mente la seconda, tragica visione della ragazza apparentemente morta nelle braccia di suo fratello, all'uscita della caverna, la quale più che mai sembra il luogo di un rito iniziatico o di passaggio (IV, 2, 195-202). Al di là della situazione scenica, che molti registi potrebbero giustamente scegliere di ignorare, è il linguaggio di Shakespeare a costituire la grotta come il luogo di un intenso movimento semantico. Oggetto di un'attenzione sostenuta, la modesta abitazione di Belarius, ch'egli in prima istanza chiama rock, assume via via forme lessicali e legami associativi tra i più vari. Per Guiderius e Arviragus, è:«a cell of ignorance»,«a prison»,«a pinching cave»,«our cage» (III, 3, 33-42) prima di riacquistare in bocca a Belarius la sua neutralità referenziale, «rock», «demesnes», «cave» (III, 3, 70-84). Nell'atto seguente, ritorna spesso l'asettico «rock», ma è bene ricordare che è dietro a esso che sarà gettata la testa mozzata di Cloten mentre la musica solenne che segnala la morte di Imogen riattiva la potenzialità magica della grotta. L'ingresso della grotta risulta inoltre stranamente drammatizzato: nel ricordare la sua bassezza che obbliga a chinarsi di fronte al cielo, e nell'opporlo soprattutto a:«Le porte dei monarchi (che) hanno l'architrave così alto...» (III, 3, 4-5), Belarius enfatizza l'immagine della soglia; com'è implicita l'idea di limite e di trasgressione in neste cage, ed esplicita invece nelle parole di Guiderius: la caverna«...è come la prigione per un debitore che non osi sorpassarne la soglia» (III, 3, 35). Il testo disegna in questo modo un dentro/fuori, uniti/separati da una problematica linea di demarcazione che assume particolare rilevanza in un atto che verte sul travestimento (Imogen, Cloten) e sul trapasso (Imogen, Cloten). La grotta infine si iscrive con forza nella dialettica arte /natura, che si sottraggono così a confronti vani quanto accademici e ridefiniscono ermeneuticamente il loro rapporto. Più volte, grotta o cava si oppongono allo spazio del potere/cultura/civiltà, alle «porte dei monarchi», ai 217
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