RE NUDO - Anno VII - n. 43 - luglio 1976

14 PRO MARX E PRO NOBIS Caro dottor Re Nudo, ho pensato che forse Lei è nudo, ma che noi straripiamo di mutande, calzini, camicie, brache, giacche e spec– chiettini. E ho pensato che i corpi che ne sbucano fuori sono flaccidi e rigidi (flaccidi e rigidi? suona male). Al– lora mi è venuta in mente la «politica». Sarà un caso ... Comunque Le mando questa cosa. In ogni caso: perché non dire come sentiamo la «politica»? Lo dica ai suoi amici, Lei che ne ha tanti, di scriverlo anche Loro. Suo P. il R. 1 «ALLEANZE»? Se Marx spiegava perché non si deve provare nessuna meravi– glia di fronte ai radicali cambia– menti - di idee e di realtà - im– plicati dal corso e dallo sviluppo della rivoluzione comunista, og– gi forse dovremmo invece invi– tarci alla meraviglia di fronte al minimalismo che il movimento comunista esprime come pro– gramma massimo. Le eccezioni - e grosse - non mancano. Emerge - sotto le forme più dif– ferenti ·_ l'esigenza del nuovo: ed emerge in modo sempre più diffuso su tutta l'estensione e la profondità del tessuto sociale. Da alcuni anni non esiste una forma di relazione o una istitu– zione capitalistica (o del «so– cialismo realizzato») che non sia stata investita da lotte - di fatto o in tendenza - di massa e di contenuto radicale. La «ricostruzione» postbellica ha chiuso un ciclo andato bene: ma lo ha chiuso male. Con una terribile perdita di credibilità del proprio modo d'esser economi– co, politico e personale. Ma il potere è ancora là. Non è più il solo salario a scon– trarsi col potere: né il lavoro sa– lariato con i suoi tradizionali «alleati». Di questi «alleati» al– cuni hanno cambiato di campo: da borghesia nazionale alleata del proletariato internazionale a borghesia nazionale alleata del– la coesistenza pacifica e re– pressiva del proprio «popolo» (o classe operaia: erano 60000 mila i tessili repressi lo scorso anno in Egitto per i loro scioperi definiti «antinazionali»). Altri «alleati» o sono stati proletariz– zati o hanno mostrato la loro poca importanza, o hanno as– sunto veste nuova (per es. di intellettuali salariati o disoccu– pati o sottoccupati), o sono or– ganizzati dalla materialità a una opposizione che passa per vie (profonde) e aggregazioni (le più svariate) non tradizionali: donne, giovani, omosessuali, negri, minoranze emarginate e definite «asociali», «pericolo- se», «matte». In comune hanno l'estraneità al mondo adulto, maschile, normale: al suo lavo– ro e alle sue istituzioni. Non può trattarsi di vivere per lavorare o di lavorare per soppravvivere. Non può più trattarsi di essere cittadini o mogli. L'intersezione non è ovvia; l'al– leanza non è scontata. Le con– traddizioni sono molte. L'ope– raio è oppresso; ma. se è ma– schio adulto normale non può a sua volta non opprimere: suo fi– glio, sua moglie, il suo compa– gno di lavoro omosessuale. Op– pure può essere tollerante e/o paternalista. In questa vita è organizzazione di vita è così. Ma tutti hanno un interesse a sopprimere il mondo del sala– rio; la metà a togliere il ruolo di «donna»; un buon terzo a toglie– re il ruolo di figlio o figlia; mol– tissimi a togliere ruoli attivi e passivi, maschili e femminili ecc. ecc. Gioe «oggettivamente» tutti hanno 1/2/3/4 interessi a di– struggere questa vita,. E «sog– gettivamente»? E quanto alla «coscienza»?. È ormai necessario chiamare in causa, «al primo posto» la «sog– gettività». Quella «operaia», ma non solo: se il mondo borghese è salario, ma anche famiglia Norma e Prestazione, in gioco, (per il comunismo) è una sog– gettività ben più ampia, e per– ciò una oggettività e una mate– rialità ben più ampia. Freud lo diceva cosi: «ognuno ha molte anime collettive»: e Freud si ri– feriva anche all'inconscio e al desiderio: quale «alleanza» si dà, tra gli individui e dentro un individuo, tra queste anime col– lettive, oppure per es. tra donne e classe operaia? O tra i loro in– consci storici? La tentazione ancora vivente e prevalente è quella di scrivere: contraddizio– n.i principale e contraddizione secondaria; contraddizione col nemico e contraddizione in se– no al popolo. E morta lì. Non sei bra però che, tra di noi e den ro ognuno di noi, la ricom– pos zione (se si dà) sia data dall'unificazione politica di un Partito - sia pure dal «volto umano». O di un partito più mo– vimento di massa. Non la «presa del potere», ma il suo contenuto taumaturgico è crollato di fronte al problema della soggettività, dell'incon- scio e del desiderio. : Dunque: anime collettive di .tut– to il mondo: autonomizzatevi e contraddicetevi ! Che la diffe– renza e l'i$ntità vengano ad esistere! Rubiamo la marmella- ta alla mamma! . Ma non con Marx, forse, pere:>, dopo Marx senz'altro, la «co– scienza» diventata Partito, e con ciò il comunismo è diventa– to «Dittatura del Proletariato» e pura «presa del potere». Erano tempi di sviluppo imperialistico, di operai professionali, di gran– di oceani contadini: di «pane, pace, lavoro e libertà». Erano i tempi in cui Lenin scriveva a Ines Armand ... Ed ha anche funzionato, laddo– ve teoria e pratica di Partito hanno saputo cogliere l'ora concreta nella situazione con– creta, con gli alleati concreti. Ma è stato problema di potere e di distribuzione; di socialismo. Come anche in Cina. Anche se, nel primo caso, l'e.sito non era dato in partenza. E, nel secon– do, fatti e progetti come la Ri– voluzione Culturale mostrano uno sviluppo delle forze produt– tive e un progetto socialista qualitativamente diversi. Ma oggi Lenin non scrive a Ines Armand; e se scrive o le rispo– ste sono ben diverse o non ven– gono nemmeno imbucate ... 2. PARALLELISMO E RADICA– LITÀ Russia, Cina. E in Occidente? Dov'è oggi la coscienza della classe? O la coscienza di quelli che è ormai archeologico chiamare «allea– ti»? Lungi dai partiti socialde– mocratici e riformisti che incar– nano invece l'ultimo tentativo di riidentificazione al lavoro e di buona «cittadinanza» al di qua di ogni identità e desiderio spe- cifico, la «coscienza» nella misura in cui esiste - è stato riassorbita dalla classe e dagli «alleati». Non ci sono più Partiti a rappresentarla; solo un movi– mento di classe e di liberazione che a volte si serve di sindacati, organizzazioni, partiti, gruppi. Il che vuol dire che Marx aveva ragione: lo Stato andrà distrut– to. Certo i gruppi (ma ormai tendono a chiamarsi «partiti») sono su un piano di maggiore radicalità, almeno sul terreno economico; interpretano più da vicino i «bisogni operai». Ma im– maginare la soluzione in una lo– ro crescita «partitica» è dispe– rato (N.B.: a scanso di equivo– ci: un voto lo dò a L.C.; certo nessun voto al PCI; forse uno ai radicali). Sembra dunque che manchi Organizzazione. Eppure: la rivolta internazionale degli studenti s'è verificata; il maggio francese s'è verificato, e così il 68/69 operaio in Italia. E di organizzazione adeguata ce n'era ancor meno di oggi. E ci sono state la Cecoslovacchia e la Polonia. Ecc. Eppure: i movimenti di libera– zione (delle donne e degli omo– sessuali; della contestazione giovanile e delle comuni; nelle carceri, nelle caserme, negli ospedali psichiatrici) hanno po– sto concretamente obiettivi e progetti che dieci anni fa erano a una distanza stratosferica per la loro radicalità ed hanno an– che trovato be'ne o male il mo– do di esprimersi in forma orga– nizzata. Lavoro, famiglia, normalità, di– ritto, stato hanno - rispetto ai lustri passati - perso enorme– mente di credibilità: appaiono sempre più nella loro forma nu– da di potere. Anche la crisi - che è riuscita a giocare tin ruolo di costrizione al lavoro (di «ri-affezione»!) e a determinare anche un riflusso del movimento operaio: non bi– sogna mai dimenticare in nome della radicalità degli obiettivi quanto potere è contenuto nel salario come coazione alla pro– pria riproduzione in quanto tor-

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