del capitale e che rappresenta la finalità alla quale oggi tutto i l resto appare subordinato, in maniera diretta e indiretta. La distribuzione del lavoro (chi davvero «lavora»?) Esistono infatti dei precisi meccanismi economici che fanno intravvedere come, i n mancanza d i una radicale trasformazione dei rapporti sociali di produzione, nessuna automazione del lavoro potrà mai produrre gli effetti che Schaff paventa e nello stesso tempo auspica. Abbiamo visto che la fine di alcune mansioni non è la «fine» bensì la loro incorporazione nelle macchine. Di conseguenza, i relativi beni, siano essi materiali o servizi, vengono prodotti attraverso le macchine e non attraverso i l lavoro vivo. li meccanismo al quale stiamo assistendo è semplicemente l a progressiva estensione d i questo specifico processo d i lavoro, svolto attraverso le macchine, ma organizzato e impostato e scelto dagli uomini. In questi nuovi processi di lavoro, i l lavoro vivo non scompare ma si sposta nella scala temporale del processo; è banale affermare che una macchina e ancor più un sistema di macchine dal più semplice al più sofisticato, deve essere innanzitutto ideato, poi progettato, poi costruito, e che più ci si sposta a monte nel processo più interviene lavoro vivo. Ma quello che i l pubblico si chiede i n questo momento è se questo sia un processo finito o magari, più ottimisticamente, asintotico. Ci si chiede cioè se con uno sforzo di accumulazione progressiva, molto lungo ma finito, sia possibile incorporare nelle macchine la produzione di tutt i i beni (materiali e immateriali) che caratterizzano una determinata epoca. 0 se invece questo sforzo sia reso vano da un meccanismo del tipo «Achille e la tartaruga» (appunto asintotico) secondo i l quale, quando ci si avvicina al completo esaurimento del lavoro vivo necessario a produrre i beni, si crea un'ulteriore quota di lavoro vivo, minore della precedente, ma non nulla. I n questo modo la «fine del lavoro» sarebbe rimandata all'infinito, anche se si presenterebbe come una tendenza in ogni determinato momento storico, con particolari accentuazioni che appaiono come discontinuità e«rivoluzioni». Vi è in ogni caso una sostanziale differenza tra i l primo e i l secondo approccio, poiché quest'ultimo ammette ciò che dovrebbe essere indiscutibile, cioè che i l lavoro umano non è una quantità finita, Biblioteca Gino Bianco
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