Quaderni di Roma - anno I - n. 3 - maggio 1947

« ÉTIENNE GILSON, ACCADDIICO DI FRANCIA » zione storica venga meno. Il recente infortunio toccato al Coville t 3> - anche se postumo - e dimostrato proprio da uno dei più brillanti allievi del Gilson, A. Com bes t9>, indica come la ricerca scientifica nelle sue varie divisioni tecniche presupponga una sicura coscienza da parte degli studiosi che ad essa si dedicano ed una completa onestà. Se anche uno solo vien meno al proprio dovere, un intero periodo della storia della cultura può venir male interpretato per inticri decenni. « La realité, dice ancora il Gilson, est dc structure fibreuse; on ne la comprend et l'on ne progresse dans sa connaissance qu'en suivant ses lignes d'intelligibilité » t••>. Talvolta qualche ricercatore non sa scoprire queste linee, oppure si lascia sviare da s~mplici intuizioni. Allora la realtà non viene spiegata ma strappata e malamente guastata. Nascono di qui certe soluzioni di compromesso o formule irreali o, peggio ancora, particolari teorie che non riflettono la complessità dei fatti ma costruiscono soltanto dei romanzi verosimili. Su questi il ricercatore non si trattiene dall'esercitare la più mordente ironia (« l'histoire ne pcut pas etrc un tableau des passés possiblcs » l">). Preoccupato della particolare complessità dei problemi che presenta la storia della cultura medievale, il Gilson, onde non essere sviato nè da esagerazioni nè da semplicismi, fissa sempre nello sviluppo di un'idea quello che egli chiama l'axe moyw. Stabilito questo particolare punto di vista, egli cammina cercando di trovare con assoluta precisione quanto precede e quanto segue rispetto al punto originale che vuol mettere in luce. Riscontrata l'esistenza di un pensiero medievale per sè stante, onde poterlo meglio definire egli si preoccupa di stabilire in che cosa esso si distingue dal pensiero moderno e dal pensiero classico. Per questo legge Cartesio, Pascal, Malebranche e mette in luce non solo quanto in essi rimane del pensiero scolastico, ma anche che cosa li distingue da questo ultimo. Viene cosl, secondo il suo metodo, fissando con esattezza che non esiste nella realtà dei fatti quella rottura tra pensiero medievale e pensiero moderno che tanto era stata proclamata. Dopo prolungate ricerche egli non teme di affermare che il Dio di Cartesio, di Malebranche e di Berkeley rassomiglia molto di più a quello di s. Tommaso che non a quello di Aristotele. Come pensa che la metafisica di Malebranche non si potrebbe spiegare senza s. Agostino, al medesimo modo addita in Ockam il precursore nominalista di Locke e per esso di David Hume tu>. In U!(Ual (8) .-\.. Co, 11.u:. S011tiu et rierrr Cui f'I f'humanisnu en France ,m umps de Charlrs VI. PJris. Droz. ")3+ (9) :\. Co)1us, /rtm de Montrrui/ et le dmt1crlrirr Grrson, P~ri~i. \"rin. 1942. 110) A. COM.BES, op. rit., p. 21. (11) E. C11-.o-.. ])ante et la p/11/osop/Jie. Pari,gi. \'rin. u;>39. p. 26o. (n> E. G1L.~."-, La phi/osophie au ,\foyrn Agr, cit.. p. jOO.

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