RE NUDO - Anno II - n. 3 - marzo 1971

Re Nudo/8 IL 22 MARZO INIZIA IL PROCESSO CON– TRO I COMPAGNI BRASCHI, FACCIOLI, DELLA SAVIA E PULSINELLI. ORGANIZZIAMO UNA MOBILITAZIONE DI MASSA PER I GIORNI DEL PROCESSO. PS cc GLI SQUADRISTI DI STATO I HANNO LA LORO GESTAPO I· PAOLO FACCIOLI: « ... Il commissario Zagari mi accolse con «una scarica di schiaffi, poi a digiuno per 3 giorni, mi torcevano i nervi del collo, poi pugni all'improvviso, al buio, sempre seduto, sen– za mai dormire, i loro nomi: brigadiere Panessa, Muccilli. .. ». PAOLO BRASCHI: « •.. senza mangiare, senza dormire, mi sembrava di impazzire, il commissa– rio Calabresi mi interrogava spingendomi vicino al davanzale della finestra e mi incitava a buttar– mi giù ... » Quelle che a prima vista potrebbero sembrare analogie casuali tra qual– che carnefice della questura di Mi– lano e qualche caramba seviziatore della provincia, in realtà sono re– gole di comportamento procedurale della polizia e dei carabinieri in generale. C'è un libro di Danilo Dol– ci « Banditi a Partinico » (Ed. La– terza) dove sono raccolte pagine e pagine di sevizie che i carabinieri usano infliggere ai braccianti sici– liani: le stesse cose di Bergamo: acqua salata, botte, digiuni. Nel li– bro di Lelio Basso « La tortura og– gi in Italia», invece ci sono addirit– tura i morti sotto tortura che ven– gono fatti uscire dalla porta secon– daria; casi poi che vengono classi– ficati sotto varie voci « infarto, sui– cidio, paralisi cardiaca». Quando i carabinieri e questurini torturano, in genere i detenuti, colpevoli o innocenti, confessano. Poi è ov– vio che ritrattino, ma raramen– te vengono creduti. Ricordiamo i pastori di Lodè, un paesino del nuorese, il caso di Pier Giorgio Mereu, sempre a Nuoro e mille ca– si di innocenti che hanno ·confes– sato e poi spesso sono stati assol– ti in tribunale con la formula piena. Da vero esperto il maggiore dei e.e. Siani, capo dei torturatori di Bergamo motivò scientificamente questo fatto al cittadino Enrico Fer– mi, « reo confesso » e innocente. « So che la resistenza fisica e psi– chica ha certi limiti, sapevo quindi che lei avrebbe finito col confes– sare ». E' veramente allucinante questa dichiarazione con quel «lei» professionale, da una parte quello che fa di mestiere il torturatore, l'altro, il colpevole. Un atteggia– mento freddo, distaccato che ri– corda più tecnici della gestapo che cercavano sempre di non farsi coin– volgere emotivamente nel mestiere, perché a freddo si lavora meglio. Certo Costa, Fermi, Zoccoli, Ven– turelli, Prati, Cecconi e gli altri po– veri cristi non vedranno finire in galera i loro aguzzini, le vie del– la « giustizia » sono infinite, gli han– no però concesso di protestare e di uscire loro, dalla galera. Bisogna ammettere che è già qualcosa; ma gli altri, quelli di Milano, sì Braschi, Faccioli, Pulsinelli, Della Savia, quelli a cui con gli stessi metodi sono state estorte « parziali con– fessioni » di attentati dinamitardi fatti dai fascisti, a questi chi gli crede? Le torture sono le stesse, però questi sono ragazzi, eppoi a– narchici, quindi screditati, isolati ed è quindi più facile per questi emuli delle esse esse riuscire a ANTONIO COSTA: « ... il maggiore Siani mi accol– se con due schiaffi, il tenente Sportiello mi com– presse i nervi del collo facendomi gonfiare l'aorta ... » ENRICO FERMI: « ... al limite della sopportazione gridai che volevo morire, un graduato disse: da– tegli una corda, vediamo se si impicca ... ». GIANCARLA CERVIERI: « ... due giorni in piedi, le dita contro il muro, senza mangiare, senza dormi– re, mi insultavano tutto il tempo, volevo farla finita ... ». fare passare sotto silenzio e scre– ditare le loro disperate dichiarazio– ni e denunce. La stampa borghese tace o riferisce al condizionale che è un modo giornalisticamente sim– patico per dire strizzando l'occhio al lettore che quelle dichiarazioni in realtà sono frescacce; la stampa revisionista minimizza, la stampa rivoluzionaria è carente e divi~a. E il gioco è fatto. Ci sono poi delle cose da dire anche riguardo al comportamento dei compagni in generale circa quelli di loro che sono deter:iuti. Quanti tra i compagni, sono vera– mente convinti dell'innocenza di Faccioli, Braschi ecc.? Che nes– suno s'indigni, non è una domanda provocatoria, è ovvio che tutti li difendano per motivi politici, ma al di là di questo, quanti dei compa– gni sinceramente possono afferma– re di non farlo solo quasi per do– vere d'ufficio. Qualcuno ha perfi– no manifestato apertamente questi dubbi. Il borghese anche progres– sista quando legge il giornale dice « Bah, se sono in galera qualcosa avranno pur fatto », ecco, il bor– ghese le dice queste cose, i com– pagni spesso le pensano. Giovanni Corradini scarcerato per mancanza d'indizi dopo sette mesi di carcere, mi ha detto « Capisci, mi hanno ac– colto a braccia aperte, però quasi con l'occhio strizzato, come a dire ce l'hai fatta a farla franca ... roba da matti, certo non te lo dicono, ma si comprende perfettamente che lo pensano ». Il nostro sia ben chia– ro non è un atteggiamento legali– tario anzi, proprio perché ritenia– mo importante sostenere e difen– dere i « nostri reati », quelli che sono necessari per potere difen– dere le nostre lotte, i nostri scio– peri, le nostre manifestazioni, pro– prio perché pensiamo che molti sono i reati che saremo obbligati a compiere per rafforzarci sempre di più e per indebolire sempre di più i padroni, proprio per questo dob– biamo saperci distinguere dai « lo– ro » reati, quelli dei padroni e che gli stessi padroni e i loro servi poi, vogliono farci pagare. Il 22 marzo i compagni in aula sma– schereranno le macchinazioni della borghesia, denunceranno con forza le sevizie subite dalla polizia e noi saremo lì, in massa e vedremo se borghesi e revisionisti riporteranno con tanto « calore » anche quelle accuse, quelle atrocità non impu– tabili tanto a qualche carabiniere, ma all'intero sistema poliziesco e inquisitorio.

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