RE NUDO - Anno VII - n. 40 - marzo 1976

non lo annuso! Banapple gas, tutti vivono di banapple gas ... tutto il mondo sta crescendo con banapple gas ... Ti aiuta a sorridere più del fatto di alzarti al mattino e vedere che sei sempre vivo? Beh, io non so se questa roba rende felici, ma io devo star bene, perché io sono felice ... " Diciamo che una "canzone" del genere la per– mettiamo solo al vecchio gatto, mentre in bocca a certi Dario Fo di nostra conoscenza (tanto per non far nomi) sembrerebbe equivoca ... È che certe canzoni bisogna saperle cantare e certo Cat Stevens é uno che lo sa fa– re, né si può chiedergli di più che una pura delizia come Ma– jik of Majiks ... "Che razza di guerra é questa - che io non posso più combat– tere ... che mi lascia senza energia e mi inchioda al pavimento ... che razza di uomo può farmi gi– rare e vedere che cosa sono io veramente ... Oppure come "Drywood": "C'è molto da imparare e nessuna porta nello spazio ... ci sono so– lo specchi che tu immagini nel– la tua mente ... come la legna secca prende fuoco, la verità giungerà fino a te... come il mattino incontra la luna, il mio amore guiderà la strada ... " Vecchie canzoni di sempre, senza spazio né tempo, che proseguono il piccolo sommes– so e intimista discorso comin– ciato da Cat Stevens con i peg– giori anni della nostra vita. C'è poco da criticare o da "volerli inserire in un discorso storico e musicale ... " Prendere o lascia– re ... lo intanto prendo. C. S. DONATELLA BARDI· A PUDDARA È UN VULCANO (WEA Italiana) Donatella Bardi è una nostra vec– chia amica, per cui siamo un po' condizionati a scrivere di lei. Tralasciamo quindi gli aggettivi·a:1- tisonanti che suonano,sempre un po' banali, e parliamo critiéamente· di questo disco. ' ' "A PUDDARA È UN VULCANO" è il prim_oappuntamento discografi– co di Donatella, è piacevole, arfar;i. giato con cura e corredato da una copertina un po' ambiziosa che for– se non era poi cosi necessaria, so- prattutto a difesa della semplicità di Donatella, che non ha bisogno di lanci particolari, di gratuite voglie di creare a tutti i costi un perso– naggio, eccetera. Donatella canta bene, con gusto e personalità, ma soprattutto con semplicità. A noi piace per questo, e per questo non ci mettiamo a consacrarla come personaggio dell'anno e cose di questo tipo. Anzi, ci viene spontaneo criticare questo disco, dove risulta chiaro che Donatella è stata un po' stru– mentalizzata, a scapito della sua personalità. A volte la voce non è del tutto convincente ad esempio, sembra che non abbia la forza di uscire fuori con tutta la sua autore– volezza ... Insomma ci si rende conto fin dai primi pezzi, che Donatella Bardi ha possibilità molto più grandi, e so– praccarica di simpatia e di umanità che in "A puddara è un vulcano" non risulta cosi evidente. Non sappiamo quale ne sia il moti– vo, forse è semplicemente per un fatto emotivo che ha leggermente escluso Donatella dalla sua com– pletezza artistica e creativa. Tuttavia il disco, pur non essendo del tutto convincente rispetto alle reali possibilità di Donatella, testi– monia come sia importante dare più spazio a voci e a idee nuove come queste, che dimostrano prin– cipalmente la collaborazione affet– tuosa e artistica di gente che per troppo tempo è rimasta nel ghetto dell'alternativa (feste, concerti, oc– casioni limitate) e non ha potuto dare il meglio di sè. Tra i pezzi migliori scegliamo "CIOCCOLATA CON PANNA", che forse è il tipo di espressione musi– cale più vicina a Donatella, dove il testo fantasioso si accompagna a un ritmo gioioso e ricco di fascino. A questo disco hanno collaborato tra gli altri, Lucio Bardi, Antonello Vitale, Kalvin Boullen, Mario Bardi, Goran Marianovich, Paolo Donna– rumma e Gianfranco Gagliardi, a dimostrazione della fine dei tempi e delle pop-stars e dei miti costruiti sulle individualità particolari. Un disco principalmente creato al-.. l'insegna della collaborazione, ma che comunque fa attendere Dona– tella Bardi a una prova ancor più convincente. DESIRE . eo'e DYLAN (CBS) Questo "Desire" a me non è pia– ciuto,• abbiate pazienza. Del vec– chio folk-singer rimangono solo le tracce. L'ultimo Dylan è prevalentemente gioco strumentale, commedia commerciale, parodie messicane, il tutto condito da arrangiamenti di dubbio gusto. Rimango interdetto già a leggere le note di copertina e i nuovi collabo– ratori di Dylan, per non parlare del suo posto in classifica, che Bil– board fa luccicare in cima agli altri 199. Prodotto ben confezionato, lucci– cante, false arie di praterie, auto– strade, cappelli da cow-boys– sorrisi di chi ha tutto da vendere. Scomodato persino Allen Ginsberg nell'introduzione. Insomma tutte cose che già fanno storcere il naso, ancor prima di muovere il pick-up. Cose che sanno veramente poco di quella semplicità da onesto folk– singer, che in Dylan avevamo ri– scontrato in Piane! Waves e in Blood on the Tracks. Può anche darsi, giudicando in buona fede, che Dylan si sia stancato di essere Dylan con chitarra e armonica e basta, e anzi abbia bisogno di gen– te nuova intorno, di una compagnia di musicanti e poeti e comparse ... ma la realtà, a pensarci bene è di– versa e guarda caso assomiglia tanto a un biglietto colorato di ver– de e suddiviso in cento cents. Come giustificare infatti il melenso e falso spanish sound di "Romance in Durango" con mandolini in sot– tofondo, sviolinate e voci alla Pan– che Villa avvinazzate dalla rivolu– zione e dall'alcool?? Complici di questo scherzo di catti– vo gusto sono Emmylou Harris, cantante sconosciuta quanto inuti– le, Scarlett Rivera violinista all'ac– qua e sapone e cipria sull'archetto, Don de Vito abile quanto vampiro nel distruggere l'immagine di folk– singer a cui eravamo abituati. Insomma un disco inutile, per chi ama Dylan dei vecchi tempi, e so– prattutto negativo per chi comincia a conoscere il nuovo. DAVID MUNROW: The Amo– rous Flute (Argo) Eh sì, "Riprendiamoci, La Clas– sica" ce lo siamo dovuti sentir dire da Gong (famosa-fumosa rivista specializzata) mentre era nell'aria da parecchio tem– po ed anche se ricordo un paio di interventi su Re Nudo di Mas– simo Villa a favore di Beetho– ven e di Bach. Lasciando stare costoro e Vivaldi e Sìbelius e "ì fin troppo noti", passo a propor– vi un disco che ho acquistato personalmente alla modica 49 somma di lire seimila e che non ho avuto premura di informarmi se ha una sua distribuzione ita– liana ... ma che è una roba da sballo. "The Amorous Flute" è una raccolta dì classici per flauto del primo ottocento ingle– se suonati da Davìd Munrow appunto al flauto, da Oliver Brookes alla viola e al violon– cello, da Robert Spencer alla chitarra e da Christopher Hog– wood all'arpa. Come vedete una formazione che ben distri– buisce la sezione ritmica e i fia– ti, usando nel contempo stru– menti che si assicura son del– l'epoca. A parte gli scherzi e a parte un po' di Handel e un po' di Matteis che affiorano qua e là, queste sarabande, queste gavotte, questi minuetti e rondò sono tra le cose più belle che io abbia mai ascoltato. Insom– ma perché dovremmo papparci un rondò fatto dai Nìce, che già l'avevano copiato da Dave Bri– bek, senza magari sapere che l'originale stava molto più a monte e non abbeverarci diret– tamente alle fonti? (E qui c'è una lunga storia che potrebbe far fuori molta gente, tra cui Ian Anderson che tutto ha preso da Roland Kirk e dai suoi "We free kings" e "You did it, You did it" ... e gli Area, che se non si decideranno a pagare i diritti d'autore alla musica popolare bulgare ... eh eh ... ) E perché poi doverci sorbire i dotti interventi al flauto di Mauro Pagani, quando nella sarabanda dì Dieupart troviamo una follia e uno strippamento molto più au– tentici; una tale gioia nel "Sei motivi per istruirsi sul canto de– gli uccelli" da farci persino di– menticare che in fondo siamo sempre dei pop-fans? Mah, dif– ficili risposte. Nell'attesa di uno schiarimento apro la finestra, faccio entrare un primaverile raggio di sole, mi sbraco su un cuscino accarezzando una ma– no e mi riascolto questo lar– ghetto allegro siciliana allegro. C. S.

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