226 .\KTONINO PAGLI,\RO visto come tale lassa e la seguente stiano a sè come contenuto e come stile, tanto che ivi, nella ,formula, per ha, come sembra, valore pure causale . ...... Escluso nel per della formula: laudato si, mi Signore, per ... il significato di preposizione di agente ed ammesso quello causale soltanto nelle due lasse del perdono e della morte, ci troviamo in un'aporia dalla quale non è possibilità di uscita, rimanendo nell'ambito della lingua d'uso, sia µure quella del duecento. · È ·stata rilcv:ita da altri, e dal Benedetto in particolare (o. c., p. 50 e ss.), la dimestichezza del Santo con la Scrittura o almeno con talune parti di essa: ne sono prova i numerosi echi che se ne hanno nei pochi scritti di lui. Dato il carattere del Cantico, che è propriamente una preghiera, una composizione liturgica, si affaccia un'altra e diversa possibilità di soluzione e, cioè, che la formula in questione debba essere intesa nell'ambito della tradizione linguistica cristiana, in massima parte, dipendente, com'è noto, dai testi sacri e ,Jalla. Vulgata in particolare. Che il Santo abbia poetato in volgare - l'unica redazione latina che del Cantico ci sia. pervenuta è sicuramente una traduzione (cfr. p. Oliger in Arc/1. Frane. lzistor. 13 f 1920·\, p. 269 e ss.)- non esclude la possibilità di una siffatta inAuenza, sia per la vitalit~ del latino, e del latino della Chiesa nell'età del Santo <• 3>, sia per il facile aderire delle forme volgari alle latine. Il significato di per può es~ere inteso solo in dipendenza da quello, che è stato, secondo noi, il modello della formula del Santo: la formula dell'introduzione della lode degli Angèli nel Prefazio della Messa: « per Christum Dominum nostrum. Per quem maiestatem tuam laudant Angeli, aclbrant dominationes, tremunt potest;ates ». La rispondenza formale della formula: per quem maiestatem tuam /auda11t Angeli con concomitanza pu iocum e ioco in Put.:TO, Amp!t. ()63: in GREGORIO m Tm R~. Hist. Fr., 2.36: <e,1irtutcm dei inridcrc per pccuni:1111 1) è cb intendere 1< per cupidigi:1 di dcn:tro »). (13) Mi sia consentito qui di ricord:1rc come un residuo dcli:\ legenda btina del S:lmo \ iva :rncora oggi nel dialetto siciliano nel rnc;1bolo lupucm1ir1. lupicuviu, con cui si denota un uomo solitario, di tcmpcr:1mcnto selvatico. I lessicografi scindono arbitrariamente rnvit1 dal nesso; \"1'.\'c1. Et}•mologirnm Sicu!um, 1759, p. 84: "nmiu dicimus luptt cuviu: idem est ac italicc cupo: dicimu'- etiam dc hominc cuius :ircana rimari non J)()~sumu.;n; P.,sQUAl.1'-O, Vocabolan·o siritù,110 etimologico. I. 1785. p. 407: (< cuvitt diciamo :1 uon-lo iJ quale ticnt in sè le cose che fo. e per lo più. '-C gli aggiunge lupu ,,: m:i cfr. Dr GRFCORIO. Studi Klollol. ital .. I (1927). p. 99: <• a Palermo abbiamo comunemente lnpu-rnlliu ». È palese che si trana di fopus lgm1ii. la cui fama !<.i diffuse certo atlra\'crso la predicazione. (Sulk prediche in latino :1ncor:l m:i sccc. Xlii-X\" dr. z, '-O, 1\'ore alla RiMiouc(I italiana ciel Font:lnini. li. p ... p.~ e S'-.).
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