Quaderni di Roma - anno I - n. 3 - maggio 1947

VIITORIO MARCOZZI S. J. una foglia. Il resto del corpo rimane penzoloni nel vuoto. Una seconda formica si afferra alla cintola della prima. Una terza si aggrappa alla seconda; una quarta alla terza e così di seguito fino a raggiungere la corrente sottostante. Anche qui la catena continua ad allungarsi, finchè il. suo estremo libero, trascinato dalla irregolarità della corrente, tocca la sponda )opposta del ruscello. Le formiche si afferrano solidamente a questa e tirano la catena. Si forma così una passerella, sulla quale il grosso dell'armata può impunemente attraversare la corrente. È questo, forse, il ponte più originale che sia stato ideato ! <7> Si può supporre che in questo e in tutti gli altri esempi citati, non vi sia un'intelligenza ordinatrice che ha risolto sapientemente le difficoltà ed i problemi che la natura presenta ? L'intelligenza nelle operazioni istintive è, a nostro avviso, innegabile. Ma dove si trova questa intelligenza ? Negli animali che compiono le azioni istintive, così mirabilmente finalistiche, oppure al di fuori dell'animale, in Qualcuno che ha così plasmato l'animale ? L'osservazione oggettiva dei fatti dimostra che tale intelligenza non è nell'animale. Infatti, se l'animale fosse intelligente come l'uomo, avrebbe appreso quelle operazioni che noi chiamiamo istintive mediante l'esperienza, giacchè è proprio dell'intelligenza umana conoscere soltanto mediante l'esperienza. Ora, le azioni istintive hanno proprio questo di caratteristico: di essere compiute indipendentemente da qualsiasi esperienza, sia individuale, sia collettiva. L'istinto ha qualche cosa di profetico, di preveggente. L'animale conosce il suo comportamento appena nato, senza che l'esperienza o i genitori glielo abbiano appreso. _Scrivea questo proposito il Raffaele: « Gli animali fin dalla nascita sono dotati di tutto il corredo di facoltà necessarie a compiere una serie di operazioni, talora assai complicate, in modo pqfetto. Essi ricevono per eredità il loro istinto allo stesso modo come ricevono le loro forme, i loro organi e tutti i loro caratteri specifici" es>.In modo del tutto simile scrive il Rostand: « Ogni generazione di uomo deve fare per suo conto tutto il tirocinio umano. E se, domani, tutta la nostra civiltà' si trovasse distrutta, l'uomo dovrebbe tutto ricominciare. Egli ripartirebbe dal medesimo punto donde è partito cento o duecento mila anni fa. Tutte le sue opere, tuttq il suo lavoro, tutte le sue sofferenze passate, non gli gioverebbero a nulla, non gli conferirebbero nessun vantaggio"· (i) R. \V. G. Hl'\'GSTO'\'. op. cit .. pp. H)O•I91. (8) F. R.uF..u.u-, /Jtinto, in (\ Encicl. Trccc;ini )t 1 ,·ol. XIX, 1933.

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