RE NUDO - Anno VII - n. 42 - maggio 1976

12 PIU' ULTRA' CHE DI QUA' Sulla questione: sono di più provocatori o i vigilantes? «STRATEGIA DELLA TENSIO– NE»? Scoppi di qui, incendi di là e i soliti grilli parlanti che ritirano fuori la «strategia della tensio– ne»: non c'è che dire: questa «strategia» è abilissima infatti ha prodotto in sei-sette anni là presa del potere da parte delle sinistre. In realtà Hegel direbbe che sotto la frase «strategia della tensione» si nasconde «la notte in cui tutte le vacche sono nere», cioè la parola magica che svela tutto senza svelare niente, anche perché, per defi– nizione, la provocazione agisce nel buio più fitto. Proviamo in– vece a supporre che non tutto risponda a un unico disegno unitario tessuto da un ragno furbissimo o stupidissimo al centro della tela del capitale, proviamo a cercare di distin– guere tra i fatti. Esempio: brucia la Motta. La Motta fonde alla vigilia della ... fusione con la Alemagna che comunque avrebbe comportato una notevole ristrutturazione in– terna: la cassa integraziqne, la messa fuori uso di un reparto (ovviamente assicurato) a que– sto punto fa anche comodo. Pu– ra illazione, è chiaro. Però ci hanno pensato tutti, tantevvero che persino i quotidiani più so– lerti a parlare di provocazione, in questo caso non hanno potu– to fare a meno di esprimere qualche dubbio sulla natura dell'incendio. Altro esempio: incendio nottur– no in un reparto FIAT dove (di notte) hanno accesso solo i guardioni. Chi sarà mai stato? 007 o qualcun altro dei «servizi segreti stranieri» che con ven– tose ai piedi cammina sui soffit– ti, o più semplicemente e co– modamente un guardione? Altri incendi invece, quelli per esempio avvenuti a fine turno, più semplici come meccanica, lasciano pensare che sono frut– to operaio, non della classe operaia certo, ma del singolo operaio esasperato, «singolo» di fatto ma non di principio in quanto l'esasperazione si sa è ormai in tutti. E se così non fos– se non si capisce perché Amandola dalle colonne del Corrierone ammonisce contro esasperazione e rabbia che portano attentati, mentre di CIA non parla proprio. Quindi la pensiamo così: c'è in– cendio e incendio, c'è chi bru– cia per investimento e chi «per divertimento». B.R.: «NON SIAMO STATI NOI» E quelli che bruciavano per po– litica, anzi che si organizzavano per bruciare? Qui la situazione è anche più sorprendente: capi– ta infatti che i giornali sempre alla caccia del «piano orche– strato» attribuiscano a B.R. al– cuni attentati. B.R. risponde smentendo e, si badi bene, sen– za giudizio politico sugli atten– tati stessi. Il che vuol dire che capiscono poco cosa c'è sottò: proprio loro che anche per que– ste cose sono organizzati. Pare stronzaggine chiara: se fai il Robin Hood che morde e fugge, regola impone che più roba ri– vendichi meglio è. Oppure che, se non rivendichi fatti che sono sul tuo terreno di lotta, li analiz– zi e dici in cosa non vanno, al li– mite che sono provocazioni' contro l'organizzazione reale della lotta armata. Invece no, silenzio. Il che è come ammet– tere che sullo stesso proprio, specifico terreno di lotta, anche lì, ormai si sta a vedere. Le co– se succedono perché altri le fanno, fuori di te, e non si sa perché e con che «logica politi– ca». «IL PERICOLO QUA DENTRO» Anche i rilo'rmisti se si gratta un po' sotto la banalità della «stra– tegia della tensione» e della «provocazione» pare abbiano perplessità di non poco peso e mettono allo scoperto una con– fusione (o chiarezza a secondo dei punti di vista) mica da ride– re: prendiamone · ad esempio due, uno diciamo così «volgare» e uno diciamo «intelligente». Il primo é Egeo Mantovani della CGIL, operaio della Magneti Marelli, anziano del consiglio di fabbrica, un militante PCI parti– colarmente «duro» che rappre– senta la vecchia figura dell'ope– raio di formazione bene o male staliniana. Il secondo è Giorgio Amandola, il comunista di tradi– zione liberale, il più «avventuri– sta democratico» di tutti, a dirla con Althusser. Cominciamo dal primo,, Egeo Mantovani, sua in– tervista al Corriere della sera di sabato 24 aprile. Di lui l'intervi– statore (Sandro Meccoli) dice: «indossa un vestaglione antra- . clte che lo fa rassomigliare a un contabile d'altri tempi. Da un armadio metallico estrae un enorme fascio di volantini». «Guarda qui - dice sfogliandoli - comitati operai, comitati co– munisti, marxisti-leninisti, Auto– nomia operaia, Lotta comuni– sta. Avanguardia operaia con i CUB, Lotta continua, c'è persi– no la Quarta lnternaz,onale. Certo, non faccio d'ogni erba un fascio. Dall'attentato a Pal– mieri, però, soltanto A vanguar– dia operaia e Lotta continua si sono dissociate, pur con molti se e ma. È un vero guazzabu– glio di provocazioni sistemati– che contro il movimento sinda– cale, che essi dicono superato, e contro i partiti di sinistra». Gli chiedo come mai, in una si– tuazione siffatta, il consiglio di fé!bbrica non abbia ritenuto di collaborare con l'azienda alla vigilanza: «E chi si fida? - ribat– te Mantovani - chi ci assicura che i provocatori non s'infiltrino anche nelle squadre di vigilan– za operaia? Ci siamo riuniti, ab– biamo discusso, e per ora pre– feriamo cercar di venire a capo di questi volantinaggi. Perché vede, la stragrande maggioran– za dei lavoratori è con noi, è con il sindacato. Ma troppi pro– vocatori circolano liberamente nello stabilimento, sono pagati magari per non lavorare, e ne combinano di tutti i colori: già avevano bruciato, in passato. gli incartamenti di Palmieri: una volta sequestrarono, di fatto, il capo del personale; l'anno scorso devastarono l'ufficio del direttore generale. E /:azienda non reagisce con sufficiente fermezza ...». Come sarebbe a dire? «La azienda - continua Egeo Man– tovani - afferma che la fabbri– ca è incontrollabile. Ma noi ab– biamo replicato più volte, e lo ribadiamo oggi, che il grande torto dell'azienda è il suo lassis– mo, l'aver permesso che que– sta contestazione antisindaca– le, in definitiva antioperaia, gonfiasse a tal punto. Se l'a– zienda intervenisse, impedisse a certi tipi di continuar a entra– re qua dentro, certo non sarem– mo noi a dinfender/i; e l'abbia– mo dimostrato, del resto, con la recente espulsione dal sindaca– to dei tre delegati». Francamente, Mantovani: lei pensa che anche ne/l'aggres– sione a Palmieri possano esser– ci state collusioni interne alla fabbrica? «Questo non lo so - è la risposta - tocca accertarlo alle forze dell'ordine, alla magi– stratura, insomma alle istituzio– ni. Posso dire però che la pro– vocazione interna alla fabbrica è diventata intollerabile; e quin– di i presidi operai preferiamo non farli, perché il pericolo, nel– l'insieme, non viene dall'ester– no, è qua dentro». Citazione lunga forse, ma tutta da leggere, anzi direi da rileg– gere e meditare bene. Da una parte si parte dagli attentati per allargare a tutta la sinistra non istituzionale l'accusa di provo– cazione (e questo elemento lo ritroveremo anche nell'articolo di Amandola), d'altra parte si ri– conosce in modo veramente «naif» che la «provocazione» è tutta dentro la fabbrica, che c'è persino il pericolo che tra i «vi– gilantes» s'infiltrino provocatori e quindi meglio poliziotti che operai nelle squadre, non si può mai sapere ... Quale è il succo del discorso? Le uniche struttu– re operaie organizzate in fab– brica sono quelle col marchio di garanzia del riformismo, tutto il

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