RE NUDO - Anno VII - n. 40 - marzo 1976

28 attivi, sembravano vivere con gioia, ma il resto non sembrava partecipare. Poi, dopo alcuni mesi ho cominciato a lavorare anch'io nel collettivo. Sentivo parlare per la prima volta di operai, di sfruttamento e anche di quello che poteva significare la scuola in questo quadro. Ma non riuscivo ad avvicinarmi a tutto questo, me ne ero fatta un'idea diversa. Tutti quelli che avevano fatto politica, le grandi lotte del Ca– stelnuovo avevano già in parte risolto i loro problemi individua– li. La maggior parte, i più picco– li che erano venuti dopo, non sapevano niente; era come se tutto fosse passato sulla testa della gente. Però pensavo an– che di essere io a non capire, di essere sbagliata io perché ero cattolica. Poi, l'anno scorso c'é stata la settimana dell'autoge- stione al Castelnuovo, e da quel lavoro che abbiamo fatto tutti insieme venne fuori che molte cose del '68 potevano essere di nuovo vere, erano da riprende– re. Per esempio, io il movimen– to lo vedo soprattutto come una cosa che riguarda la gente di Primavalle, che lotta per risol– vere i propri problemi. Al Ca– stelnuovo quasi nessuno si cu– rava dei propri problemi. Si par– lava tutto il giorno di politica, di operai, ma senza avere niente dentro di sé. Se bisogna capire come ognuno é sfruttato e deve ribellarsi, bisogna che senta qualcosa dentro di sé. Prima pensavo vagamente che il '68 era stato portare i capelli lunghi, vestirsi male, come ca– pitava. Il '68 ti aveva dato la possibilità di essere diversi, di portare i capelli lunghi, o di ve– stirti male se volevi, eri tu a de- cidere. Nel '68 scoprivi il senso di stare con gli altri, di fare le cose insieme. Adesso non si riesce più tanto a stare insieme come allora. Forse perché non é più una novità, ma non é solo questo. Prima c'era la sensa– zione di creare cose nuove, la gioia di fare cose nuove; ades– so si preferisce usare vecchi schemi, già scoperti. Per me la cosa più evidente del '68 era il divertimento, cioé il fare le cose perché erano belle e divertenti. C'era in tutti la vo– glia di abbattere tutte, quelle ideologie che non davano spa– zio alla fantasia, al potere di creare, di fare le cose. Secondo te, Mauro, che cosa i"! cambiato - per merito del '68 - nel movimento operaio italiano e che cosa i"! cambiato, secon– do Chiaretta, nella società, nel– la famiglia, nelle città, nella te– sta delle persone? Mauro. 11 movimento operaio italiano ufficiale era dall'altra parte. Non capiva nulla, né po– teva. Per non farsi distruggere, saltò sulla tigre e cercò di ca– valcarla. Ma fu scavalcato più volte. Una cosa é la tigre, altra chi cerca di cavalcarla. alla fine vince la tigre. Il movimento operaio ufficiale potrà cambiare quanto vuole ma non diventerà mai tigre. Ora cavalca, ora cerca di domare. Ma é padrone e non può che morire. 11 movimento operaio cifficiale predica il sacrificio e noi non ne possiamo più di sa– crificarci. Dice che dobbiamo piegarci allo studio che é «noia, fatica, assuefazione», ma noi vogliamo studiare senza an– noiarci, abbiamo capito che «imparare é bello», che non ci deve essere concorrenza ma cooperazione. Dice che dob– biamo faticare di più e guada– gnare di meno, ma noi voglia– mo l'opposto. Dice che dalla crisi dobbiamo uscire noi e i pa– droni, e noi vogliamo invece che ci restino i padroni e ne usciamo noi, cambiando il mo– do di produzione, della vita, del-

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