RE NUDO - Anno VI - n. 37 - dicembre 1975

( 44 Musica elettronica: fuori dalla norma Amplificatori, chitarre elettriche, altri strumenti amplificati, organi elettronici, sintetizzatori. ...fra gli « ingredienti" della musica pop 1·e1ettronica è senz'altro uno dei più importanti. Come funziona il tutto? I suon, sono variazioni della pressione dell'aria (le cosiddette onde so– nore) prodotte .da corpi che si muovono, "vibrano" (come le corde di una chitarra) o da aria che« rimbalza" (come nel flauto). Il nostro orecchio per mezzo di una membrana (il timpano) rac– coglie quelle vibrazioni e attra– verso complicati apparati le tra– sforma in impulsi elettrici che poi trasmette al cervello. Il microfono ha un membrana simile e, assai più semplicemente, trasforma le onde sonore in onde elettriche (ossia più esattamente in varia– zioni di energia elettrica) che hanno la stessa forma, (lo stesso «andamento) del suono. A questo punto entra in ballo l'elet– tronica: si tratta di amplificare la corrente elettrica prodotta dal mi– crofono con un apparecchio che si chiama appunto « amplifica– toret,. luello che avviene dentro un amplificatore assomiglia a quello che avviene al cinema: c'è una sorgente di luce continua che viene "modulata" dalle immagini della pellicola poi proiettate molto più grandi. Co t nell'amplificatore c'è una sorgente di corrente con– tinua (ottenuta dalla rete a 220 volt) che viene «tmod lata" dalla corrente di ingresso, quella pro– dotta dal microfono. All'uscita dell'amplificatore c'è una corrente della stessa forma di quella di ingresso ma molto più grande. Ma quella corrente non la possiamo certamente udire e allora la man– diamo in un altoparlante che at– traverso il suo cono di cartone la trasforma di nuovo in· onde so– nore. Ma all'ingresso dell'amplifi– catore si può mettere qualsiasi sorgente: la testina di un giradi– schi, quella di un registratore, una radio, uno strumento musicale con un microfono incorporato. In quest'ultimo caso il suono origi– nale dello strumento risulta alte– rato, diverso: per mezzo di questo «difetto" nasce un nuovo stru– mento. Questo è uno dei modi in cui nasce qualcosa di nuovo: quando una deviazione da una norma cessa di essere conside– rata un «errore" ma assume una sua determinazione ecco che sca– turisce la novità. Uno strumento nuovo nato per "deviazione" è stato la chitarra elettrica con essa è nata anche una nuova musica fuori dalla "norma"· E poi l'or– gano elettronico. Il principio che sta alla base di questo strumento (e che sta alla base anche di tutta la musica elettronica) è il se– guente. Si è già visto il processo dell'amplificazione dei suoni: dal– l'energia meccanica sonora si passa, attraverso il microfono,· all'energia elettrica, amplificata dall'amplificatore, e poi di nuovo all'energia meccanica sonora per mezzo dell'altoriarlante. Perché non produrre direttamente delle "vibrazioni" (oscillazioni) di cor– rente (saltando il microfono ...) e poi una volta amplificate man– darle nell'altoparlante? Se le oscillazioni hanno una frequenza (= numero di oscillazioni al se– condo) udibile ecco che si ottiene un suono. Gli oscillatori elettro– nici erano già in uso per altri scopi; a un certo punto si pensò di usarli per costruire strumenti musicali e il più "semplice" da fare era l'organo. Nell'organo ogni tasto mette in funzione un oscillatore che ha una frequenza corrispondente alla nota scelta; lasciando il tasto il suono cessa. Gli organi elettro– nici si svilupparono enormemente con la miniaturizzazione dell'elet– tronica. All'inizio l'organo elettro– nico veniva impiegato solo nelle · chiese per sostituire l'organo a canne. Come tutte le imitazioni non era un gran ché ma costava molto meno. Pian piano anche i complessi cominciarono a usarlo, non tanto perché éostava meno (non ho mai conosciuto un com– plesso che possedesse un organo a canne!) ma perché rispetto al pianoforte (che non tutte le sale avevano) era portatile e perché aveva e prometteva suoni "nuovi"· Come era accaduto per la chitarra elettrica, con l'introdu– zione dell'organo, non più imita– zione ma nuovo strumento, anche la musica pop subi delle trasfor- mazioni; o, che è lo stesso, il nuovo strumento nacque perché la musica pop aveva bisogno di trasformarsi anche servendosi di suoni diversi, mai uditi prima. Come sono stati ottenuti questi suoni diversi? Come si sa i caratteri principali di un suono sono quattro: l'altezza (fisicamente: la frequenza). l'in– tensità (il volume sonoro). la du– rata del tempo e il timbro. Que– st'ultimo è quel carattere che per– mette di distinguere il suono di un violino, per esempio, da quello di• un pianoforte; fisicamente il timbro corrisponde, in modo a tutt'oggi non chiaro, alla forma delle onde sonore. Nell'organo elettronico si cerca di creare vari timbri e quindi, attraverso appo– siti circuiti, si lavora sulla forma delle onde elettriche che succes– sivamente diventeranno suono. Da qui ad arrivare ai sintetizzatori (synthesizers) il passo è breve. Ma prima di parlare più da vicino dei sintetizzatori bisogna parlare della musica elettronica, cosi chiamata, un po' impropriamente, perché si serve solo di apparati elettronici. Il suono nella musica elettronica viene generato dagli oscillatori: la frequenza degli oscillatori può essere variata (o come si dice in gergo tecnico " modulata" tra– mite un secondo oscillatore. Anche l'ampiezza di un segnale (che corrisponde al volume so– noro) può venire variata attra– verso un oscillatore (modulazione di ampiezza); ci sono per esempio i famosi "modulatori ad anello"· Ci sono poi i filtri: lasciano pas– sare o arrestano solo certe fre– quenze modificando cosi il timbro sonoro. Ci sono anche molti altri "aggeggi" che consentono una grande varietà di "trattamenti", ma non è il caso di addentrarsi qui in ulteriori descrizioni: basti pensare però che questi "ag– geggi" si possono combinare tra loro, si possono insomma mani– polare materiali sonori a loro volta già manipolati. Inoltre gli oscillatori non sono le uniche sorgenti possibili: si possono im– piegare suoni e rumori già esi– stenti in natura, dopo averli regi– strati; fino a un po' di tempo fa questo tipo di musica si chiamava "musica concreta" ed era in ef– fetti nata un po' prima della mu– sica elettronica propriamente detta, ma oggi tale distinzione è praticamente scomparsa. Gli ag– geggi di cui si parlava prima si trovano in genere in "Studio di musica elettronica" in grande nu– mero. Quando l'elettronica si è miniaturizzata si è pensato di metterli tutti insieme dentro un contenitore: è venuto fuori un piccolo Studio, uno strumento per molti aspetti simile all'organo elettronico, ma con possibilità diverse. Questo strumento è stato chiamato« sintetizzatore" proprio perché consentiva di ricostruire molti suoni già esistenti per sin– tesi, ossia mettendo insieme suoni elementari opportunamente trattati. Con il sintetizzatore si possono imitare i'suoni degli stru– menti tradizionali ma si possono creare anche suoni diversi. Forse il sintetizzatore più noto è il « Moog" cosi chiamato dal nome del suo costruttore, nome impro– priamente esteso a tutti gli altri; ma non è stato certo il primo. Il primo, fra i portatili, è stato il Sinket, dotato di molte possibilità, progettato e costruito in Italia da Ketoff (Sintetizzatore Ketoff). Un altro tipo di musica elettronica a cui accenno soltanto viene chia 0 mata « computer music" cioè mu– sica fatta per mezzo di un calcola– tore elettronico che, opportuna– mente programmato, comanda vari strumenti oppure uno o più sintetizzatori; il computer può anche comportarsi come un sin– tetizzatore gènerando onde elet– triche analoghe ai suoni. Un aspetto affascinante oltre che in– teressante è che si può program– mare un computer per c_omporre musica oltre che per produrla: si possono per esempio dare al computer istruzioni su un certo stile e lui comporrà musica in quello stile, oppure si può "dirgli" di elaborare un nuovo stile. Per· tornare ai sintetizzatori, si assiste oggi a una loro sempre maggiore diffusione; da qualche anno anche i complessi pop hanno cominci~to a servirsene con risultati piuttosto scadenti. Si rimane quasi sempre sul piano della faciloneria e dell'effetto " luccicante", raramente si ten– tano strade più creative. Ciò non stupisce in una società che, tra i tanti strumenti di potere, si serve dell'inganno della "faci– lità»: divertirsi, consumare, far politica, ascoltare e fare musica, "è tutto facile"· Ossia: "Non fa– tevi problemi e tirate a campare ché al resto ci pensiamo noi " (dove "il resto" è il potere, per chi non l'avesse capito). L'altro aspetto, apparentemente contrastante, è: "Guardate che cose complicate abbiamo e voi non ci capite niente!" ed è simile al potere dato dalla "cultura"· Se i complessi usano male i sinte– tizzatori l'aristocrazia della mu– sica lo più ammuffire in quella sua torre d'avorio sempre più gialla. Parlare di crisi della musica è diventato ormai insignificante quanto parlare dell'incomunicabi– lità. Per esempio tutti si sca– gliano, e giustamente, contro la passività indotta dai mezzi di co– municazione, dal cinema, dal teatro, ecc. Tutti ricercano la «partecipazione" del pubblico senza accorgersi di cadere nella trappola di un famoso paradosso, simile a quello in cui una madre ordina la proprio bambini: "Sii spontaneo!"· Una soluzione sa– rebbe che ognuno si facesse da sé la musica che desidera, da solo come in gruppo, oltre a sentirla fare dagli altri. Però tutti sanno quanto sia difficile suonare uno strumento, quanto tempo e quante energie richieda. Eppure fare da sé la musica elettronica non sarebbe cosi difficile, gli stru– menti sono assai più maneggevoli di quelli tradizionali e, almeno in teoria, una volta appreSf poche nozioni (non di elettronica!) tutti potrebbero farsi la loro musica: una musica certo diversa· da quella sentita e "usata" o "con– sumata" finora, ma per questo più interessante per chi non vive continuamente all'ombra del pas– sato piangendo calde lacrime di nostalgia. Purtroppo la facilità consentita dai mezzi elettronici porta in genere, come divevo, alla faciloneria e cioè all'impoveri– mento invece che all'arricchi– mento, alla banalità invece che all'originalità. e il fondamento di questa originalità sta come ab– biamo detto, in un comporta– mento . musicale ·"deviante", contro la legge, contro la norma. E qui il discorso va a investire tutta uria cultura: diventa cioè. un discorso politico. Claudio Bonechi

RkJQdWJsaXNoZXIy