La ricetta per una prospettiva-terapia-dieta è: ciglia nere al forno. Artificio ingegnoso ma ancora troppo diabolico se la protesi di cui parla Virginia Finzi Ghisi5 viene sottoposta a un faustiano trattamento. Così il nero, come un blob minaccioso, fuoriesce dal forno dove in sogno cuociono le ciglia, mentre in altri ricorrenti un gattino nero, tenuto su di un libro aperto, vi si liquefa impregnandolo. È come se la forma, realmente tridimensionale, dovesse disciogliersi, il grasso trasformarsi in inchiostro, olio, colore pastoso. Delineare, evocandola, la silhouette che attraversa l'adolescenza6 , consente al soggetto di accedere al suo universo in quanto pulsionale, di coglierne le implicazioni, di lavorarle stemperandole come su di una superficie. Un sogno in apparenza semplice, nudo - Kenia va in centro con una amica - deve essere connesso con un altro in cui lei stessa è una fotomodella nera nello specchio con addosso i propri vestiti abituali che, perciò, le stanno molto larghi. Connessione che consente di restituire il primo sogno all'idea che l'ha ispirato: le fotomodelle si vedono andando in centro a Milano e sono magre ma formose ed abbronzate. Attraverso il secondo sogno Kenia si applica per ridisegnarle e decolorarle. Così facendo individua e lotta con fantasmi di gravidanze incestuose7 • Il feticcio dismesso lascia intravedere una protesi archeologicamente moderna8 • Per l'anoressica, invece, il discorso è dell'ordine della paleontogia. La rinuncia radicale a servirsi della protesi nella strutturazione dell'apparato psichico, la porta a divenire essa stessa bastone ossuto, diaframma rivelatore (sembra interpellare i clinici: «ma non vedete, ma non capite?»), giochino componibile ad incastro. Accade infatti che la sua testa, assottigliatasi sul piano sagittale, si incastri perpendicolarmente sul tronco che, per l'emancipazione, si è appiattito in senso mediano, fino a comporre un'altra singolare figura nello spazio che più avanti pren251
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