Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

NOTE 1 Nella prima parte di questo saggio, per consentire di poi lo svolgersi delle argomentazioni, sono contenute, opportunamente riassunte, talune considerazioni più ampliamente svolte e motivate nel mio volume La furia della sintassi. La sestina in Italia, Napoli, Bibliopolis, 1992, cui sono costretto a rimandare. 2 Si veda, a tale proposito, Marianne Shapiro, Hierogliph ofTime. The Petrarchan Sestina, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1980. 3 Per il 'riequilibrio' del verso in Petrarca, si veda il saggio del 1951 di Gianfranco Contini, Preliminari sulla lingua del Petrarca, in Varianti e altra linguistica, Torino, Einaudi, 1970. 4 Jenni A., La sestina lirica, Berna, Herbert Lang, 1945, p. 53. 5 Cfr. Riesz J., Die Sestine. Ihre Stellung in der literaturischen Kritik und ihre Geschichte als lyrisches Genus, Miinchen, Wilhelm Fink, 1971, pp. 165-170. 6 Tale il compito «contenutistico», dichiarato da Minturno ne rarte poetica, cui doveva adeguarsi la sestina. 7 Gorni G., Introduzione a Leon Battista Alberti, Rime e versioni poetiche, a cura di G. G., Milano-Napoli, Ricciardi, 1975, p. Xl. 8 Così il Landino: «Tornami a la mente lo stile di Baptista Alberto, el quale come nuovo camaleonta sempre quello colore piglia el quale è ne la cosa de la quale scrive» (citato in Gorni, op. cit., p. IX). 9 Ivi, p. 7. 10 Ivi, p. X: 11 È probabile che tale unicità perseguita nelle sestine da Leon Battista Alberti si deva ad un maggiore riferimento, da parte dell'umanista, proprio al modello dantesco, anche quello dichiaratamente petroso. Del resto, nel salotto Per li pungenti spin', per gli aspri istecchi, l'Alberti apertamente dichiara, al v. 13: «Ben dice Dante, ond'io prendo vigore». 12 Si dà qui di seguito, nella citata edizione di Guglielmo Gorni, la sestina in questione: Quegli occhi ornati di mestitia e riso, quel fronte grave di costume e fede, quel ragionar prudente e pien d'amore, quella semplice astutia in quel sospecto, quel servir ostinato, quello sdegno, que' vezzosi talora in pruova crucci, e quelle dolce pace doppo i crucci, e quelle lacrimette infra quel riso, e sùbbito scordarsi ogni gran sdegno, e rannodar fra noi più intera fede, 279

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