RE NUDO - Anno VI - n. 35 - ottobre 1975

40 LETTERA DEL COLLETTIVO AU– TONOMO FUORI! DI MtLANO IN– VIATA ALLA REDAZIONE DEI SE– GUENTI QUOTIDIANI: MANIFE– STO, LOTTA CONTINUA, QUOTI– DIANO DEI LAVORATORI; CON PREGHIERA DI PUBBLICAZIONE (MAI PUBBLICATA) Doveva essere una « festa del prole– tariato giovanile», a significare che anche e soprattutto quand'è in festa il proletariato giovanile usa una « fe– stevolezza »di rottura, per cambiare la vita insomma. La presenza dei– gruppi garantiva coralità, politicità e finalmente unità con gli altri «sbal– lati» che negli ultimi i anni si sonori– conosciuti nella proposta di Re Nudo. Si era trovato lo « spazio poli– tico» é\nche per farci stare una ten– da del Coli. Aut. FUORI! di Milano, uno spettacolo di canzoni di alcune femministe bolognesi (peraltro so– spette di «lesbismo»), un dibattito sulla sessualità, uno spettacolo di un gruppo femminista di Milano. Insomma: una festa proprio ecume– nica. Poi sono esplosi i famosi epi– sodi di intolleranza. Ovviamente contro noi e contro le compagne femministe.con una unità di fondo che mette insieme compagni dei gruppi, freak, giovani proletari non politicizzanti e altri. Tutto come se si fosse stati ad una sagra di paese, o ad una gita aziendale di impiegatini. • Prima constatazione siamo sempre stati accusati di interclassismo e scopriamo che tra i valori e compor– tamenti più profondamente inter– classisti (dall'autoritarismo statale), alla sinistra extraparlamentare e non, alproletariato giovanile), biso– gna riconoscere l'emearginazione omosessuale e l'antifemminismo. tant'è Seconda constatazione: a questa chiusura delle masse si so– vrapponeva una apertura all'inse– gna dell'illumunismo democratico e della tolleranza da parte dei singoli compagni dell'organizzazione con una sorta di autocritica che non an– dava mai oltre illivello personale. A questo punto c'è stato un invito pressante ad evitare la manifesta– zione (« la gente non capisce; po– trebbero succedere risse e scontri incòntrollabili »), che invece era lo sbocco ovvio dell'incazzatura che la provocazione intollerante aveva ge- B nerato. Come a dire: Vi hanno toc– cato il culo: parliamone! •. E non è per caso che a parlare fossero « i re– sponsabili •, e i compagni del servi– zio d'ordine secondo una prassi cri– stallizata di divisione del lavoro che anche hsi produceva: alle •masse» la musica d'evasione, aHe «avan– guardie• il dibattito teorico. In questo gioco delle parti, e di ricer– ca del capro espiatorio la colpa del fattaccio veniva ovviamente scari– cata sui compagni presenti quando invece: a non averci le fette di sala– me sugli occhi, s'era visto che ra pressione si era espressa proprio attraverso il tradizionale rituale ma– schilista/gruppettaro: canto dell'in– ternazionale, pugni alzati e cazzo in fuori. Terza constatazione: era cosi evidente l'intenzione a stendere un velo di pietoso silenzio sulla con– traddizione emersa che i quotidiani dei gruppi non hanno speso una sola riga per parlare dell'accaduto come ci sarebbe dovuti aspettare dall'interesse mostrato- li per li per pompierare l'incazzatura delle fem– ministe e degli omossessuali. talché si poteva sospettare invece che pa– gine e pagine non sarebbero basta– te a tanta apertura d'animo. Appren– demmo tutto dal «Corriere della sera» noto foglio extraparlamentare milanese. E a questo punto ciascu– no tiri le sue conclusioni. Finché ciascuno ha potuto tagliare i panni sull'altro,« a livello teorico», noi e le femministe siamo stati catalogati tra le contraddizioni secondarie con buona pace di tutti: della coscienza militante, dei rapporti tra compagni e compagni, dell'esigenza di fare uscire il progetto politico dall'angu– stia dello strutturalismo economici– sta, della schizofrenia tra privato e politico. E non ha importanza che, per dire che il nostro privato non · guadagnerà nulla o non ha nulla a che spartire col politico, si sia pas– sati attraverso la mediazione del «tutto succederà per incanto il gior– no in cui la bandiera rossa sventole– rà sul palazzo d'in.yerno ». Al parco Lambro, invece, la contraddizione fatta passare per secondaria esplo– de come primaria, anzi come unica, nei fatti. Smascherando, come destra, una posizione che, negli ultimi anni ha tentato di i~abbiare la presa di co- scienza e di posizione politica delle donne, in un rivendicazionismo eco– nomicistico • ( piattaforme con obiettivi delle donne; lotte per gli gri asili nido, contenuti proposti in oc– casione del referendum sull'aborto privi di un discorso sulla sessualità ecc) che si ferma sempre ad un solo polo della questione: la condizione femminile nel sociale. Senza capire, per esempio, che il doppio lavoro per la donna a s1 rilevanza pilitica nel piano sociale, ma sottende un'opressione che passa attraverso la mistificazione del proprio rappor– to d'amore che lega una donna al «suo » uomo. E questo secondo aspetto non ppuò essere né indaga– to né spaccato politicamente attra– verso piattaforme, referendum o di– battiti. Il movimento femminista ha scoperto da tempo il lavoro nel pic– colo gruppo e la prassi dell'autoco– scienza e il giudizio la sinistra ha espresso è comez sisa, quello diin– timismo, o, nella posizione di recu– pero più recente, quello di mero supporto alla lotta sul sociale. Gli omosessuali in questo contensto diventano la cartina di tornasole per verificare i limiti «politici » di opera– zione , siffatte. Perché piattaforme rivenkicazionistiche per gli omo– sessuali sono improponibili (alme– no in Italia non si può neanche chie– dere l'eliminazione di leggi antiomo– sessuali: non ce ne sono), a meno che non vi si ponga come obbiettivo il riformismo che il capitale ha già anticipato di sua iniziativa in molti Paesi (matrimonio omosessuali tra– smissione dei beni tra i patners, ghetto dorato, consumismo sessua– le). E se queuto serve a verificare come si collega e come la sinistra paga il giudizio e la posizione politica espressa fino ad oggi è anche il punto di partenza dal quale può scaturire la possibilità per il movi– mento operaio di raccogliere i con– tributi originali e fondamentali 1 che emergono dalle lotte e dall'analisi dei movimenti di liberazione e degli altri aspetti della nuova composizio– ne del movimento. E qui, cari com– pagni, bisogna decidere. o queste cose c.'entrano col Movimento o non c'entrano affatto.O noi siamo sem– plicemente il prodotto della della fase avanzata della decadenza bor- ghese e quindi, inconciliabiti con la "Lotta di classe•, oppure siamo il campanello d'allarme che rivela come l'ideologia .borghese genera valori, norme e comportamenti an– che dei compagni, giocando sulla distribuzione retativamente gratifi– cante di privilegi. E che, per quanto riguarda la questione omosessuale non è tanto dibattito teorico che farà piazza pulita deHa falsa coscienza, quando è solo indagare il proprio ri– fiuto nei confronti degli omosessuali e della propria omosessualità. E' questione cioè non informazione, ma di assumere posizione politica a partire dagli «aspetti» della que– stione, che direttamente ci riguar– dano. Evadere il problema è ciò che la sinistra ha fatto fino ad oggi. L'episodio del parco Lambro e una ennesima conferma del prezzo, po– litico che sta pagando. Se questo è il punto bisogna che il Movimento faccia i conti non solo con i contenuti emersi ma anche con la prassi politica che ha con– sentito ai movimento di liberazione di raggiungerli. Un discorso partico– lare va va rivolto; a questo punto, alle organizzazioni della sinistra e non è tanto stigmatizzarne l'atteg– giamento, quanto perché ci sembra ormai impossibile sfuggire alcuni interrogativi di fondo. Perché, per esempio, man mano che le donne prendono coscienza tendono ad ac– quistare autonomia, a sfuggire all'ingabbiamento delle «commis– sioni femminili»?. Forse perché scoprono che, non solo il maschilismo prospera dentro i gruppi quanto fuori, ma anche che l'organizzazione politica propone meccanismi autoritari simili a quelli che la donna verifica nel più gene– rale rapporto con il maschio?. E per– ché anche gli omosessuali hanno seguito un itinerario analogo?,. Fin– tanto che non si inizierà a porsi se– riamente queati interrogativi, sul rapporto tra noi peseranno gravi ambiguità e mistificazioni. E gli epi– sodi come quelli del Parco Lambro– sono destinati a moltiplicarsi. Maga– ri con l'astuzia della «tolleranza re– pressiva» al posto della repressio– ne intollerante. Collettivo Autonomo FUORI! Milano

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