RE NUDO - Anno VI - n. 35 - ottobre 1975

28 la famiglia: Un'OFFICINA DI CADA– VERI Perfettamente Funzionanti La stravagante e del tutto ingiusti– ficataleggerezza con cui in una fa– miglia i genitori si rivolgono ogni giorno al figlio confrasi del tipo: «Non devi piangere come una fem– minucia!" o « Bravo!! ti stai com– portando proprio come un bravo ometto! " non hai pari nel processo di diseducazione e di condiziona– mento che una persona subisce nella sua vita. La costruzione, pezzo dopo pezzo, del ruolo del maschio infatti (cosi come di quello di donna per le bambine) avvieneall'interno dell famiglia nucleare monogamica con micidiale e perfetta sincronia di tempi. Innanzi tutto, già da prestissimo, il bambino impara che essere ma– schio è qualcosa di molto distintido, speciale, importante. Ancor più poi se in casa c'è una sorella In quel caso infatti il paragone diretto con l'altro sesso è sempre fatto istillan– do lentamente non solo l'abitudine a a considerare la sorella quasi un es– sere inferiore e un pò tanto (se 110n altro a giudicare dalla massa di cose che non pù fare,e la scarsa at– trattività di quelle che fa), ma anche e soprattutto da un certo modo di essere responsabili nei suoi con– fronti. Se la sorellina è più grande, le viene infatti richiesto di prendersi cura del piccolo, maternamente e amorosamente «facendo come la mamma" nutrirlo, lavarlo, cullarlo, vezzeggiarlo. E niente altro. Se è il fratellino il maggiore , deve assolvere a nessuno di questi com– piti di manutenzione. Egli ha il man– dato, ben più. nobile, come gli dice papà, di condurla con se (sotto la sua respponsabilità) fuori, o anche in casa, e di mostrargli i segreti delle cose, della vita, dei giochi. Può cioè iniziare questo magico esperimento cosi ambito: dire alla sorellina le stesse cose che i genito– ri dicono a lui. Pù cioè, sia pure per poco tempo e in situazioni limitate, sostituire il papà. Può in altre parole, dettare lui quelle leggi che ha sempre dovuto seguire e cui si è sottomesso. L a mancanza di altri punti riferi– mento riferiemnto all'interno della famiglia nucleare porta ancor di più il bambino a credere che i compor– tamenti, le parole e le leggi seguite e praticate dai propri genitori siano Assoluti, Intoccabili, Immutabili. Non potendosi confrontare con adulti (i parenti infatti, di solito, arrivano re– golarmente per i genitori, e anzi la rafforzano: «Devi obbedire al papà, ascolta quel .dice la mamma»), il bambino costruisce la propria iden– tità sulla base di quella che i genitori ritengono lui sia. Lui è quello che al– tri (in questo caso i suoi genitori, ma più in seguito dipenderà da pubblici sempre più larghi) pensano lui sia. E' una spirale di creazione di dipen– denza, o meglio, di costruzione di una personalità basata sulla dipen– denza, che sarà ben difficile spez– zare in seguito. Qui sta il più. grosso nodo della struttura patologica e mortifera del– la famiglia, in questa creazione di si– curezza ( io so quello che sono) di– rettamente legata, anzi fatta, di di– pendenza (sono quello che gli altri pensano io sia, dicono io sia). Il processo di distruzione della per– sona presente nel bambino avanza galoppando. La negazione dell'indipendenza e dell'autonomia è un'ottima pregiudi– ziale per far capire al bambino che in futuro dovrà dipendere, ora che è piccolo, dai suoi genitori. «In effetti, la prima cosa che si inse– gna al bambino non è come soprav– vivere nella società, ma come sotto– mettersi ad essa....se non scdpria– mo la nostra autonomia nel primo anno di vita o in questo angoscioso momento della tarda infanzia, o di– ventiamo matti nella tarda adole– scenza, o rendiamo l'anima e diven– tiamo dei cittadini normali"· (David Cooper, la Morte della della Fami– glia, pp.2o,28). E infatti, il più delle volte, rendiamo anima e tutto il resto , accettando l'essere «bravi cittadini" come la migliore condizione di vita che pos– siamo prefigurarci. Dimenticando che questo ci è costato, pratica- mente, la nostra personalità, la no– stra autonomia, la nostra persona. Eppure, è proprio cosi. E per un uomo, crediamo, è molto più diffic;;ile scoprire quanto questa educazione ad «essere uomini " ci abbia frega– to, proprio perché il bastone della vestizione di questo ruolo è sempre stato accompagnato dalla carota, dalla gratificazione reale cioè che questo portava con se. Forse, anzi sicuramente, giocare con le bambole, o piangere quando ne sentivano il bisogno o sporcarsi erano cose che desideravano ar– dentemente fare, ma la gru costruita col meccano, le lacrime ricacciate in gola, ed una condotta «normale" erano le uniche cose per le quali la mamma ci additava ad esempio alle amiche, e papà èra orgoglioso di noi. Se sono prepotente con gli altri bambini, la mamma mi sgrida, ma si vede benissimo che è solo perché ci sono le altre mamme. Poi, a casa, nessuno dice niente. Il padre e la madre sono tutto il mon– do degli adulti per il bambino, finché non va a scuola. Questo vuol dire che il rapporto che il bambino vede tra di loro fungerà modello per i rap– porti futuri che lui stesso andrà ad avere con delle donne. La donna starà in casa e baderà alle faccende domestiche, gli farà trovare tutto pronto e cercherà di farlo stare con– tento. Chi è la figura "vincente" tra il pa-

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