RE NUDO - Anno VII - n. 43 - luglio 1976

17 Intervista a Jerry Rubin: "RIPRENDIAMOCI IL CORPO" Jerry Rubin da attivivista radi– cale a fautore dello sviluppo umano e della politica illumina– ta. D. Nel capitolo «Vita come radi– cale negli anni '60» fai questa dichiarazione: "il pizzicotto economico riassorbì i protesta- tari nel sistema. Per poter so– pravvivere, le barbe furon~ ta– gliate, la gente tornò al lavoro del padre la generazione se– guente ci vide come una nuova «istituzione»". R. «... il movimento di massa come lo avevamo conosciuto era terminato. L'azione produs'.: se la reazione. La gente voleva guardare alla reazione, essere, pensare, provare, meditare. Provare divenne un desiderio più forte del fare. Quando dici: la generazione seguente ci vide come una nuova istituzione e si ribellò andando dall'istituzione, quella vera del sis~ema, descri– vi quello che sta succedendo in molti campus do_vec'è chi vuo– le riuscire nel sistema rinun– ciando a· lavorare semplice– mente sopravvivendo nel siste– ma. Nei sessanta vi era un forte elemento di sacrificio, una forte consapevolezza della povertà. C'era un sentimento per cui se avevi denaro dovevi sentirti col– pevole, nessuno doveva essere veramente interessato a se stesso, si doveva essere inte– ressati alla gente povera. Era I '70 vi fu una reazione contro questo stato di cose che risultò in due elementi, primo nel mo– vimento dello sviluppo umano che afferma che lo scopo della vita è il piacere; la cosa più im– portante è essere felici, avere la tranquillità mentale e godere dei sensi. Economicamente ri– sultò che molti dicevano: non c'è niente di male a fare del de– naro non c'è niente di sbagliato nel riuscire nel sistema. Questa è la prima contraddizione tra i 70 e i '60. Per quanto riguwda i campus universitari è un pezzo che non ci metto piede. D. La tv ed i giornali spesso di– cono che _neicampus va tutto bene e che quello dei '60 è sta– to un movimento di follia mo- un ambiente marcato da una "'· forte colpevolezza e una poten– te reazione a questo stato di cose era inevitabile. Fonda– mentalmente penso che un mo– vimento per sopravvivere ha bi– sogno di denaro; ci trovammo in un vicolo cieco: per sopravvi– vere vi era bisogho di denaro ma se facevi i soldi non eri radi– cale. L'altro giorno qualcuno mi disse che il movimento contro- .culturale è per la maggior parte organizzato su delle basi preca– pitalistiche, botteghe, laboratori e cosi via di conseguenza i grossi conglomerati. di capan– noni ed industrie appaiono forti ed indistruttibili. Penso che nei mentanea ora ridimensionato. R. Forse la paura più che una scelta ha determinato questo che secondo me è un fenome– no temporaneo, penso che la costante è vivere la vita in pie– no vivevamo la vita ,intensa– mente fino ad arrivare sotto la canna della pistola di un poli– ziotto. A Kent State 4 ragazzi furono uccisi, c'erano in corso dei piani diabolici per colpire fi– sicamente, uccidere i ragazzi ribelli. Questo ha creato la ri– chiesta: «Dammi un posto sicu– ro. dammi una spiaggia su cui sdraiarmi». lo ad esempio uscii di prigione nel 1970, la maggior parte dei miei amici parlava di andare nella. clandestinità un– derground se non buttavi bom- be non eri più radicale. Eri un borghese. Se non avevi una pi– stola eri disarmato di fronte alla repressione poliziesca, la sce– na diventava sempre più pesan– te. Me la facevo addosso tanto ero spaventato. Ricordo di aver beccato «Self portrait» di Dylan uscito in quell'epoca, lo ascol– tai e mi dissi «La gente non andrà in messa nella clandesti– nità degll'underground, la gente non andrà a comperarsi la pi– stola, il movimento morirà di questa tendenza pesante di an– dare sempre più «forti» ogni sei mesi.. Se guardi ai sessanta è tutta una progressione, per lo meno a livello politico, iniziammo con incontri e petizioni, passammo ai teach-in. Poi si disse andam– mo, siamo rimasti seduti abba– stanza e la gente iniziò a mar– ciare. Marciare non fu più suffi– ciente e cominciammo a bloc– care i palazzi, poi bloccare i pa– lazzi non era ancora abbastan– za e infragemmo i vetri. Un giorno superammo il punto e lo facemmo saltare. Dov'è che vai · a finire, caschi nel burrone! Oggi siamo nel '70, questa si– tuazione doveva verificarsi per permettere poi ai. '60 d1ripeter– si, cosa che probabilmente ac– cadrà 'alla fine dei settanta o inizio degli ottanta. Considero quello che sta succedendo un riposo, la gente sta tirando il fiato, cerca di rilassarsi, di gua– rire e di rinforzarsi; il guaio è che la gente ha la tendenza di considerare permanente ogni situazione temporanea, io non sono più nella politica perché a questo punto è1 meglio non es– sere coinvolto dalle battaglie militanti, ma andare all'interno di noi stessi e guarire le nostre ferite personali. D. Si tratta dunque di un perio– do di rinnovamento in prepara– zione di ulteriori azioni. R. È un periodo di studio, di rin– novamento, di chiarificazione, sono molto .impressionato dalla comunicazione che esiste tra la

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