Ugo Ojetti - L'Italia e la civiltà tedesca

- 19 - se ne ebbe qualcuno sulle arti, massime sulla più astratta e più pura delle arti, sulla musica, non riuscì nemmeno attraverso ad esse a toccar la vita reale e le norme morali. Fu un altro cielo : ma in questo nuovo cielo metafisico il sole non ha nessun calore. Solo i filosofi inglesi hanno saputo ricondurre i principii morali aprioristici all'esperienza individuale e sociale. Perciò del più puro ~ persuasivo dei filosofi tedeschi, di Hegel, diceva Renan « che ci si doveva contentare di farne un 'infusione : è un tè eccellente ma non bisogna masticarne le foglie ». I nostri hegeliani non sono stati così prudenti. La Musicatedesca. I Ho accennato alla musica. Solo parlando di musica tedesca, si potrebbe meglio che con qualunque altro argomento provare la mia 'tesi. L'arte musicale tedesca, fino a tutto il romanticismo, è s~mpre di derivazione italiana. Due .eccezioni si possono fare a questa regola : la canzone medievale dei Minne-Sanger e, in parte, l'opera musicale chiesastica che ha il suo fiore più alto in Giovanni Sebastiano Bach e che intende esaltare il carattere antilatino del Corale luterano. L'arte polifonica vocale e l'art~ organistica dei tedeschi arriva ben in ritardo non solo sulla trecentesca Ars nova fiorentina, ma anche sui grandi polifonisti italiani di Venezia e di Roma ; e il suo sviluppo è dovuto all 'Isaak che fu alla corte di Lorenzo il Magnifico, allo Schiltz che fu a Venezia scolaro di Giovanni Gabrieli, al Kerl che studiò a Roma col Carissimi, al Froberger che, anche a Roma, studiò col Frescobaldi. E lo stesso Schiltz che nel 1627 compose la musica per la Dafne del Rinuccini già musicata dal Peri trent'anni prima, non segui le norme estetiBiblioteca Gino E31dnco

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