Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

risveglia anche la tentazione a ristabilire quella relazione interrotta, poiché dischiude una prospettiva panoramatica sulla piazza sottostante che ospita, oltre al mercato, «la mole colossale del teatro» ed è quindi il luogo dell'esibizione per eccellenza, di contro alla clausura malinconica dell'osservatore. «Après avoir été le lieu qui permet d'échapper au mouvement» ci ricorda Starobinski «elle [la finestra] est le lieu où, au terme de la fatigue et du renoncement, l'homme du regard se trouve projeté audehors, livré au flux puissant des objects extérieurs (ou des images) qu'il contemple»26 . Per il cugino, tuttavia, tale relazione è destinata ad aver luogo solo nelle fantasticherie della sua immobilità contemplativa, capace ancora di rari episodi visionari che lo riconsegnano poi senza rimedio al recinto protetto della sua interiorità nella quale non può prodursi gesto creativo in grado di riscattarla. Ed è Hoffmann stesso che, autocitandosi, paragona la paralisi artistica del cugino, la sua impossibilità a tradurre in parola scritta le immagini del suo mondo interiore, al delirio del pittore Berklinger che abbiamo precedentemente ricordato: Mi sembra d'essere come quel vecchio pittore distrutto dalla pazzia, che sedeva per giornate intiere davanti a una tela ben tesa, mesticata, bianca e decantava a tutti coloro che venivano a trovarlo le bellezze di quel suo meraviglioso quadro appena ultimato. [1015] Dalla stessa finestra tuttavia, nel corso del racconto, si affaccerà anche il narratore, il quale getterà sul mondo sottostante uno sguardo totalmente diverso da quello dell'infermo, duplicando così ulteriormente la prospettiva che da quell'angolo sopraelevato si dischiude. La postazione prescelta nel titolo, la medesima occupata da Hoffmann durante gli ultimi mesi di vita nel suo appartamento berlinese affacciato sul Gendarmenmarkt27 , assolve 236

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