216 soltanto del giornalista frettoloso o dell'operaio giustamente timorosodi perdere il posto. Sono anche di insigni ricercatori, economisti esociologi comeAdamSchaff e Andre Gorz. Mentre il sindacato si interroga fondatamente e angosciosamentesu di unastrategiache gli consenta di difendere il lavoro (se non il postodi lavoro) di tutti, e nellostessotempo di accettare l'innovazionetecnologica;mentre gli economisti seri cercano di costruiremodelli della interazione tra innovazione e occupazione, oppure cercano tra mille difficoltà di attivare indagini empiriche, è singolare che si riaffacci l'utopia della fine del lavoro, basata su di un modello previsionale tanto facile quanto fallace; prendere le evidenze empiriche qui edora edestrapolarle al futuro, senzasoffermarsi ad analizzare i presumibili effetti della transizione, le controtendenze, le contraddizioni chesi aprono. Una utopiacheattribuisce allamicroelettronica la capacità di sconvolgerenon tanto un ordineeconomico, quanto un ordine umano,privando l'uomoda un lato della schiavitù del bisogno, dall'aldel suo principale elemento di identificazione, il lavoro. SecondoSchaff, l'espandersi della automazione nella produzionemateriale e nei servizi porterà, in tempi più o meno lunghi, alla fine di una grande parte del lavoro, specialmente di quello industriale, ma anche di quello nei servizi tradizionali. Rimarranno alcune attività che gli uomini dovrannoancoracompiere; si tratterà delle attività creative ed artistiche, di quelle di coordinamento e di governo dellasocietà (la pianificazione, il terziario commerciale e finanziario) leattività di servizio alle persone (quello checomunementecostituisce il contenutodello statoassistenziale) lo sport, le attività del tempolibero; tuttavia, sostieneSchaff, la scomparsapressoché totale del «lavoro» tradizionalmente inteso porrà problemi almeno di due ordini. I l primo è che l'uomo è abituato a identificarsi socialmente attraverso il lavoro, e quindi la scomparsa di quest'ultimocomecontenutocentrale della vita provocheràgrossecrisi di identità sociale. I l secondoè che per svolgere le attività residuedopo l'automazione, tutte di alto livello, occorronoqualificazioni superiori all'attuale, che non tuttipossonoavere. Occorre quindi una doppia strategia, da un lato per ridare agli uomini la possibilità di ritrovare unsenso alla propria vita che non sia più nel lavoro, ma nemmeno nel solo tempo libero; dall'altro per consentire a tutti di acquisire quella formazionesuperiorenecessaria a svolgere le attività creative, artistiche, organizzative cherimarrebbero non automatizzate. Da questi presupposti Schaff fadiscendere l'esigenza di un grandeprogetto di formazione permanente, costituito da un'alternanza di periodi di studio e di lavoro; quest'ultimo, a sua volta, sarebbe costituito da una «vita sociale at; Biblioteca Gino Bianco
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