sulla separazione ascetica dal mondo per consacrarsi a meditare sul Libro, con attenzione a ogni sua singola parola, alla ricerca di un sensus plenior, esemplare per il lettore, in modo che la lingua apparentemente morta in cui è scritto diventi viva, l'unica viva. «I libri eroici, anche se stampati nei caratteri della nostra lingua materna, saranno sempre scritti in una lingua morta, per tempi degenerati, e noi dobbiamo faticosamente cercare il significato di ogni parola e di ogni verso, immaginando, con quel poco di saggezza, di coraggio e di generosità che abbiamo, un significato più ampio di quello consentito dall'uso comune». 2. È dunque opportuno anzitutto richiamare rapidamente i tratti essenziali dell'antica ermeneutica religiosa, con speciale attenzione a quella tradizione cui Thoreau può essere collocato, nonostante la distanza storica e culturale. L'ermeneutica cristiana antica, pur nella differenza tra autori, epoche, tradizioni, e con molti tratti comuni con altre tradizioni religiose, quella ebraica, converge anzitutto nella concezione del testo sacro. La Bibbia evidentemente trascende ogni altro scritto. In essa testo e mistero coincidono («narrat textum, prodit mysterium», Gregorio Magno, che sintetizza alla fine del VI secolo la tradizione ermeneutica precedente): animata dallo Spirito, essa costituisce un corpo vivo, unitario e coerente, che si muove con una forza, virtus, dynamis propria, come il carro della visione di Ezechiele, secondo lo stesso Gregorio Magno, nel commento al profeta. In secondo luogo, l'ermeneutica antica converge nella definizione del lettore del testo sacro. Esso richiede un lettore egualmente animato dallo Spirito, che leggendo e interpretando ricerchi, attraverso la lettera e la storia, la conoscenza del «mistero» (come allora ci si esprimeva). Tale è la forza spirituale, la virtus dell'autentica contem259
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