Soggetto nella modernità, ma anche, per l'artista, uno scrigno di segni, un serbatoio di storie, un laboratorio di visioni. È questo un dato fondamentale della sua attualità che non sarebbe sfuggito, ad esempio, a Walter Benjamin il quale, nel presentare la figura dello scrittore al pubblico radiofonico, avrebbe proprio sottolineato la sua capacità di mostrare che quella Berlino banale, prosaica, razionale e giudiziosa non è presente soltanto negli angolini medievali e nei vicoli o nelle case isolate, ma anche nella sua popolazione attiva di ogni ceto sociale e di tutti i quartieri pieni di cose che attirano il narratore e che vanno soltanto scovate e riconosciute22 . In Hoffmann dunque la metropoli, mentre diventa traumatico scenario della condizione moderna, della precarietà del senso e della crisi dell'individualità, viene anche a conquistare piena dignità estetica e il confronto con la concretezza della sua topografia, con il brulichio della sua folla si configura come un compito precipuo della letteratura, la quale risponderà a tali provocazioni mettendo a soqquadro le strutture del proprio discorso, rendendosi disponibile alla sperimentazione di nuove forme espressive consone al carattere plurimo e frantumato della realtà. Non stupisce perciò che nella sua ultima prova narrativa (dettata poche settimane prima della morte, quando ormai la paralisi gli sottraeva ogni autonomia di movimento), per ribadire in una sorta di testamento poetico i principi della sua estetica Hoffmann sia tornato alla metafora prediletta della finestra, questa volta assegnandole la centralità che il titolo stesso le riconosce. La finestra d'angolo del cugino23 appare a puntate fra il 23 aprile e il 2 maggio 1822 sulla rivista berlinese «Der 234
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