NOTE 1 Il' materiale confluito in Walden va confrontato con quello presente nel diario e in A Week on the Concord and the Merrimack Rivers, soprattutto in «Sunday». Durante il soggiorno a Walden Thoreau lavora alla revisione di questo libro, pubblicato nel 1849. 2 J;interpretazione infinita. [;ermeneutica cristiana antica e le sue trasformazioni, Bologna, Il Mulino, 1987. Richiamo di qui una definizione: «se l'interpretazione è un'arte, l'ermeneutica è il momento riflesso che la accompagna con una teoria del testo, spesso solo implicita, e soprattutto con regole di interpretazione» (ivi, p. 5). 3 Cito la versione del testo basandomi sulla traduzione di P. Sanavio, da H.D. Thoreau, Walden ovvero La vita nei boschi, del 1958, nuovamente edita presso Rizzoli, Milano, 1988. Ho dinanzi Walden e A Week on the Concord and the Merrimack Rivers (abbr. Week) dall'edizione curata da R.F. Sayre, The Library of America, New York, 1985, che tiene conto delle edizioni critiche precedenti. 4 Secondo Plutarco, De Iside IX, 354 C, la scritta suonava «Io sono tutto ciò che è stato, ciò che è, ciò che sarà; e nessun mortale mai scoperse il mio peplo» (anche cfr. Erodoto II, Hist., 170 s.). Thoreau conosce direttamente il passo di Plutarco, cfr. Joumal, ed. by B. Torrey, Boston, 1906, p. 139, dove il 14 giugno 1840 il passo è riportato in greco, senza commento. Su questo passo, citato con ammirazione nella Critica del giudizio di Kant, cfr. E.H. Gombrich, The Symbol of the Veil: Psychological Refiections on Schiller's Poetry, in AA.W., Freud and theHumanities, New York, 1985, p. 82, con riferimento a un saggio di P. Hadot, Zur Idee der Naturgeheimnsisse, «Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften, Geistes-und sozialwissenschaftliche Klasse» (1982), n. 8, pp. 3-33. Schiller torna molte volte sul tema a partire precisamente dalla poesia «Das verschleierte Bild von Sais», del 1795, in cui il giovane che alza il velo della dea muore, senza che si dica che cosa ha visto. Secondo Gombrich, per Schiller «la natura della nostra natura animale è la terribile verità che deve essere velata» (p. 92). La poesia di Schiller sicuramente influenza Melville in un passo del Moby Dick, alla fine del cap. LXXVII. «Ma la Verità vera è una cosa che soltanto i gigantisalamandre affrontano: quante probabilità vi sono dunque per i provinciali? Che cosa accadde al giovanotto male in gambe che sollevò il velo della dea tremenda, a Sais?» Cfr. l'edizione di Moby Dick, or the Whale, curata da L.S. Mansfield e H.P. Vincent, New York, Hendricks House, 1952, dove alla nota p. 770 s. si spiega anche che la prima edizione portava «Lais», passato nella traduzione di C. Pavese. Melville conobbe la poesia di Schiller nella traduzione di Ed. Bulwer Lytton, «The Veiled Statue at Sais», in Poems and Ballads, acquistato nel 1849. 5 Cfr. il «Distico» del 1798 (contemporaneo a gli Adepti di Sais): «Einem Gelang es - er hab den Schleier der Gottin zu Sais - Aber was sah er? Er sah- Wunder des Wunders - Sich Selbst» («Un uomo 267
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==