Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

LA POETICA DELL'ISPIRAZIONE NEI PRIMI POETI DELLA GRECIA 33 elaborato della presunta preminenza dell'opera propria su quella degli altri, o della preferenza accordata all'uno o ali' altro di due autori rivali. E specialmente Aristofane che ci illumina a questo proposito, con la sua arte tanto ricca di riferimenti al mondo culturale in mezzo al quale vive: e ci illumina, in modo particolare, col confronto stabilito tra Eschilo ed Euripide nelle Rane, in una commedia calorosamente accolta dal pubblico e quindi presumibilmente interprete dell'apprezzamento diffuso e prevalente nella città. Risalendo ora alle più remote manifestazioni del genio poetico dei Greci, a quelle in cui il sentimento fioriva sul terreno vergine dell'immediata intuizione, troviamo subito che il poeta vi diede ragione della sua arte nel modo più consentaneo a questa, appunto consentendo alla poesia di rimaner tale mentre si faceva poesirt della poesia. Essendo proprio del suo sentire l'oggettivazione mitica di ogni apparizione naturale e di ogni interna aspirazione, anche l'attività produttrice della bellezza gli si manifest2 nel suo oggettivo prodursi per una iniziativa divina. Dove sarebbe riuscito impossibile concepire una fantasia creatrice di Numi, i Numi si raffigurarono creatori di ogni fantastico dono, per quel capovolgimento della prospettiva che è il frutto spontaneo della visione allucinante. La sorgente dei canti occupò tutto l'Olimpo, quando genericamente il poeta riferì al dio la sua ispirazione, ovvero ebbe il suo spazio augusto nell'Olimpo, accanto e sopra gli Dei, quando la ipostasi fantastica concentrò nel coro delle Muse la trascendente virtù da cui fluisce la po'esia. Il nucleo di questa iniziale poetica dei poeti (1) è tutto nel « Cantami, o Diva >>, e nel « Narrami, o Musa » e negli altri accenti simili che si ripercuotono in Esiodo, in Pindaro e oltre, ripetuti più o meno convenzionalmente a seconda che i singoli poeti si mantengono meno o più aderenti allo spirito con cui quegli accenti furono la prima volta pronunciati (2). (I) Mantengo così il punto dì vista gìà espresso nel mìo Platone (Padova, 1935, v. II, pagg. 11·12) quando accennavo al « Dio che si sostituisce all'uomo per produrvi l'entusiasmo dei vati, come pensavano concordemente poeti e filosofi, da Omero a Democrito», quantunque ciò mi sia rimproverato dal DELLA VALLE, quasi io avessi inteso « riassumere in rigidi ideali schemi convenzionali e fissi tutte le molteplici e vive intuizioni sulla creazione poetica, che da Ortiero e da Esiodo germinarono fino a Democrito e a Platone» (Lezioni di Poetica das· 1ica, cit., I, pag. 15; dr. pagg. 21-22). Non era questa la mia intenzione, ma soltanto d'indicare il motivo accentratore della poetica preplatonica con quella rapidità di cenno che m'era consentita in un'opera che ad altro oggetto era rivolta. Riprendendo lo stesso motivo e riba• dendone la centralità, posso ora indicare con agio maggiore la ricchezza d'intuizioni che vi sono contenute e ne sono state ricavate, più o meno esplicitamente, dagli antichi poeti. Del resto, lo stesso DELLA V ALLE non manca di far riferimento a più riprese ( pu esempio, pagg. 33·36, 40-43) al motivo dell'ìspìrazìone divina, dimostrando così dì fatto che esso è, tutt'altro che uno « schema rigido, rozzo e generico », un germe vivo e fecondo oella mentalità dei presocratici. E quale sia la sua vitalità e sopra.vvivenza potrà ·constatarlo chi, oltre il presente studio, verrà a contatto con l'estetica di PLATONE. (2) OMERO, li., I, v. 1; OdiJI., I, v. I; Es1000, Teog., 30 sgg. (le Muse conferiscono al poeta, come scettro sacerdotale, un ramo d'olivo fiorito); 80 sgg. (le Muse versano dolce rugiada sulla lingua deì re, le cuì labbra sono rese capaci dì proferire dolci parole); 94 sgg. (alle Muse e ad Apollo si deve se ci sono sulla terra aedi e citaristi); Opere e Giorni, 1 sgg.; 658 sgg.; ecc.; PINDARO, Pitia I, v. 1 sgg., 41-42; Nemea lii, 1 sgg.; Pitia IV, I; !Jtmia I, 6; Nemea IX, I sgg.; Pitia VI, 49; ecc. 3. - Q,ualerni di Romr,.

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