Quaderni di Roma - anno I - n. 1 - gennaio 1947

SALVADOR! E D'ANNUNZIO 7 "ituperi », il mondo letterario Sommarughiano, principiò in lui, da questo tempo: egli, ncll'82, non partecipò al famoso viaggio in Sardegna di Scarfoglio, d'Annunzio e Pascarella, nè collaborò all'Album-Fracassa, che adunò tutta la compagnia «bizantina». Nei mesi che seguirono crebbe il distacco, che documentano le inquiete e talvolta drammatiche lettere del Salvadori al Fogazzaro <•,i, e dolorose pagine del suo diario. Nel maggio '83 egli lasciò addirittura Roma e si rifugiò per qualche tempo neila nativa campagna toscana. Di quell'anno, o almeno datato da quell'anno è il sonetto «Un'eco», raccolto poi tra i Ricordi dell'umile Italia, che prova come più esigente e forte andasse risuonando nel suo cuore la voce di Dio. Qualcuno ha fatto il nome di d'Annunzio come di uno dei due compagni che vanno nella notte, « per la via silenziosa »; ma altro è il nome segnato sopra un appunto, dell'attore ciel dramma morale evocato in quel la poesia <7>. Al tempo del sodalizio, Salvadori critico parlò più volte ciel d'Annunzio, con sentimento cli amicizia ma con schiettezza e acutezza di giudizi. Ecco, a esempio, in una rassegna di poesia contemporanea fatt.i, nel dicembre '82, per la Cronaca bizantina, il luogo che gli assegna in una specie cli bolgia dantesca. « Anche qui, le colpe contrarie che dispaiano le due brigate sono prodigalità e avarizia. Da una parte Gabriele d'Annunzio, Edoardo Scarfoglio, e, in parte ma debolmente, Giovanni Marradi, grandi suscitatori d'immagini, grandi scialacquatori di colorito, celano assai spesso sotto i cenci nuovi e smaglianti i motivi un po' logori e vecchi. Spesso, intendiamoci, non sempre; chè il d'Annunzio, anche quando gli manca l'originalità del motivo, lo ha saputo simulare così abilmente sotto la copia delle immagini luminose e ha còlto alle volte con intuizione così felice le voci più alte della natura, con facili,tà così viva certe strane figure de' suoi sonetti, che certo non gli può mancar la forza a uscire dal suo piccolo mondo». Ma quel mirabile virtuosismo non poteva durare, se non acquistando un interiore contenuto: « Edoardo Scarfoglio e Gabriele d'Annunzio che seppero suscitare dai boschi r dal mare del loro Abruzzo una fanfara selvaggia cli colori e cli suoni, sono agli sgoccioli: o rinnovarsi o morire "· Si noti la data cli queste parole, 1882: l'Imaginifico era appena ventenne, il lungo cammino della sua magica arte solo agli inizi, e già_la severa alternativa che egli stesso sentirà fino all'ultimo, gli veniva posta con estrema nettezza da quel suo coetaneo. E quando il d'Annunzio, con i poemetti dell'/nterme.:::zo di rime provocò la vasta polemica sul pudore nell'arte, il Salvadori non si peritò di scrivere, ancora, con rude franchezza: « Non vorrei che l'arte dell'amico (6) G. SAl,\"H>Ollt, Lei/ere. Firenze, Le Monnicr, 1945, pp. r5-r7, 32-34. (7) N. VI\:'\, EipaJt:nze e tristezze di Giulio Salvfldori ,( bi-::a,uino », noll'Ouervatore Romnno, 2.2 giugno 1941.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==