18 NELLO VJAN « Non voglio lasciar passare la giornata di domani senza mandarle un saluto. Grazie a Dio, nulla per parte nostra è sopravvenuto a impedire o rompere l'antica amicizia: il desiderio di vedere i nostri amici tranquilli, e contenti del loro lavoro, è vivo come lo era quindici anni or sono. Non Le nascondo che quest'amicizia per me è stata causa di molti dolori. Poco ne ho parlato, perché non è mia abitudine parlare non chiamato e inutilmente; ma questo non toglie che nell'intimo dell'anima non abbia provato e non provi il dolore di chi vede alterata un'idea amata da alcuni di quelli ai quali ne ha fatto parte per essersi ostinati ad affrontare temerariamente il contagio di malattie dell'anima che chiudono l'adito allo Spirito buono e però rendono fallace la luce di quell'idea. Le malattie funeste son quelle contro le quali tante volte ho cercato di premunirli, della passione critica e della politica. Sapevo che la prima passione distrugge nell'intimo il germe della fede, e chi s'è mosso per difender con essa la Verità liberatrice del Cristianesimo, si trova senza volerlo schiacciato tra i suoi nemici. Sapevo che la passione religiosa e politica che si chiama clericalismo, abbassa e materializza la Chiesa al grado di un partito, qualunque sia il colore di questo partito, nero o rosso; che è sempre la stessa confusione, poiché il male non è nel colore, ma nel fare il vessillo religioso, che è d'un Regno che non è dt questo ·mondo, servo degli interessi umani. Queste cose, com'Ella deve ricordare, ho dette e ripetute in privato e in pubblico, da più che vent'anni; e questo ripeto ancora a chi credo che possa ascoltare. Per questo mi permetto di ripeterle a Lei conoscendo la sincerità del Suo cuore, e coi voti dell'antica amicizia, venuti dal cuore, che il Suo desiderio di bene riesca a bene » ( 1). Ma il caduco stava oramai per dare luogo all'eterno, nel cuore del Fogazzaro, che il 7 marzo 1911 moriva, in pace. La notizia commosse Giulio Salvadori, e gli riaprì la vena profonda della memoria. Egli sentì il bisogno di farne parte a comuni amici, richiamando ancora una volta il legame di riconoscenza che a lui lo aveva legato: « .... io mi sento grato a quell'Uomo, perché in un momento incerto della mia vita egli come scrittore m'aiutò a sentire la gentilezza dello spirito mostrandomi come ci si poteva avviare a purificare l'amore» (2). E meditò fortemente su ciò che restava di « quell'Uomo d'ingegno squisito, d'animo così delicato e alto», quasi « eredità di pensiero e di sentimento » da raccogliere e da mettere a frutto: « Ingegno e animo, vincendo le battaglie palesi e le occulte, egli rivolse al bene. E senti e affrontò i due problemi, della poesia e della scienza della natura e del- !' anima: l'elevazione del sentimento e del senso della vita dello spirito; il vincolo che congiunge la natura inferiore e l'umana» (3). Più intensa e soave lo riassalse, una volta, la ricordanza, tra la natura, mentre svolgeva pa,gine di un discorso detto per il Fogazzaro da un amico: ·« Leggendolo in (1) Lettera del Salvadori al Fogazzaro, Roma, 12 giugno 1910 (inedita). (2) Lettera al Gallarati Scotti, Roma, 26 marzo '911, in SALVADOR!, Lettere, pag. 218. (3) Lettera allo stesso, Roma, 19. IV. 'II, in SALVADOR!, Lettere, pagg. 219-220 . ..
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