IL LINGUAGGIO E IL PROBLEMA DELLE ORIGINI 69 bensì « funzionalmente » necessario: ogni fonema ha una funzione indicativa nel complesso; ogni complesso costituisce il segno di qualche cosa che· ha una rispondenza oggettiva, ma, in quanto segno, è momento soggettivo, forma della coscienza che lo assume. Il riconoscimento -della natura motoria del linguaggio agevola di gran lunga la giusta valutazione di esso e, in particolare, la sua sottrazione a quella valutazione naturalistica, aQa quale nel passato e nel presente lo vediamo arbitrariamente sottoposto. La coscienza oggi non è più considerata qualcosa di dato e di stabile, come le dottrine sensualistiche l'intendevano, bensì come moto e sentimento del moto. In tale mobilità, in tale perenne dinamismo, il linguaggio ha le sue radici e al moto della coscienza esso pienamente si coordina per la sua stessa natura di fatto motorio: di movimento che ha origine da un movimento. La libertà, che è attributo della coscienza, si riflette come libertà nel linguaggio, determinato nel suo impulso solo dall'impulso della coscienza, che tende a dichiararsi in esso. Perciò il linguaggio appartiene ali' ordine dei fatti finalistici e, solo nell'ambito di questo riconoscimento, è possibile rendersi conto del legame, che unisce suono e significato. Non si tratta di un legame come di causa ed effetto, quale siamo abituati a vedere nel!' ordine dei fatti naturali, bensì di un legame fra forma e contenuto, che è determinato dal fine del!' esprimere. L'assunzione del linguaggio nell'ordine dei fatti finalistici ci fa apparire ingenua e sostanzialmente erronea quella concezione, che vuole rintracciare un legame naturale fra il suono e il suo significato, quasi rapporto di causa ed effetto, cpucm secondo gli antichi, e non meno insufficiente ci fa apparire la contraria accezione della convenzione e del!' arbitrio, v6µe:>o &icm, poiché tali giudizi contrapposti si pongono solo dal punto di vista di un'inclusione del linguaggio nella categoria dei fatti naturali, dove domina la legge causale, ma cadono e non hanno ragion di essere, se il segno viene considerato dal punto di vista finalistico, al pari di ogni creazione umana, cioè dell'adeguatezza alla sua funzione;_ e così deve essere considerato. Intorno al fine, a cui l'attività linguistica risponde, è stato variamente discusso e tuttora si discute. Tenendo presente la fase risultativa, si suole dire che il linguaggio risponde al fine dell'esprimere: difatti, esso serve a esternare momenti di vita interiore. Altri, tenendo presente che ogni esprimere è in funzione di una ricezione, afferma che il fine del linguaggio è quello di comunicare alcunché agli altri e da questo trae la conclusione che si tratti di un fatto eminentemente sociale: il che è pure vero, perché il linguaggio serve, per l'appunto, soprattutto nel rapporto fra gli uomini. Sono questi i fini che di solito si attribuiscono al linguaggio; quando, poi, si vuole trovare un oggetto alla nozione dell'esprimere e del comunicare, si completa di regola, affermando che esso è il mezzo o lo strumento per l'espressione del pensiero.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==