RE NUDO - Anno V - n. 27 - 1974

Una tendenza molto interessante e promettente che si è manifestata negli ultimi anni nell'ambito del jazz è stata quella di adattare il folklore al linguaggio jazzistico. Quando questa fusione riesce, e non è facile, perché per realizzarla bisogna avere alle spalle una. adeguata tecnica strumentale e una seria conoscenza del materiale musicale che si vuole utilizzare, essa ha il duplice risultato di restituire al jazz l'originario carattere di musica popolare capace di comunicare immediatamente, al di fuori di artificiosi intellettualismi e di riutilizzare una validissima tradizione musicale popolare che rischia di essere dimenticata in mezzo alla marea di falso folklore propinato da festivals e case discografiche. In Italia i gruppi che hanno tentato esperimenti in questo senso ottenendo i migliori risultati sono i gruppi degli Aktuala e di Mario Schiano. GH Aktuala fanno della musica molto avanzata e spaziano tra Il folklore orientale e il free jazz plil arrabbiato. La loro musica, come tanta musica d'avanguardia, non è molto adatta alla riproduzione su disco, perché, non essendo legata ad una precisa struttura muslcale, ma. presentandosi plil che altro come un insieme di atmosfere e situazioni sonore, rleace a comunicare molto meglio dal vivo. • folk-Jazz L'altosassofonista Mario Schiano è uno dei musicisti italiani più originali ma anche più misconosciuti. Ha inciso recentemente con alcuni giovani provenienti dalla nuovissima lega del jazz italiano e con due percussionisti brasiliani: il disco che ne è venuto fuori è molto bello, si chiama « Sud » e utilizza il folklore sardo e meridionale. Dopo questo accenno a quello che si sta facendo in Italia in questa direzione, parliamo dei due musicisti più rappresentativi della tendenza alla riscoperta e alla riutilizzazione del folklore. Si tratta di Gato Barbieri e di Don Cherry. Dei due il più noto in Italia è Gato Barbieri, il musicista, tanto per intenderci, che ha composto la colonna sonora di « Ultimo Tango a Parigi ». Barbieri, uno dei jazzmen più in vista e più promettenti dell'ultima generazione, come molti altri è stato fortemente influenzato da John Coltrane, ed è poi passato attraverso l'esperienza del free jazz, incidendo importanti dischi con Don Cherry e con la Jazz Composer's Orchestra. In un momento di crisi artistica, però, si è accorto che il free jazz esprime dei problemi politico-sociali propri dei negri nordamericani e quindi estranei a lui bianco e sudamericano. Così, facendo ricorso al suo bagaglio culturale, e per mezzo di un vero e proprio « ritorno alle origini » musicali è riuscito a superare la crisi realizzando una musica più sua in cui i caratteri distintivi del free si fondono con i ritmi tipici dell'Argentina e del Brasile. Gato che ha giù pubblicato sei dischi della sua nuova musica ha trovato in essa un equilibrio e ha progressivamente stemperato la rabbia originaria del suo sassofono. Con l'ultimo disco « Chapter One • Latin America », Gato Barbieri ha completato il cammino alla riscoperta delle sue naturali radici musicali utilizzando non più jazzmen americani, come aveva fatto precedentemente, ma autentici suonatori di musica tradizionale argentina. Per avere un'idea chiara della operazione culturale e musicale fatta dal sassofonista, basta ascoltare l'esecuzione contenuta nel disco « El Pampero » del celeberrimo « Brasil », brano ripetuto migliaia di volte da tutte le orchestre commerciali di questo mondo. Eppure quel pezzo nell'esecuzione travolgente e incandescente di Barbieri, nel carosello di una ritmica sfrenata, da vero carnevale di Rio, riacquista tutta la sua immediatezza originaria. Don Cherry, in tanti dischi compagno fedele di Ornette Coleman, può essere considerato come l'emblema della fusione del jazz col folklore. Don è un personaggio estremamente ricco dal punto di vista umano, quasi la personificazione del mito del buon selvaggio; egli si è sempre interessato ai patrimoni folkloristici di tutto il mondo, ed è stato felice di suonare con musicisti indigeni dei paesi in cui si è recato. Nei suoi dischi l'eco di tutte queste esperienze è perfettamente avvertibile: in « Eternai Rhythm » Don, suonando due flauti di canna contemporaneamente, prende un paio di assoli che ricordano molto da vicino le musiche dell'isola di Bali. Il suo capolavoro, il disco doppio « Mu » in cui suona accompagnato unicamente dalla batteria, è pervaso dal senso di una ritrovata naturalezza: le musiche sono semplici, a volte dolcissime, e i diversi momenti musicali si susseguono in una atmosfera di grande libertà espressiva. La musica dolce, limpida di Don Cherry deve, se così si può dire, essere vista: la componente gestuale è molto importante infatti, sul palco dove i musicisti suonano, i bambini si muovono con la massima naturalezza e picchiano sulle tabla, Cherry suona gli strumenti più diversi come flauti percussioni sitar, canta nenie di sapore orientale, spesso soffia dentro una conchiglia come fanno gli indigeni della Polinesia. Anche in questa scelta di strumenti semplici come nel gusto per la gestualità si concretizza il recupero di° una concezione primitiva, rituale, ludica della musica tipica del folklore.

RkJQdWJsaXNoZXIy