ANTONINO PAGLIARO trasformarsi delle lingue e che fu fatto proprio dalla corrente naturalistica, a partire dallo Schleicher. 2. Il linguaggio è fatto umano e, poiché l'umanità è costituita da individui, già in tale definizione pur tanto ovvia e generica si pone il rapporto fra universale e particolare. Anzi, poiché l'umano come immediatamente conoscibile si offre in una realtà puramente individuale, il problema del linguaggio si pone per prima cosa alla nostra indagine nella realtà concreta dell'individuo parlante. Il parlare di ogni individuo ( I) è, da un lato, determinato dalla sua storicità, cioè dalla lingua che è sua perché egli appartiene ad una certa comunità, e, dall'altro, dalla maniera particolare con cui questa lingua egli assume come forma di quel che vuol dire. La facoltà del parlare prende in lui aspetti concreti, tecnici: da un lato la lingua che gli si pone di fronte, quasi come un dato obiettivo, dall'altro la libertà con cui egli opera la sintesi fra il contenuto della sua coscienza e quella lingua. Questa rappresenta rispetto all'universalità del linguaggio, un atteggiamento particolare di quel momento tecnico che lo compone e caratterizza come facoltà (senza lingua non c'è linguaggio). Non è però, un particolare, che, appartenendo all'individuo, in lui si compia ed esaurisca; è bensì pertinenza di tutta una comunità, legato ali' individuarsi di questa nel tempo e nello spazio. Anzi, la lingua rispetto all'individuo rappresenta un universale concreto, storico, in cui quello si attua come parlante. Infatti, nella sua formazione e nella sua struttura la lingua è precisamente l'obiettivazione concreta delle forme in cui si è atteggiata l'attività linguistica di un gruppo umano nello spazio e nel tempo. Essa è un aspetto, forse il più tipico ed importante, di quell'uscire da sé e realizzarsi in forme durature, che è àppannaggio dell'uomo, per la sua stessa natura. Com'è noto, la storia comincia solo lì dove si trascenda il limite della fisicità: la civiltà materiale di cui ci ritroviamo inopinatamente in possesso, i costumi, le istituzioni giuridiche, il patrimonio morale, le tecniche di ogni operare, sono il risultato concreto di un tale esternarsi, che conferisce un carattere unitario alla vita di molte generazioni, anche se scompaiano i singoli che le hanno costituite. All'infuori di queste forme concrete in cui si manifesta, la libertà, operante come dato universale al di dentro dei rapporti che si annodano in ogni uomo, non è conoscibile: l'obiettivazione è condizione della conoscibilità, ma essa non si attua se non nel quadro di quelle realtà concrete che la facoltà stessa dell'obiettivarsi ha create nell'ambito di ciascun rapporto. Fra queste realtà la lingua è certamente la più comprensiva. Infatti, il linguaggio è presente in tutti i rapporti in cui l'uomo si determina, rapporti con se stesso, con gli altri uomini, con la natura come intuire e come conoscere,, con il mondo ideale precostituito; poiché è il migliore e più immediato veicolo della libertà che opera al di dentro di essi. La lingua, che del linguaggio costituisce la proiezione oggettiva e, al tempo stesso, la condizione tecnica, si pone come il tratto più qualificante di ogni aggregato umano. Ed è, d'altra parte, qualificante per il singolo individuo in un ambito, che non è soltanto quello linguistico, ma comprende tutta la 'storicità' di lui, cioè la sua partecipazione all'uno o all'altro dei complessi umani, che si delineano come unità a sé stante, nel quadro di quelle relazioni ed opposizioni che danno corpo alla vita storica. 3. La lingua è presente nel singolo come alterità: appartiene a lui ed appartiene ad altri; al suo essere ed al suo moto egli contribuisce con gli altri che (I) Alla parola 'individuo' il Vossler (Geiu ,md Kultur in der Sprarhe, 1925, p. 9 sgg.) propose di sostituire quello di 'persona' desumendolo dal diritto romano. Ciò è ovviamente superfluo, poiché l'individuo, determinato com'è nei rapporti che il vivere att ua in lui, è sempre 'persona'.
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