RE NUDO - Anno VII - n. 41 - aprile 1976

Ho trovato una sola persona che non gli è piaciuto. La cosa potreb– be essere secondaria, solo che la persona in questione è Marco Fer– reri che di cinema qualcosa capi– sce ... Ora dice il Ferreri che que– sto Cuculo è il solito ennesimo fil– mone hollywoodiano che corre tut– to sui soliti clichè: l'eroe buono e senza contraddizioni interpretato dall'attore-mostro sacro, l'antago– nista cattivissimo tiµo colonnello cattivo che ammazza i pellerosse (l'infermiera super-repressiva), il pellerossa (appunto) non a caso ri– pescato a dar coerenza al "model– lo film di sinistra" nonostante il lin– guaggio filmico e narrativo del film non sia poi mol-to diverso da quello di tanti visti (tipo "La tragedia del Bounty" col Clark Gable e tanti altri film coi cattivi-cattivi e i buoni– buoni). Un altro parere che ho sentito, è stato prima di vedere il film: c'era una ragazza tipo Comunione e Li– berazione che raccontava la trama a un amico sul tram. Diceva che Il film raccontava la storia di uno che finisce in ospedale psichiatrico e all'inizio non sembra matto, poi in effetti fa tali e tante stranezze che si vede che era proprio matto tan– tevvero che gli fanno un trapianto al cervello. Terzo parere quello d'un compa– gno autonomo e superincazzato che di solito gli va bene solo "Il Mucchio Selvaggio" e che mi tele– fona per dirmi che sto "Cuculo" è 41 Qualcunovolò sul nido del cuculo owero: L'AUTONOMIAHA PRESOL'OSCAR? un film del movimento, è roba no– stra, e non si può tollerare che la roba nostra ce la facciano pagare duemilacinquecento lire. Tre pareri completamente diversi di gente diversa: uno che è abitua– to a leggere sotto il linguaggio ap– parente il linguaggio reale, uno che anche il messaggio apparente lo legge a rovescio (si suol dire in questi casi: non ha capito un caz– zo), uno che giustamente non gli vanno bene le duemilacinquecento ma sembra che questo sia l'unico problema "di contrasto" sollevato– gli dal film che per il resto è da ap– plaudire senza riserve. In effetti se ha ragione chi dice che il risultato di un messaggio (in questo caso un film) è dato dalla somma dei pareri di chi lo riceve, avremmo il se– guente risultato: 1) Il solito film ideologico americano fatto apposta per pescare tanti Oscar; 2) film im– perniato su Nicholson che è bravis– simo (poco importa l'andamento dei fatti); 3) film del movimento an– zi dell'autonomia su cui il sistema trova di fare il grano. Se mettiamo insieme queste affer– mazioni vediamo che in fondo le prime due si sommano perfetta– mente jn un quadro coerente: il film sarebbe sul piano del contenu– to rivoluzionario inesistente, una macchina da Oscar. Lo dice il pro– fessionista e lo dice anche la creti– na che non ha capito nulla tranne che "Nicholson è bravo". La terza affermazione invece pone un problema: se fosse vera vuol di– re che l'Autonomia anche se non ha ancora fatto il Partito perlomeno ha preso l'Oscar, se fosse falsa si tratta di capire perchè un film che colleziona Oscar e che piace an– che alla stronza di Comunione e Li– berazione suscita un senso di "pro– prietà" da parte dei rivoluzionari e del movimento. Che razza di ideo– logia viene fuori da questo film, ih– somma? Premetto che anch'io al cinema mi sono trovato nella situa– zione del compagno autonomo, ho riso, pianto, mi sono incazzato, giuravo a me stesso che mai un film negli ultimi anni (a parte ap– punto il "Mucchio Selvaggio") ml aveva coinvolto così. Premetto che un semplice sguardo alla sala del cinema mi confemava che erano parecchi a "sentire" come me e che indubbiamente il film "chiama– va" parecchi autonomi organizzati o sciolti: senza che nessuno di noi si fosse messo d'accordo prima, quella sera in sala c'eravamo quasi tutti, quattro poltrone di fianco a me c'era il Gaber, tre file più avanti tre compagne femministe autono– me che per l'occasione avevano disertato l'animazione teatrale, un pò più spostato avanti il redattore della pagina culturale di Rosso (molto simpatico soprattutto dopo la sua pagina su Joyce dentro un numero che dava l'Ultimat1,1m allo Stato). E potrei continuare, per il resto comunque la sala era piena delsolito pubblico da prima visione con pellicce vere e finte. Quindi:- tornando a noi, cosa ci identificava col film? Indubbiamen– te anche tutti gli elementi "negati– vi" che diceva Ferreri, dato che bene o male siamo stati tutti elevati ad America. Però secondo me c'è da considerare un elemento in più: il discorso della follia. È vero che questo discorso sta diventando il nuovo pallino ideologico nel movi– mento: prima tutti terzomondisti, poi tutti maoisti, poi tutti "femmini– sti", poi "omosessuali", adesso chiaramente "folli". Ad esempio la parola "schizofreni- co" è ormai usata indifferentemen– te per indicare una lievissima dis– sociazione momentanea o per indi– care la schizofrenia vera e propria. E qui scatta l'identificazione con Nicholson (a parte che è bravo): perchè nel film Nicholson è appun– to uno che è matto, ma "per finta": ne entra e ne esce a piacimento, con un lodevole controllo su di sè (e sugli altri, i matti veri). "Matti per finta" un pò come noi adesso, perchè la realtà dei "matti davvero" ci è ancora troppo ostica e aliena per poterla capire e avvici– nare e il nostro concetto dei matti si avvicina bene o male a quello del film che a parte un paio di perso– naggi graffianti e autentici (il ra– gazzo suicida per esempio) ci ri– presenta i soliti simpatici matti del– le barzellette. E di tutto questo, magari ringraziando lo spunto del film, bisognerà cominciare a parla– re più seriamente. SADE Lettere da Vincennes e dalla Bastiglia La violenza eversiva di Sade nasce dalla violenza del carcere, dal cupo, monotono, anonimo lavorio delle leggi. Lo dimostrano queste cinquanta lettere, scritte dalle prigioni di Vincennes e della Bastiglia. Introduzione,traduzionee note a cura di Luigi Bàccolo. Lire 1300. Collezione Oscar. _A, ARNOLDO MONDADORI EDITORE

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