e racconti dunque (e foto: come non coincidono le vostre foto di 7 anni coi racconti loro!). Racconti re– interpretati a partire dal nostro io di oggi e con un orecchio al suggeritore canalitico. Dunque: racconti foto ricordi per sapere i nostri sette anni. riviverli. risalire oltre. tornare aila Madre. al feto. ai nonni. a tutto il nostro fondo. Non come operazione di restauro . del quadro del nostro passatò (chi se ne frega). ma come 27 operazione di identità al presente e al futuro, da cui - escemento secondario - si ricompone il nostro passato. Ma veniamo ai 7 anni di Rimbaud: cosi come li ricordava nel 1871, a 17 anni. in una poesia: E la Madre, chiudendo il libro del dovere, Se ne andava, contenta e fiera; non vedeva, Negli occhi azzurri, e so.tto la fronte prominente, L'anima del figliolo colma di repugnanza. Per tutta la giornata trasudava obbedienza; Di grande ingegno; eppure, nere manie e manier_e Rivelavano in lui un'acre ipocrisia. Nei corridoi oscuri dai parati muschiosi, Faceva le boccacce, stringendo i suoi due pugni All'inguine, e negli occhi chiusi vedeva punti. Una porta si apriva nella sera: la lampada Lo vedeva, lassù, rantolar sulla rampa, Sotto un golfo di luce che pendeva dal tetto. L'estate, vinto, ottuso, si ostinava caparbio A rinchiudersi dentro la frescura dei cessi: Lì pensava tranquillo, dilatando le nari. E quando, ripulito dagli odori del giorno, L'orto dietro la casa, l'inverno, s'illunava, Seduto sotto un muro, sepolto nella marna, E schiacciandosi gli occhi per avrere visioni, Udiva il brulicare delle spalliere putride. Che pietà! Suoi compagni erano solo quei bimbi Che, grami, a fronte nuda, cogli occhi liquescenti, Celavano i ditini, gialli e neri di fango, Sotto vecchi vestiti che puzzavan di sciolta, E parlavan coi modi miti degli idioti. Se, dopo averlo colto in turpi compassioni, Sua madre si spauriva, la grande tenerezza Del bimbo si sfogava sopra quello stupore. Era bello. Ella aveva lo sguardo blu - che mente! A sett'anni faceva romanzi sulla vita Degli immensi deserti dove splende, rapita, La libertà: Foreste, soli, rive, savane!. I giornali illustrati gli erano d'aiuto; rosso, Egli guardava ridere spagnole e italiane. Quando, occhi bruni, matta, vestita di cotone, Veniva la figliuola dei vicini operai, e quando quella bimba brutale gli saltava Sulla schiena, in un angolo, e scuoteva le trecce, Standole chino sotto le mordeva le natiche: Di mutandine, quella, non ne portava mai; - Lui, pesto ed ammaccato da pugni e da pedate, Portava nella camera quel sapore di pelle. Paventava le squallide domeniche invernali: Allora, impomatato, su un tavolo di mogano, Leggeva in una Bibbia di color verde cavolo. Nell'alcova, ogni notte, i sogni l'opprimevano. Dio, non l'amava; amava però gli uomini Che nella sera fulva, neri nei camiciotti, Tornavan nei sobborghi dove dei banditori Fanno, intorno agli editti, ridere e urlar la folla. - Sognava praterie ebbre di amore, dove Onde di luce, bals .:ni, pubescenze dorate Si sommuovono I nte e prendono lo slancio!

RkJQdWJsaXNoZXIy