tres de Kafka, in AA.V V., Le siècle de Kafka, Paris, Centre Pompidou, 1984. 12 Cfr. Gunter Neuhardt, Das Fenster al Symbol. Versuch einer Systematik der Aspekte, «Symbolon», n.F., 4, 1978, pp. 77-91. 13 È stato Richard Alewyn a richiamare opportunamente l'attenzione sulla ricorrenza del motivo della finestra nella lirica di Eichendorff. Cfr. R.A., Ein Wort uber Eichendorff, in Eichendorffheute (hg. v. Paul Stocklein), Darmstadt, 1966, p. 15. 14 Cfr. Gotthardt Fruhsorge, Fenster: Augenblicke der Aufklarung uber Leben und Arbeit. Zur Funktionsgeschichte eines literarischen Motivs, «Euphorion», 77, IV, 1983, pp. 346-359. 15 Tra i molti contributi sulla scoperta della realtà urbana nella letteratura tedesca fra Settecento e Ottocento ricordiamo almeno quelli ormai considerati «classici» e ai quali farà riferimento tutto il dibattito critico successivo: René Trautmann, Die Stadt in der deutschen Erzahlkunst des 19. Jahrhunderts, Winterthur, 1957; Marianne Thalmann, Romantiker entdecken die Stadt, Munchen, 1965; Karl Riha, Die Beschreibung der «Gro�en Stadt». Zur Entstehung des Gro�stadtmotivs in der deutschen Literatur, Bad Homburg/Berlin/Zurich, 1970. 16 Cfr. Luigi Forte, Alle origini della modernità. Scrittori e ambiente w'bano nell'Ottocento, in Le forme del dissenso, Milano, Garzanti, 1978, pp. 16-26. Nell'illuminante contributo di Forte non condividiamo tuttavia il giudizio sulla posizione di Hoffmann, il quale utilizzerebbe la metafora della finestra per «filtrare la complessità della vita in una trama lineare e casalinga» (p. 21). 17 Cfr. Heinz Bruggeman, «Aber schickt keinen Poeten nach London!». Gro�stadt und literarische Wahrnehmung im 18. und 19. Jahrhundert, Reinbek b.H., Rowohlt, 1985. 18 Stupisce che Walter Benjamin, altrove sensibile, come vedremo, alla modernità di Hoffmann, nei suoi saggi su Baudelaire utilizzi proprio La finestra d'angolo del cugino per dimostrare l'arretratezza provinciale dello sviluppo tedesco, capace di produrre in letteratura solo il rassicurante «album di colorate incisioni» in cui consisterebbe anche il nostro racconto. Il cugino paralitico e isolato nella sua mansarda, che nell'interpretazione di Benjamin diventa l'unico protagonista del dialogo hoffmanniano, rappresenterebbe la scelta escapistica degli scrittori tedeschi, tanto più se paragonati al tuffo nella moltitudine dei fianeurs di un Poe e di un Baudelaire. Non sono pochi i critici che anche oggi seguono la lettura proposta da Benjamin eludendo così la ben più articolata valenza di questo testo. Cfr. Walter Benjamin, Di alcuni mòtivi in Baudelaire, in Angelus Novus, Torino, Einaudi, 1962, pp. 105-106. 19 Cfr. Heinz Bruggemann, Das andere Fenster: Einblicke in Hauser und Menschen. Zur Literaturgeschichte einer urbanen Wahrnehmungsform, Frankfurt a.M., Fischer, 1989, pp. 98-153. 20 «In linea di massima», leggiamo in I confratelli di San Serapio245
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